lunedì 19 maggio 2014

Messa di ringraziamento a Zagabria per la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II


Nelle comunicazioni ufficiali della 48.a Conferenza Episcopale Croata e sul portale dell’Arcidiocesi di Zagabria è stato dato un grande rilievo alla Santa Messa di ringraziamento per la canonizzazione dei Santi Papi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. L’Eucaristia è stata presieduta dall’Arcivescovo Alessandro D’Errico in comunione con il cardinale Bozanic, Arcivescovo di Zagabria, con l’Arcivescovo Zelimir Puljic, Presidente della Conferenza Episcopale Croata, con i vescovi croati partecipanti alla Sessione del 13 Maggio 2014 e con i vescovi delegati delle Conferenze Episcopali delle nazioni vicine come la Bosnia-Erzegovina e la Slovenia (vedi post sulla 48.a Sessione della CBC).
In particolare il portale dell’Arcidiocesi, sottolineando la coincidenza con la Festa della Madonna di Fatima, ha pubblicato una bella galleria fotografica della celebrazione che è stata seguita dalla presentazione in cattedrale del libro scritto dal cardinale Bozanic su Giovanni Paolo II e sulla importanza del suo pontificato per la Croazia.
I media cattolici e laici, anche della Bosnia-Erzegovina, hanno dato ampio spazio all’evento ed hanno riportato commenti e  brani in croato dell’omelia del Nunzio Apostolico. Noi la leggiamo per intero nel testo originale in italiano.

Messa di Ringraziamento
per la Canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II 
Omelia del Nunzio Apostolico
(Zagabria, 13 maggio 2014)


Sono molto grato al Cardinale Bozanić per essersi fatto promotore di una solenne Messa di ringraziamento per la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovani Paolo II, in occasione della Sessione Primaverile della Conferenza Episcopale. Insieme a lui, saluto fraternamente il Presidente della CEC, l’Arcivescovo Želimir Puljić, i Confratelli Vescovi qui presenti, i Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose, i Seminaristi, gli operatori di Pastorale, e tutti voi, cari fratelli e sorelle, che partecipate con tanta devozione a questa solenne liturgia. Con tutta semplicità, consentitemi di dire che sono molto toccato da questa iniziativa, che esprime - un volta di più - i vincoli di profonda comunione della Chiesa di Dio che è in Croazia con la Sede Apostolica.

Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II sono stati due Pontefici che hanno segnato la storia della Chiesa contemporanea. Il primo, il Papa Buono, è il Papa del Concilio Vaticano II, che ha aperto nuovi orizzonti per il cammino della Chiesa; ed è il Papa che ha toccato i cuori di generazioni di persone, anche di quelle tradizionalmente lontane dalla fede cristiana. Giovanni Paolo II è il Papa che veniva dall’Est. Il suo lungo pontificato è stato ricco di frutti, anche perché era animato da un grande senso pastorale e missionario, che lo portò a rendersi fisicamente presente in tutti i punti dell’Orbe cristiano. E’ il Papa che qui è conosciuto come amico della Croazia. Ebbene, soprattutto su di lui vorrei soffermarmi con una mia personale testimonianza, perché ho avuto la gioia e l’onore di conoscerlo da vicino, e perché egli ha sempre costituito per me un importante e constante punto di riferimento nel mio cammino di Sacerdote e di Vescovo.

Fu lui a chiamarmi all’episcopato nel 1998 e da lui ricevetti l’ordinazione episcopale il 6 gennaio 1999. Ebbi il privilegio di conoscerlo personalmente, prima nel mio servizio nelle Nunziature Apostoliche, e specialmente dal 1986, allorché fui trasferito alla Prefettura della Casa Pontificia, e poi in Italia. Successivamente, nella primavera del 1992, accolsi con emozione la notizia che egli voleva destinarmi alla Nunziatura Apostolica in Polonia, la sua amatissima Patria. Lì per sette anni potei costatare più da vicino i vincoli profondi che univano il Santo Padre, la Polonia e il mondo slavo. Lì capii meglio alcuni aspetti della sua grande personalità di sacerdote, filosofo e pastore.

Nel 1998 egli mi volle suo Rappresentante in Pakistan e Afghanistan. E proprio dalla intensa esperienza in quei Paesi lontani, vorrei menzionare un episodio che è restato impresso in maniera indelebile nel grato ricordo che ho di lui. Alla sua morte, nel 2005, fu commovente vedere la partecipazione delle nostre piccole comunità e anche di tanti musulmani di buona volontà. Soprattutto destò molta meraviglia il fatto che il Presidente di quella Repubblica Islamica, il Gen. Pervez Musharraf, mi fece sapere che era suo desiderio di venire in Nunziatura per fare le condoglianze. Non era una cosa di routine, perché il Presidente non partecipava ad eventi tristi o lieti delle Ambasciate. Venne dunque il Capo dello Stato, scrisse una pagina densa sul registro di condoglianze; ci intrattenemmo a lungo sulle spinose questioni delle relazioni sofferte tra le comunità cristiane e il mondo islamico. Poi - allorché presentai il personale della Nunziatura Apostolica - il Gen. Musharraf improvvisò un discorso, in cui disse qualcosa che a mio parere coglieva una specifica nota della figura di Giovanni Paolo: “Vi chiederete perché ho fatto questo strappo al protocollo. Ebbene il motivo è molto semplice: quando sono stato da lui in Vaticano, mi colpì soprattutto una cosa. Al di là di quello che ci dicemmo, fui affascinato dalla “grande luce” che emanava da lui. Lo ricordo come una persona “fosforescente”. Trasmetteva una energia di luce, che mi toccò profondamente”.

