martedì 19 novembre 2013

La prefazione di papa Francesco al libro del cardinale Bertone sulla Diplomazia Pontificia

Un libro sorto nel cuore del Magistero della Chiesa che contribuisce a delineare i tratti contemporanei della Diplomazia Pontificia ed offre una contestualizzazione storico-dottrinaria nella quale si possono ritrovare anche molti sensi e riferimenti dell'opera pastorale e diplomatica di S. E. Alessandro D'Errico, Nunzio Apostolico in Croazia. Appaiono in essi temi, infatti, come la Tradizione Diplomatica della Chiesa, il Dialogo Interreligioso, l'Integrazione Europea e l'entrata della Croazia nella UE, che siamo abituati a considerare seguendo e descrivendo le attività di Mons. D'Errico fin dai tempi del suo ministero in Pakistan e in Bosnia-Erzegovina.
Si tratta del libro del cardinale Tarcisio Bertone intitolato “La diplomazia pontificia in un mondo globalizzato”, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, presentato Martedì 12 novembre 2013 nell’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano. Il volume è dotato della prefazione di Papa Francesco nella quale, accanto alla testimonianza per l'opera svolta dal Cardinale Segretario di Stato, egli esprime lo spirito ecclesiale e la forza crescente del suo magistero circa la Diplomazia della Santa Sede.
Alla presentazione, insieme con il Cardinale Bertone, hanno partecipato con qualificati interventi mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, Hans-Gert Poettering, già presidente del parlamento europeo e presidente della Fondazione Adenauer, e il prof. Vincenzo Buonomo, docente di diritto internazionale e curatore del testo. L’incontro è stato moderato da padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa Vaticana.
In particolare il Cardinale ha voluto sottolineare “la pastoralità dell'azione diplomatica” e descrivere “il ricco e travagliato settennato” vissuto insieme con Benedetto XVI come Segretario di Stato del Vaticano, la cui funzione egli ha così descritto: “Direi che la funzione di segretario di Stato, erede di una antica e peculiare tradizione, diventata dopo il Concilio Vaticano II tanto diversa e lontana dalla cosiddetta 'monarchia papale', è quella di essere collaboratore, consigliere e strumento fedele di una missione che viene dall’alto e che si incarna nella variegata e originale personalità dei distinti Successori di Pietro".
Egli ha poi espresso gratitudine per le parole che il Santo Padre Francesco ha scritto per lui nella prefazione: “la storia, la cui misura è la verità della croce, renderà evidente l’intensa azione del cardinale Bertone”.
Il cardinale ha poi concluso con un sincero augurio al suo successore, mons. Pietro Parolin.
Mons. Dominique Mamberti ha rimarcato il ruolo della Diplomazia della Santa Sede e le peculiarità delle funzioni dei Pontefici, dei Segretari di Stato, e dei Rappresentanti Pontifici.
Hans-Gert Poettering ha parlato dell'integrazione europea sottolineando il contributo della Curia Romana per la realizzazione di una prospettiva di democrazia e di condivisione di una etica forte significativamente riferita ai valori religiosi e cristiani.
Vincenzo Buonomo ha sottolineato il forte e costante impegno della Chiesa e della Diplomazia Pontificia per il bene comune, giustizia libertà e dignità della persona, dei popoli e delle comunità.
Padre Lombardi ha chiuso l'incontro descrivendo i contenuti del libro, che riporta decine di interventi del Cardinale Bertone, evidenziando di questi “la tempra piemontese” condivisa con papa Bergoglio, e rinnovandogli “stima e gratitudine per il servizio grandissimo e generoso che ha svolto per la Chiesa”.

Di seguito riporto il testo della Prefazione scritta da Papa Francesco, che è peraltro interamente leggibile sul portale della Radio Vaticana raggiungibile con il link segnalato.