            Ebbene, questa era stata anche la mia esperienza, sin dal primo incontro personale con Giovanni Paolo. Il Gen. Musharraf aveva ragione! Da lui emanava una grande luce: la luce del suo mondo interiore, della Sua vicinanza con Dio. Di lui ho sempre ammirato la fermezza del carattere, la vasta formazione umana e culturale, la coerenza delle decisioni, l’illuminato magistero, lo zelo apostolico, l’impegno ecumenico ed interreligioso. Ma soprattutto, in me resta per sempre scritta nella memoria che ho di lui, la luce che si irradiava negli incontri con lui. Perciò non cesso di rendere grazie a Dio per il dono che ha fatto alla Chiesa e al mondo di una tale eminente e santa figura di Vescovo e di Sommo Pontefice.

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            Un altro punto vorrei aggiungere in questa mia testimonianza; e questo riguarda ciò che molti tra voi ebbero la possibilità di sperimentare e di provare direttamente. E cioè, Giovanni Paolo II era una persona che conosceva bene i problemi della Croazia. Egli univa in maniera esemplare la sensibilità slava della sua origine polacca con la responsabilità del Supremo Pastore della Chiesa Cattolica.

            Quando ero in servizio a Roma (fino al 1992) e quando ero in Polonia (fino al 1999), lo sentii molte volte esprimere la sua amarezza e la sua preoccupazione per ciò che stava succedendo qui, in Croazia e nei Paesi vicini, alla fine del ventesimo secolo, in piena Europa. Perciò non esitò a levare incessantemente la sua voce, per richiamare l’attenzione del mondo e dei responsabili della comunità internazionale. Per questo motivo, sentì suo dovere attivare le risorse migliori della diplomazia pontificia, affinché la voce del Papa avesse l’eco sperata. E, come ben sapete, si fece premura di seguire personalmente gli interventi degli organismi caritativi cattolici, affinché la vicinanza spirituale si traducesse anche in iniziative e gesti concreti di solidarietà.

            Questa celebrazione mi spinge anche a richiamare qualche elemento che non può essere dimenticato. E cioè, in questi anni del mio servizio alla Chiesa croata, ho potuto costatare che i fedeli croati conservano nella propria memoria di fede in particolare il tesoro delle tre Visite di Giovanni Paolo II in Croazia e delle due in Bosnia ed Erzegovina. Oltre a queste, nell’anno 1989 egli visitò pure il Pontificio Collegio Croato di San Girolamo in Roma. Personalmente sono convinto che proprio quei giorni - per quanto essi rispecchiavano le gravi difficoltà e le sfide di delicati momenti storici - sono tra i giorni i più felici della Chiesa croata. Perciò sono veramente lieto che stasera possiamo pregare insieme proprio nella Cattedrale di Zagabria, che custodisce la memoria di due di quelle Visite.

            Senza dubbio, la prima Visita di vent’anni fa ebbe un’importanza speciale: la preghiera di Giovanni Paolo II sulla tomba del Cardinale Alojzije Stepinac fu un gesto che toccò profondamente i fedeli croati, e allo stesso tempo aprì la strada verso la canonizzazione di quel venerabile Pastore, per la quale continuiamo a pregare intensamente anche oggi.

            Inoltre, mi pare importante menzionare che le relazioni tra i fedeli croati e Giovanni Paolo II hanno radici ancora più profonde. Come sarebbe possibile dimenticare l’affetto e il calore delle parole con le quali per la prima volta un Papa si rivolse ai croati, in lingua croata? Questo avvenne trentacinque anni fa, il 30 aprile 1979 nella Basilica di San Pietro a Roma. Dopo aver menzionato ai partecipanti del pellegrinaggio nazionale croato i vincoli tra la Santa Sede e il popolo croato, egli insistette su una triplice fedeltà: la fedeltà a Gesù Cristo e al Vangelo, testimoniata con lo spirito dei martiri; la fedeltà alla Chiesa Romana e alla Cattedra di San Pietro; la fedeltà e la devozione verso Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa. A questa triplice fedeltà aggiunse un triplice incoraggiamento: “Siate fedeli, siate costanti, siate orgogliosi del vostro nome cristiano”! ; e una triplice espressione di vicinanza: “Miei cari Croati! Il Papa vi ama. Il Papa vi abbraccia e vi accoglie. Il Papa vi benedice!”. Nelle sue Visite in Croazia, era sempre intrecciata questa triplicità, non solo come memoria del passato, ma anche come impegno della missione della Chiesa nel popolo croato. Perciò, ogni sua Visita portò dentro di sé uno sguardo retrospettivo di ringraziamento per l’opera compiuta in virtù della grazia di Dio; e al tempo stesso uno sguardo verso il futuro, nella luce della fede.

Cari fratelli e sorelle, rendiamo grazie a Dio per i doni che abbiamo ricevuto tramite il santo Papa appena canonizzato. Il mio augurio, che si fa preghiera in questa celebrazione eucaristica, è che la triplice fedeltà e i vincoli con la Sede Apostolica continuino ad accompagnare sempre il cammino di queste Chiese particolari.