Sfida per il futuro

Con questo volume, il cardinale Tarcisio Bertone consegna a coloro che sono impegnati nel servizio diplomatico della Santa Sede, e non solo, un'abbondante serie di riflessioni sulle principali questioni che riguardano la vita della comunità delle Nazioni e toccano da vicino le aspirazioni più profonde della famiglia umana: la pace, lo sviluppo, i diritti umani, la libertà religiosa, l'integrazione sovranazionale.

Per la diplomazia pontificia, poi, si tratta di preziose indicazioni che consentono di coglierne l'unicità, ad iniziare dalla figura del diplomatico, sacerdote e pastore, chiamato ad un'azione che, pur mantenendo il rigoroso profilo istituzionale, è impregnata di afflato pastorale; azione che del cardinale Bertone ha caratterizzato il settennato di servizio come segretario di Stato, a sostegno generoso e fedele del pontificato di Benedetto XVI. Il suo servizio al vertice, sia nella sfera più amministrativa della Curia romana, sia in quella dei rapporti internazionali della Santa Sede, si è opportunamente prolungato durante i primi mesi del mio pontificato. La sua pacata e matura esperienza di servitore della Chiesa ha aiutato anche me, chiamato alla sede di Pietro da un Paese lontano, nell'avvio di un insieme di relazioni istituzionali doverose per un Pontefice.

L'incontro con la figura del cardinale Tarcisio Bertone, nota per il suo ruolo e la sua personalità gioviale, ha avuto per me, nel passato, tre particolari momenti. Ricordo anzitutto il primo approccio alla Torre San Giovanni in Vaticano l'11 gennaio 2007 dove sono stato in visita con la Presidenza della Conferenza Episcopale argentina: uno scambio molto sereno e nello stesso tempo assai costruttivo sui problemi che allora ci assillavano. Quando nel 2007, egli si è recato in Argentina come Legato pontificio per la celebrazione della beatificazione di Zeffirino Namuncurá, il suo tratto fraterno nell'incontrare i vescovi della Conferenza episcopale, l'affabilità tutta salesiana nel trattare con la gente dopo ogni celebrazione pubblica, avevano riscosso il mio interesse e la mia ammirazione. Il cardinale Bertone, nei suoi colloqui con le maggiori istanze politiche della nazione aveva sottolineato l'apporto della Chiesa nella pacificazione e riconciliazione, necessari per rigenerare il tessuto sociale lacerato da tante situazioni che avevano messo in pericolo la concordia nazionale, e con ciò aveva dato un prezioso sostegno all'opera intrapresa dall'episcopato argentino per ricostruire il tessuto etico, sociale e istituzionale del Paese.

Qualche mese prima dello stesso anno aveva avuto luogo in Brasile la V Conferenza generale dell'episcopato latinoamericano e dei Caraibi (9-14 maggio 2007) alla quale ho partecipato in qualità di primate della Chiesa di Argentina. Lì trovai il cardinale Bertone, che accompagnava Papa Benedetto XVI, interessato non solo agli aspetti ecclesiali salienti, ma alla dimensione sociale e culturale presentati nel documento finale e affidati in primo luogo alle comunità ecclesiali latino-americane.

Un interesse che riappare scorrendo l'insieme dei suoi interventi pronunciati in diverse aree geografiche, rivolti sia all'interno della Chiesa e delle sue strutture, sia di fronte alle istanze politiche dei diversi Stati e a pubblici eterogenei. 

Ci si accorge subito di un'attenzione rivolta alla crisi che stiamo vivendo, globale e complessa, che rende concreta l'idea di un mondo senza confini. La crisi, però, se è una certezza per tutti, ci interroga sulle scelte sin qui fatte e sulla direzione che in futuro intendiamo seguire, richiamando la responsabilità delle persone e delle istituzioni per eliminare le tante barriere che hanno sostituito i confini: disuguaglianze, corsa agli armamenti, sottosviluppo, violazione dei diritti fondamentali, discriminazioni, impedimenti alla vita sociale, culturale, religiosa. 