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Consentitemi un’ultima breve riflessione. Questa celebrazione di ringraziamento è stata organizzata per oggi, quando celebriamo la memoria liturgica della Madonna di Fatima. E ciò per ricordare che il 13 maggio del 1981 Giovanni Paolo II miracolosamente sopravvisse ad un grave attentato, grazie alla celeste protezione di Maria. Nella nostra visione di fede di ciò che avvenne 33 anni fa, ci fu Qualcuno che rovesciò le intenzioni e i piani di persone che deliberatamente avevano deciso di eliminare il Papa. Noi crediamo che ci fu la mano del Signore, grazie all’intercessione della Madre di Dio, com’è avvenuto spesso nella storia della Chiesa. 

Ci sono tanti segni nella vita e nel pontificato di Giovanni Paolo II che parlano “una lingua mariana”. Nella sua devozione alla Madonna, egli affidò a Lei tutta la sua vita; e la Beata Vergine lo accompagnò sempre, in tutte le parti del mondo. Così avvenne anche qui, in Croazia: nei Santuari a Lei dedicati e davanti alle icone mariane qui venerate da secoli, egli sempre affidò le sorti della Chiesa. 

In Giovanni Paolo II possiamo trovare un esempio luminoso di devozione mariana. Ciò mi pare importante specialmente in questo mese di maggio consacrato a Maria. Perciò ci rivolgiamo a Lei, Madre della Chiesa, soprattutto oggi, affidandoLe - con filiale e rinnovato fervore - le ansie, le gioie e le speranze delle nostre Chiese particolari.

Possa la Vergine Santa - Advocata Croatiae, fidelissima Mater - ottenere per tutti noi qui convenuti e per tutta la Chiesa croata - qui degnamente rappresentata dai suoi Sacri Pastori - abbondanza di benedizioni e di grazie. Amen!



La sessione plenaria di primavera della Conferenza Episcopale Croata

Dal 13 al 15 Maggio 2014 si sono svolti i lavori della 48.a Sessione Plenaria della Conferenza Episcopale Croata nella sede propria di Zagabria che si trova nelle vicinanze della Nunziatura Apostolica.
Alla Sessione insieme con i Vescovi della Croazia hanno partecipato il Nunzio Apostolico nella Repubblica di Croazia, l'Arcivescovo Alessandro D'Errico, i delegati della Conferenza Episcopale della Bosnia-Erzegovina e Slovenia, il vescovo ausiliare di Banja Luka, Marko Semren e il vescovo ausiliare di Lubiana Anton Jamnik; sono stati ospiti  il vescovo di Syrmian  Duro Gasparovic ed il vescovo di  Subotica Giovanni Penzes. Assente l’Ordinario militare Juraj Jezerinac perché in pellegrinaggio militare a Lourdes.
Una sintesi sui lavori svolti è stata illustrata nella conferenza stampa tenutasi  alla chiusura della sessione e dalle dichiarazione del Vescovo Segretario della CEC.
Gli argomenti hanno riguardato la Nuova Evangelizzazione e la Catechesi; la preparazione pastorale dei sacerdoti in relazione alle problematiche della Famiglia e l’opportunità di dare risonanza a queste problematiche nel  Sinodo Straordinario dei Vescovi che si terrà in ottobre a Roma. Si sono trattate questioni riguardanti i cicli scolastici e i programmi della Religione Cattolica nella Scuola; la funzione dei catechisti nel sistema educativo della Croazia. Si è proposto l’incontro in Croazia per l’anno prossimo dei Direttori degli Uffici Catechistici di tutta l’Europa.  Si sono discusse le modalità per giungere ad una sinergia tra le Agenzie informative e le Emittenti radiotelevisive Cattoliche per consentire  un proficuo utilizzo pastorale dei moderni  mezzi di comunicazione. E 'stato annunciato un pellegrinaggio dei cattolici croati congiunto con i  fedeli sloveni che si terrà  il 6 settembre prossimo al Santuario del Preziosissimo Sangue di Cristo in Ludbregu ove si celebrerà l’Eucaristica presieduta dal cardinale Josip Bozanic.
Nelle comunicazioni ufficiali della Conferenza Episcopale Croata è stato dato un rilievo significativo alla Santa Messa solenne  di ringraziamento del 13 Maggio 2014, Festa della Madonna di Fatima,  celebrata nella Cattedrale di Zagabria in occasione della canonizzazione  di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II. La celebrazione è stata  presieduta da S. E. Mons. Alessandro D’Errico in comunione con tutti i Vescovi croati.