Questo domanda una riflessione realistica non solo sul nostro piccolo mondo quotidiano, ma anche sulla natura dei legami che uniscono la comunità internazionale e delle tensioni presenti al suo interno. Lo sa bene l'azione della diplomazia che attraverso i suoi protagonisti, le sue regole e i suoi metodi è strumento concorrente alla costruzione del bene comune, chiamato anzitutto a leggere i fatti internazionali, che è poi un modo di interpretare la realtà. Questa realtà siamo noi, la famiglia umana in movimento, quasi un'opera in continua costruzione che include il luogo e il tempo in cui si incarna la nostra storia di donne e di uomini, di comunità, di popoli. La diplomazia è, dunque, un servizio, non un'attività ostaggio di interessi particolari dei quali guerre, conflitti interni e forme diverse di violenza sono la logica, ma amara, conseguenza; né strumento delle esigenze di pochi che escludono le maggioranze, generano povertà ed emarginazione, tollerano ogni genere di corruzione, producono privilegi e ingiustizie.

La crisi profonda di convinzioni, di valori, di idee offre all'attività diplomatica una nuova opportunità, che è allo stesso tempo una sfida. La sfida di concorrere a realizzare tra i diversi popoli delle nuove relazioni veramente giuste e solidali per cui ogni Nazione e tutte le persone siano rispettate nella loro identità e dignità, e promosse nella loro libertà. In tal modo i diversi Paesi avranno modo di progettare il loro avvenire, così come le persone potranno scegliere i modi per realizzare le loro aspirazioni di creature fatte a immagine del creatore. 

In questa fase storica la comunità internazionale, le sue regole e le sue istituzioni si trovano, infatti, obbligate a scegliere una direzione che riprenda le loro rispettive radici costitutive e porti la famiglia umana verso un futuro che non solo parli il linguaggio della pace e dello sviluppo, ma sia capace nei fatti di includere tutti, evitando che qualcuno resti ai margini. Questo significa superare l'attuale situazione nella vita degli Stati e in quella internazionale che vede l'assenza di convinzioni forti e di programmi sul lungo periodo intrecciarsi con la profonda crisi di quei valori che da sempre fondano i legami sociali.

Di fronte a questa globalizzazione negativa che è paralizzante, la diplomazia è chiamata a intraprendere un compito di ricostruzione riscoprendo la sua dimensione profetica, determinando quella che potremo chiamare utopia del bene, e se necessario rivendicandola. Non si tratta di abbandonare quel sano realismo che di ogni diplomatico è una virtù non una tecnica, ma di superare il dominio del contingente, il limite di un'azione pragmatica che spesso ha il sapore dell'involuzione. Un modo di pensare e di agire che, se prevale, limita qualsiasi azione sociale e politica e impedisce la costruzione del bene comune. 

La vera utopia del bene, che non è un'ideologia né sola filantropia, attraverso l'azione diplomatica può esprimere e consolidare quella fraternità presente nelle radici della famiglia umana e da lì chiamata a crescere, a espandersi per dare i suoi frutti.
Una diplomazia rinnovata significa diplomatici nuovi, e cioè capaci di ridare alla vita internazionale il senso della comunità rompendo la logica dell'individualismo, della competizione sleale, del desiderio di primeggiare, promuovendo piuttosto un'etica della solidarietà capace di sostituire quella della potenza, ormai ridotta ad un modello di pensiero per giustificare la forza. Proprio quella forza che contribuisce a spezzare i legami sociali e strutturali tra i diversi popoli, e allo stesso tempo a distruggere i vincoli che legano ognuno di noi ad altre persone fino al punto di condividere lo stesso destino. La direzione che prenderanno i rapporti internazionali sarà allora legata all'immagine che abbiamo dell'altro: persona, popolo, Stato.

Ecco la chiave della rinascita di quella unità tra i popoli che fa sue le differenze senza ignorare gli elementi storici, politici, religiosi, biologici, psicologici e sociali che sono espressione di diversità. Anche di fronte a limiti, condizionamenti, ostacoli è possibile fondere e integrare i comportamenti, i valori e le regole che si sono andati costituendo nel tempo. 

La prospettiva cristiana sa valutare sia ciò che è autenticamente umano sia quanto scaturisce dalla libertà della persona, dalla sua apertura al nuovo, in definitiva dal suo spirito che unisce la dimensione umana alla dimensione trascendente. Questo è uno dei contributi che la diplomazia pontificia offre all'umanità intera, operando per far rinascere la dimensione morale nei rapporti internazionali, quella che permette alla famiglia umana di vivere e svilupparsi assieme, senza diventare nemici gli uni degli altri. Se l'uomo manifesta la sua umanità nella comunicazione, nella relazione, nell'amore verso i propri simili, le diverse Nazioni possono legarsi intorno a obiettivi e pratiche condivise, e generare così un sentire comune ben radicato. Ancora di più possono dar vita a istituzioni unitarie in seno alla comunità internazionale, capaci di compiere un servizio senza che ciò neghi l'identità, la dignità e la libertà responsabile di ogni Paese. Il servizio di queste istituzioni sarà di chinarsi davanti al bisogno dei diversi popoli, scoprendo cioè le capacità e le necessità dell'altro. È il rifiuto dell'indifferenza o di una cooperazione internazionale frutto dell'egoismo utilitaristico, per fare invece attraverso organi comuni qualcosa per gli altri. 

Il servizio così, non è semplicemente un impegno etico o una forma di volontariato, né un obiettivo ideale, ma una scelta frutto di un vincolo sociale basato su quell'amore capace di costruire una nuova umanità, un nuovo modo di vivere. Non sarà facendo prevalere la ragion di Stato o l'individualismo che elimineremo i conflitti o daremo ai diritti della persona la giusta collocazione. Il diritto più importante di un popolo e di una persona non sta nel non essere impedito di realizzare le proprie aspirazioni, bensì nel realizzarle effettivamente e integralmente. Non basta evitare l'ingiustizia, se non si promuove la giustizia. Non è sufficiente proteggere i bambini dall'abbandono, dagli abusi e dai maltrattamenti, se non si educano i giovani ad un amore pieno e gratuito per l'esistenza umana nelle sue diverse fasi, se non si danno alle famiglie tutte le risorse di cui hanno bisogno per compiere la loro imprescindibile missione, se non si favorisce in tutta la società un atteggiamento di accoglienza e di amore per la vita di tutti e di ciascuno dei suoi membri. 

Una comunità degli Stati matura sarà quella in cui la libertà dei suoi membri è pienamente responsabile della libertà degli altri, sulla base dell'amore che è solidarietà operante. Questa, però, non è qualcosa che cresce spontaneamente, ma implica la necessità di investire lavoro, pazienza, impegno quotidiano, sincerità, umiltà, professionalità. Non è questa la via maestra che la diplomazia è chiamata a percorrere in questo XXI secolo?

Sono tanti e pregnanti gli spunti di questo lavoro che dimostra quanto il cardinale Bertone abbia saputo presentare l'annuncio evangelico, i valori e le grandi istanze della dottrina della Chiesa, in conformità con le linee portanti del magistero di Benedetto XVI, con quell'equilibrio e quella sobrietà necessari a favorire una cultura del dialogo, propria della Santa Sede. 

Il metro della vita dei servitori della Chiesa non è dettato da quel "stampare una notizia a grandi lettere, perché la gente pensi che sia indiscutibilmente vera" (Jorge Luis Borges), anzi è intessuto, pur nei limiti inerenti alla condizione e possibilità di ciascuno, dalla silenziosa e generosa dedizione al bene autentico del corpo di Cristo e al servizio duraturo della causa dell'uomo. Perciò la storia, la cui misura è la verità della croce, renderà evidente l'intensa azione del cardinale Bertone, che ha dimostrato anche di avere la tempra piemontese del gran lavoratore che non lesina nelle fatiche nel promuovere il bene della Chiesa, preparato culturalmente e intellettualmente e animato da una serena forza interiore che ricorda la parola dell'apostolo delle genti: "Di null'altro mai ci glorieremo se non della Croce di Gesù Cristo, nostro Signore: egli è la nostra salvezza, vita e risurrezione; per mezzo di Lui siamo stati salvati e liberati" (Galati, 6, 14).