La Festa di San Leopoldo Mandić con i Francescani di Dubrava

Anche sul luogo, sui significati e sui caratteri storici del Monastero e della Chiesa dei Francescani (OFM) di Dubrava, situati nell’hinterland di Zagabria, si possono leggere riferimenti su alcuni  post  pubblicati sul blog (vedi qui).  S. E. Mons. Alessandro D’Errico ha un rapporto familiare e costante con i Francescani che operano nell’area di Zagabria, in quanto rappresentano istanze religiose e sociali che vanno oltre gli aspetti localistici e si estendono alle problematiche più ampie della missione e della religiosità vissute in rapporto anche ai cattolici di Bosnia-Erzegovina e di altre aree dei Balcani. La festa del santo frate cappuccino croato, San Leopoldo Mandic, al quale il popolo croato rivolge una grande devozione, è stata celebrata nella parrocchia dedicata allo stesso Santo ed officiata dai Frati Cappuccini che arricchiscono ulteriormente la presenza del francescanesimo a Dubrava. La festa è stata così l’occasione per un nuovo incontro del Nunzio Apostolico con la realtà francescana e per vivere con la popolazione un proficuo momento di catechesi e di dialogo ecclesiale. Dalle pagine e dalle gallerie fotografiche pubblicate sulle agenzie e sui social network emergono i tratti di una comunicazione diretta tra la gente che sono caratteristici del dialogo pastorale del vescovo D’Errico. Il giorno 12 Maggio 2014 egli ha concelebrato con il Provinciale dei frati cappuccini, frate  Ante Logare, con il Guardiano di Dubrava, frate Ivice Vrbića, e con altri sacerdoti e con il popolo numeroso.
L’omelia di S. E. Mons. Alessandro D’Errico è stata incentrata sul racconto della vita del Santo e sul significato pastorale del suo esempio di contemplativo e di apostolo del perdono e della riconciliazione.
Le agenzie e i portali cattolici in rete, anche quelli di Bosnia-Erzegovina,  hanno ampiamente commentato la celebrazione del Nunzio ed hanno riportato il testo in croato della sua omelia.

Di seguito leggiamo l’intero testo in italiano dell’omelia del vescovo D’Errico.

 Festa di San Leopoldo Mandić
Omelia del Nunzio Apostolico
(Zagabria, 12 maggio 2014)


In questo giorno nel quale celebriamo la festa di san Leopoldo Mandić, il Santo della riconciliazione, la Chiesa ci parla dell’amore di Dio, e offre alla nostra meditazione la figura del Buon Pastore che dà la vita per le pecore, e cerca anche quelle che non sono di questo ovile, affinché diventino un solo gregge sotto un solo pastore. La Parola di Dio propone così due precisi aspetti della figura di San Leopoldo: la sua ansia apostolica di riconciliazione e di espiazione, e la sua aspirazione ecumenica e missionaria.

Quando Paolo VI il 2 maggio 1976 lo proclamò beato, lo presentò con queste ispirate parole: “Chi è, chi è colui che oggi qui ci raccoglie per celebrare nel suo nome beato una irradiazione del Vangelo di Cristo? E’ un povero, piccolo cappuccino. Sembra sofferente e vacillante, ma così stranamente sicuro che ci si sente da lui attratti, incantati… Questo incanto viene in primo luogo dal gesto dell’assoluzione da lui tracciato per 52 anni  nel silenzio, nella riservatezza, nell’umiltà di una celletta-confessionale”. Questo aspetto fu ben sottolineato anche da San Giovanni Paolo II, quando il 15 ottobre 1983 lo iscrisse nell’albo dei Santi. “In questo suo scomparire - disse il Papa - per far posto al vero Pastore delle anime, sta la sua vera grandezza”. “E’ lui che perdona, è Lui che assolve!” - diceva il Santo additando il Crocifisso. “Fu un confessore di continua preghiera; un confessore che viveva abitualmente assorto in Dio, in un’atmosfera soprannaturale”.

Giovanni Paolo II rilevò anche il secondo aspetto della santità di P. Leopoldo: lo spirito ecumenico. “Fu un sacerdote - disse - che aveva uno spirito ecumenico così grande da offrirsi vittima al Signore con donazione quotidiana, affinché si ricostituisse la piena unità fra la Chiesa latina e quelle orientali ancora separate, e si ricomponesse un solo gregge sotto un solo Pastore. Egli visse la sua vocazione ecumenica in un modo del tutto nascosto”. Piangendo, confidava: «Sarò missionario qui, nell’obbedienza e nell’esercizio del mio ministero… Ogni anima che chiede il mio ministero sarà il mio Oriente».


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Questo nascondimento, questa vita semplice e nascosta non è facile raccontarla, come non è facile descrivere il cumulo immenso di misericordia di Dio che si è riversato nei pochi metri quadrati della sua celletta-confessionale, e l’ardore della sua offerta sacrificale per l’unità della Chiesa.

Nacque il 12 maggio 1866 a Herceg Novi, in Dalmazia, all’ingresso delle Bocche di Cattaro, sull’Adriatico. Era l’ultimo di quindici figli; fu battezzato il 13 giugno col nome di Bogdan. Il padre, Pietro Mandić, pescatore e commerciante, aveva sposato Carlotta Carević. Ambedue erano ferventi cattolici.

A sedici anni, il 16 novembre 1882, entrò nel seminario dei Cappuccini di Udine. La vocazione cappuccina di Bogdan nasceva da una forte ansia apostolica. Nei due anni trascorsi a Udine cercò di correggere, nel silenzio e con l’autocontrollo, una piccola balbuzie che lo bloccava nel suo desiderio di comunicare. Aveva un carattere cordiale ed estroverso. Si rivelò subito un modello in tutto. L’anno di prova lo passò a Bassano del Grappa (Vicenza), dove - con l’abito cappuccino - assunse il nome di Fra Leopoldo, il 2 maggio 1884. Poi ci fu il triennio filosofico a Padova, dal 1885 al 1888. Il 18 giugno 1887 - come egli stesso lasciò scritto - udí per la prima volta la voce di Dio parlargli del ritorno dei dissidenti orientali all’unità cattolica. È questo l’orientamento fondamentale di tutta la sua vita, il ritornello delle sue aspirazioni, la ragione della sua missione.

Ricevette l’ordinazione sacerdotale il 20 settembre 1890, nella chiesa de La Salute. Subito chiese ai Superiori di essere inviato missionario in Oriente. La risposta fu negativa: era balbuziente e i Superiori non lo consideravano adatto. Anche successive e reiterate richieste vennero respinte. Allora si ripiegò, nel silenzio dell’obbedienza, al ministero della preghiera per l’unità, nella penombra del confessionale. E così un campo missionario più esteso delle terre d’Oriente si apriva misteriosamente davanti al piccolo Frate. La Messa quotidiana, vissuta come impegno ecumenico, inondava di luce la sua vocazione, e questa si irradiava penetrante e sapiente nel confessionale. In sette anni di permanenza a Venezia, divenne un punto di riferimento, un vero maestro di spirito, dotato di particolari carismi spirituali.

Nel 1905, per un anno venne mandato al convento di Capodistria, come Vicario. Richiamato di nuovo in Italia, trascorse tre anni a Thiene (Vicenza), presso il santuario della Madonna dell’Olmo. Trasferito a Padova nel 1909, i Superiori gli affidarono la direzione degli studenti e l’insegnamento della patrologia. Questo periodo, denso di studi e di impegno didattico a Padova, rappresentò il culmine drammatico della sua vocazione missionaria ed ecumenica, trasformata in offerta eroica di sé come olocausto e vittima. Nel mese di gennaio 1911 scriveva al suo Direttore Spirituale, che gli rispondeva: «Sia certo che questo atteggiamento di orante e di vittima dinanzi al Padre di tutti gioverà molto ai popoli dissidenti». Ormai padre Leopoldo aveva scelto uno stato permanente di vittima, nell’obbedienza radicale che assume i toni della dura obbedienza ignaziana e della mistica dell’annientamento, sofferto con tutta la ricchezza della sua forte umanità dalmata. Aveva ormai quarantasette anni. Fu duro per lui sostituire ai suoi sogni di apostolato missionario i patimenti accettati in conformità a Cristo e a san Francesco. Egli, scrive un biografo, «offriva quanto poteva offrire di sé - fisicamente, esistenzialmente - agli scolari, ai penitenti, agli amici. La vita ne veniva compromessa per intero: compromessa perché gettata».

Dopo il periodo della direzione degli studenti, dal 1914 la sua vita fu tutta dedicata al martirio della confessione. Ma il suo cuore rimase sempre in Oriente. Dopo un breve periodo a Zara, fu richiamato a Padova, dove confessava da dieci a dodici ore al giorno, incurante del freddo, del caldo, della stanchezza, delle malattie. «Stia tranquillo» – diceva ai suoi penitenti – «metta tutto sulle mie spalle, ci penso io», e si addossava sacrifici, preghiere, veglie notturne, digiuni, discipline a sangue. Egli andava incontro con gioia al penitente, anzi lo ringraziava e avrebbe voluto abbracciarlo. Una volta ascoltò in ginocchio un penitente, che per sbaglio, entrando nella sua celletta, si era seduto lui sulla poltroncina. Venne tacciato di lassista, di “manica larga”, e soffrì molte avversioni. Ma egli, indicando il Crocifisso, rispondeva con meravigliosa esperienza della misericordia di Dio: «Se il Crocifisso mi avesse a rimproverare della manica larga, risponderei: Questo triste esempio, paron Benedetto, me l’avete dato voi; ancora io non sono giunto alla follia di morire per le anime!». In questa attività di misericordia consumò il suo sacrificio fino alla morte, che lo colse il 30 luglio 1942. Aveva 76 anni.

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Questa vita semplice, piccolo seme che muore, ha prodotto un meraviglioso albero, pieno di frutti fecondi fino ad oggi. L’attualità della sua vita di santità nella Chiesa si può ravvisare in alcuni elementi molto stimolanti.

Nella sua testimonianza eroica di vita cristiana, c’è l’amore per il raccoglimento, per il silenzio, per la contemplazione che porta a riappropriarsi della propria identità, come condizione essenziale per l’incontro con Dio e di conseguenza per la riscoperta del mondo e dei fratelli. C’è la passione della Croce, del sacrificio, che costituisce il miglior rimedio alla ricerca edonistica, di cui è malato il mondo d’oggi. C’è una volontà ferma di corredenzione, che si contrappone al prepotente impulso dell’egoismo sociale. C’è un vivo desiderio di amore e di servizio, che contrasta con gli schemi diffusi che spesso purtroppo dobbiamo costatare nel mondo di oggi. C’è soprattutto un ardente spirito ecumenico, che è un vero adombramento dell’autentico spirito di Gesù, perché il cristiano non può non essere “ecumenico” in qualsiasi momento della sua vita. C’è l’urgenza della nuova evangelizzazione, della missione che appartiene a tutti i cristiani, perché essere discepoli di Cristo non può essere un fatto privato; al contrario, la gioia della fede deve essere condivisa con tutti, specialmente con i poveri e i lontani, ben sapendo che la fede si rafforza donandola.

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Perciò, la preghiera che eleviamo questa sera nel ricordo di S. Leopoldo, per noi qui riuniti e per tutta la Chiesa di Dio in Croazia, è che questo piccolo Cappuccino, intrepido e inarrestabile nella povertà del suo saio francescano, possa aiutarci a vedere ogni giorno di più nella “santa Chiesa”, non un comodo lido dove adagiarsi e star fermi, ma la “nave di Pietro” su cui ognuno di noi deve prendere il suo posto attivo, con gioia e con servizio di responsabilità.

Possa S. Leopoldo Mandić, che ripropone cosi dolcemente e fortemente la figura di Cristo Buon Pastore, ottenerci lo spirito di conversione, di interiorità, di zelo missionario e un cuore pieno di misericordia! Amen. 



Festa liturgica del beato Ivan Mertz nella Basilica del Sacro Cuore di Zagabria

Sul luogo e sui caratteri storici della Basilica del Sacro Cuore di Zagabria, officiata dai Padri Gesuiti, in questo blog si possono leggere utili riferimenti in alcuni post del 2012 e del 2013 che riguardano l’incontro del Nunzio Apostolico con le Associazioni Mediche Croate in occasione delle celebrazioni in onore di San Luca.
Il 10 Maggio 2014 l’Arcivescovo Alessandro D’Errico è ritornato nella Basilica per la celebrazione serotina  della festa liturgica del beato Ivan Mertz.  Mons. D’Errico vi è giunto in compagnia con mons. Jean-Francois Lantheaum, Consigliere di Nunziatura, ed ha concelebrato con p. Tustonjić, provinciale della Compagnia di Gesù, con p. Nagy, postulatore della causa di canonizzazione del Beato Ivan Merz,  e con altri sacerdoti.
La festa è stata preceduto da un triduo preparatorio e da veglie ispirate alla preghiera e alla spiritualità del Beato, esempio di sacrificio e di apostolato.  
L’Arcivescovo D’Errico ha tenuto una omelia che è stata commentata e riportata per intero nel testo croato sul portale di Laudato e delle altre Agenzie cattoliche. I suoi contenuti hanno riguardato gli aspetti  storici ed agiografici dell’esperienza spirituale e dell’exemplum del  Beato Mertz. Leggiamo di seguito, nel testo italiano, l’intera omelia di S. E. Mons. Alessandro D’Errico.

Festa Liturgica del Beato Ivan Merz
Omelia del Nunzio Apostolico 
(Basilica del Sacro Cuore - Zagabria, 10 maggio 2014)


Oggi celebriamo la Festa liturgica del Beato Ivan Merz, nella memoria del giorno in cui – 86 anni orsono – nel 1928 egli fu chiamato dal Padre celeste ad entrare nella pienezza della vita. Come Rappresentante Pontificio, sono lieto di celebrarla insieme a voi in questa bella Basilica del Sacro Cuore - ove riposano i suoi resti mortali - che negli ultimi sei anni della sua vita terrena fu testimone del suo continuo progredire nella santità.

Con emozione mi è caro ricordare che – dopo il suo ritorno a Zagabria da Parigi nel 1922 – questa Basilica e questa Residenza dei Padri Gesuiti diventarono per il Beato Ivan il principale centro dove nutrì e sviluppò la sua vita spirituale e intellettuale. Qui egli scelse il suo Padre Spirituale e confessore, nella persona di P. Josip Vrbanek, che accompagnò il suo cammino spirituale fino alla morte. Qui, oltre a partecipare quotidianamente alla Santa Messa e a ricevere la Comunione, nelle ore pomeridiane egli passò ore di preghiera, facendo adorazione eucaristica oppure la Via Crucis. Qui, nella Residenza accanto alla Basilica, egli fece gli Esercizi Spirituali annuali, nel corso dei quali comprese - illuminato dalla grazia divina - che doveva restare nel mondo come laico consacrato, lavorando per il Regno di Dio. Qui, sotto la guida di P. Antun Alfirević, egli approfondì gli studi di filosofia e teologia. Qui, egli fu membro della Congregazione Mariana che esisteva nell’ambito della Basilica del Sacro Cuore. Qui, egli coltivò una intensa devozione al Sacro Cuore di Gesù.

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Sono ben noti i tratti fondamentali della vita terrena del Beato Ivan Merz. In questo giorno del suo transito al Cielo, vorrei ricordarli brevemente insieme a voi.

Nacque a Banja Luka il 16 dicembre 1896, ove ricevette un'educazione piuttosto liberale. Conseguito il diploma liceale nel 1914, frequentò per tre mesi l'Accademia Militare di Vienna e poi cominciò gli studi universitari. A causa della prima guerra mondiale, dovette interrompere gli studi: venne arruolato e sperimentò sul fronte tutte le atrocità della guerra. Finita la guerra, riprese gli studi di letteratura a Vienna e li terminò a Parigi. Nel 1922, ritornò a Zagabria, dove diventò docente di letteratura e lingua francese. Poi, nel 1923 si laureò in filosofia all'Università di Zagabria.

            In seguito, si dedicò agli studi di filosofia e teologia, e approfondì i documenti del magistero della Chiesa. Attraverso la meditazione, ma soprattutto grazie all'esperienza acquisita durante la guerra, egli comprese il vero significato della vita nella fede cristiana. Così, si donò completamente a Cristo, e fece da laico il voto di castità perpetua. Dedicò tutto il suo tempo libero all'educazione della gioventù, all'organizzazione delle "Aquile", nell'ambito dell'Azione Cattolica, e creò per questa il motto "Sacrificio-Eucaristia-Apostolato".

Come intellettuale cattolico, attraverso scritti e incontri, animò e orientò giovani e adulti verso Cristo e verso la Chiesa. Diffuse sistematicamente l'Azione Cattolica e fu uno dei massimi iniziatori del Movimento Liturgico. Si distinse per l'amore e la devozione verso la Chiesa di Roma e verso il Vicario di Cristo: i due sentimenti che cercò di inculcare in tutte le persone con le quali venne  in contatto. Con la sua vita cristiana esemplare, con l'apostolato e le voluminose opere scritte, ha lasciato una preziosa eredità spirituale, che è diventata fonte di ispirazione per le future generazioni.

              Morì a Zagabria a soli 32 anni, il 10 maggio 1928. In punto di morte, offrì a Dio la sua vita per la gioventù croata.

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              Miei cari fratelli e sorelle, sappiamo bene che Ivan Merz fu un giovane brillante, che fece buon uso dei talenti ricevuti e conseguì notevoli successi. Ma evidentemente la ragione per cui egli venne iscritto nell’albo dei Beati è il suo successo davanti a Dio. La grande aspirazione di tutta la sua vita fu quella di “mai dimenticare Dio, desiderare sempre di unirsi a Lui”. In ogni sua attività, egli ricercò “la sublimità della conoscenza di Cristo Gesù” e si lasciò “conquistare” da Lui (cfr. Fil. 3, 8.12). Sulla sua tomba qui, in questa Basilica del Sacro Cuore, è scolpito l’epitaffio che egli stesso compose prima della sua morte: “Morto nella pace della fede cattolica. La mia vita fu Cristo e la morte un guadagno. Aspetto la Misericordia del Signore e l’indivisibile, completo, eterno possesso del Santissimo Cuore di Gesù. Felice nella gioia e nella pace. La mia anima raggiunse lo scopo per il quale è stata creata”.

San Giovanni Paolo II, nell’introduzione alla Messa di beatificazione del Beato Ivan Merz a Banja Luka, il 22 giugno 2003 presentò la sua figura con queste parole : “Cristo Gesù, luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo, vuole che i suoi discepoli siano luce del mondo e sale della terra… La luce di Cristo brilla in Ivan Merz… Egli fu laico esemplare e coraggioso, uomo di cultura e di sensibilità liturgica, immerso nel sopranaturale e attivo nella diffusione del Regno di Dio. In lui voglio proporvi un testimone di Cristo e un protettore, ma anche un compagno di cammino nella vostra storia… Egli sarà fin da oggi un modello per i giovani, un esempio per i laici”. E nell’omelia della beatificazione, il medesimo Giovanni Paolo II aggiunse: “Il nome di Ivan Merz ha significato un programma di vita e di azione per tutta una generazione di giovani cattolici. Deve continuare ad esserlo anche oggi!”.

     Personalmente sono stato affascinato dalla figura di Ivan Merz, fin dal 2006, allorché per la prima volta visitai Banja Luka, ove è molto vivo il culto verso il nostro Beato. Fui colpito dalla sua personalità, per un motivo molto semplice. Come sapete, ho trascorso già sedici anni del mio servizio alla Santa Sede in Paesi di Europa che hanno fatto la triste esperienza di regimi totalitari, fondati su ideologie contrarie alla fede cristiana (prima in Polonia, poi in Bosnia Erzegovina e Montenegro e da due anni in Croazia). Spesso ho dovuto costatare che purtroppo in questa parte di Europa durante quegli anni tristi non fu possibile formare e organizzare il laicato cattolico come avveniva in altre parti del mondo. Da qualche anno – grazie a Dio – la situazione è completamente cambiata e abbiamo la possibilità di ricuperare ciò che non fu possibile realizzare in passato. Perciò sono convinto che le parole di Giovani Paolo II a Banja Luka nel 2003 furono ispirate dallo Spirito Santo e restano attualissime anche oggi: Ivan Merz - oggi ancor più che in passato - è un modello, un compagno di cammino e un protettore.


     Ricorderete pure ciò che Papa Francesco ha scritto recentemente al numero 102 della Evangelii Gaudium, che vi inviterei a meditare con molta attenzione: La formazione dei laici e l’evangelizzazione delle categorie professionali e intellettuali rappresentano un’importante sfida pastorale.... È cresciuta la coscienza dell’identità e della missione del laico nella Chiesa.... Ma la presa di coscienza di questa responsabilità laicale.... non si manifesta nello stesso modo da tutte le parti. In alcuni casi perché non si sono formati per assumere responsabilità importanti, in altri casi per non aver trovato spazio nelle loro Chiese particolari per poter esprimersi ed agire... Anche se si nota una maggiore partecipazione di molti ai ministeri laicali, questo impegno non si riflette nella penetrazione dei valori cristiani nel mondo sociale, politico ed economico. Si limita molte volte a compiti intraecclesiali, senza un reale impegno per l’applicazione del Vangelo alla trasformazione della società”.

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Perciò è questa la preghiera che vorrei invitare ad elevare questa sera, tutti insieme, all’eterno Signore della Vita e della Storia.

Possa l’intercessione di Ivan Merz suscitare rinnovata attenzione ai carismi che lo Spirito Santo distribuisce oggi nella nostra Chiesa, per la necessaria sinergia tra clero, religiosi e fedeli laici. Possa il suo esempio ispirare tanti fedeli laici ad assumere responsabilità e ministeri utili al rinnovamento e alla crescita della Chiesa. Possa egli essere modello di vita per tanti giovani, per una testimonianza sempre nuova, sempre gioiosa, sempre coraggiosa, della Buona Novella di Gesù per i nostri tempi! Amen. 

giovedì 8 maggio 2014

L'ostensione delle reliquie di San Doimo patrono di Spalato

Risale alla Pasqua del 2013 la prima visita del Nunzio Apostolico all'Arcidiocesi di Spalato, al Duomo e all'area archeologica della città (vedi il post del 7 Aprile 2013).
Ad un anno di distanza, martedì 6 Maggio 2014, si rinnova la visita del Nunzio che partecipa con l'Arcivescovo metropolita Marin Barisic e con il Canonicato del Duomo alla cerimonia solenne dell'ostensione delle reliquie di San Doimo, vescovo e martire nel IV secolo al tempo della persecuzione di Diocleziano, patrono della città e della Arcidiocesi.
La cerimonia è stata officiata dall'Arcivescovo Barisic, che ha esordito ringraziando S. E. Alessandro D'Errico, accompagnato dal Consigliere di Nunziatura Mons. Jean Francois Lantheaum, per la sua presenza in rappresentanza del Santo Padre. Molto ampia è stata anche le partecipazioni di prelati e religiosi provenienti dalle diverse diocesi e province della Dalmazia.

Nel suo discorso l'Arcivescovo metropolita ha rimarcato l'importanza del patrimonio storico e spirituale legato alla venerazione del Santo Patrono e alla presenza delle sue reliquie nella cattedrale di Spalato. Ha riattraversato le tappe storiche, antiche e medievali, della devozione locale, ed ha presentato l'attualità dell'esempio del Santo nella luce della testimonianza della fede nel Signore risorto e nell'esortazione a mantenere le radici antropologiche dell'identità storica e culturale dell'Arcidiocesi. Ha fatto riferimento al passaggio del Beato Aloisio Stepinac e del Santo Papa Giovanni Paolo II attraverso le porte del Duomo di Spalato.
Al termine della cerimonia Mons. D'Errico ha avuto occasione di ringraziare l'Arcivescovo Barisic per l'invito rivoltogli e di rivolgere parole benedicenti per l'assemblea in nome di Papa Francesco. Anche il Nunzio ha sottolineato l'importanza del patrimonio spirituale e storico della venerazione delle reliquie del patrono San Doimo.
La cerimonia è stata allietata da momenti festosi, musicali e corali.
Le notizie commentate dell'evento si leggono soprattutto sulle Agenzie Cattoliche e sul portale dell'Arcidiocesi di Spalato sul quale si può anche vedere una bella galleria fotografica dell'evento. 


  

mercoledì 7 maggio 2014

Il IX Meeting dei Giovani Cattolici Croati a Dubrownik

Centinaia di titoli sui media principali, laici e cattolici, e sulla rete hanno rappresentato la colorata festa nazionale della Gioventù Cattolica Croata celebrata il 26 Aprile 2014 a Dubrownik. Oltre trentamila giovani, riuniti intorno alla grande croce simbolo, sono stati accolti nelle mura della città vecchia dal vescovo titolare Uzinić, dal Presidente del Comitato Giovanile dei vescovi cattolici , Mijo Gorski, a nome del Consiglio e di tutti i vescovi della CBC, da altri vescovi giunti da altre diocesi della Croazia, e da S. E. Alessandro D'Errico Nunzio Apostolico e Rappresentante del Papa..
Il vescovo Gorski ha esortato i giovani con riferimenti evangelici a vivere intensamente la loro esperienza ecclesiale.

Sono seguite performance teatrali e musicali dei giovani, i quali hanno anche partecipato alla processione con la croce verso la cattedrale e alla Santa Messa serotina.



Il giorno dopo, il 27 Aprile Domenica della Misericordia, tanto amata dal Santo Papa dei giovani, Giovanni Paolo II, l'Arcivescovo Alessandro D'Errico ha celebrato la Santa Messa nella parrocchia di Sant'Anna di Brgat, a qualche chilometro da Dubrownik, insieme con centinaia di giovani provenienti dalle diverse diocesi della Croazia di BiH. Da Zara, da Sarajevo, da Banja Luka e da altre. Egli ha sottolineato l'importanza dell'incontro con i giovani e li ha invitati a condividere la gioia e la bellezza della loro esperienza, esortandoli a farsi annunciatori del Vangelo, nella luce della fede nel Signore risorto e nel loro ritorno ai luoghi di provenienza. Egli ha fatto espresso riferimento al pensiero di Papa Francesco per una Chiesa aperta al mondo e alla sua ultima esortazione apostolica Evangelii Gaudium. La sua omelia è stata incentrata sull'azione dello Spirito Santo, dono del Signore ai suoi discepoli, e sulla testimonianza cristiana. Non ha fatto mancare il riferimento alla canonizzazione dei papi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II che avveniva in contemporanea a Piazza san Pietro. Ha esortato infine i giovani a vivere fortemente il legame ecclesiale con i loro Pastori e di farsi portatori dell'insegnamento di Papa Francesco.