lunedì 18 novembre 2013

50 anni di Magistero Pontificio per il Dialogo Interreligioso

In questo blog dedicato al ministero pastorale di S.E. l'Arcivescovo Alessandro D'Errico, Nunzio Apostolico in Croazia e da sempre testimone e ministro operoso del Dialogo Interreligioso tra la Chiesa, le Comunità e le Nazioni, trova il giusto luogo anche il post, annunciato nel precedente, sulla presentazione del più recente libro di cui la Santa Sede ha promosso la pubblicazione.
Il titolo è Il Dialogo Interreligioso nell'insegnamento ufficiale della Chiesa Cattolica (1963-2013) ed è edito dalla Libreria Editrice vaticana.
Un volume di 2100 pagine realizzato “per un accesso agevole al metodo e ai fondamenti teologici del dialogo interreligioso insegnato e praticato nel Magistero della Chiesa cattolica”: tale è la connnotazione proposta dal Cardinale Jean-Louis Tauran per qualificare il libro presentato il 12 Novembre 2013 nella Sala Stampa della Santa Sede. Il libro pubblicato dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso riguarda 50 anni di Magistero Pontificio, di encicliche documentazioni e studi, che partono dal Concilio Vaticano II e giungono al compimento del pontificato di Benedetto XVI. In esso si raccolgono brani conciliari, encicliche, esortazioni apostoliche, discorsi dei pontefici, da Giovanni XXIII a Benedetto XVI, e documenti della Curia Romana. Per la statistica si tratta di 909 documenti: 7 testi conciliari, 2 di Giovanni XXIII, 97 di Paolo VI, 2 di Giovanni Paolo I, 591 di Giovanni Paolo II, 188 di Benedetto XVI, 15 della Curia Romana, 3 testi legislativi, e 4 della Commissione Teologica Internazionale.
Un lavoro poderoso che viene accolto dal nuovo pontificato di Papa Francesco che ha già dato segni importanti della metodologia del “dialogo dell'amicizia” della Chiesa con le altre Religioni.
Alla presentazione sono intervenuti Il Cardinale Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, Padre Miguel Angel Ayuso Guixot, Segretario dello stesso Consiglio, ed il Vescovo Francesco Gioia, Cappuccino, curatore “certosino” del libro.
Il portale della Sala Stampa presenta i loro interventi sotto la forma di risposte a domande e questioni.
Riportiamo di seguito, con qualche rimaneggiamento tali risposte, rimandando la lettura diretta ed intera al link del portale.

Intervento del Cardinale Tauran: Prima parte – aspetti generali

Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso è lieto di pubblicare la terza edizione del volume sul Magistero Pontificio nel campo del Dialogo Interreligioso dall’inizio del Concilio Vaticano II fino a Benedetto XVI.

Benedetto XVI il dialogo interreligioso
La vera novità del volume consiste proprio nella raccolta ragionata dei testi di Benedetto XVI, sui quali è bene soffermarsi un istante, perché – soltanto sulla base di alcuni dati statistici – si può comprendere quanto sia ingiusta una simile idea.
In sette anni di pontificato, si possono contare ben 188 interventi di Benedetto XVI sul dialogo interreligioso, rispetto ai 591 di Giovanni Paolo II in più di un quarto di secolo. L’attenzione a questo tema è stata costante, anzi crescente, in un pontificato, come nell’altro. Benedetto XVI ha proposto il "dialogo della carità nella verità".


Ratisbona e la relazione col mondo musulmano
Un anno dopo Ratisbona, 38 saggi musulmani, divenuti poi 138, scrissero al papa, in un documento noto come "A common word between us and you", esponendo i principi dell’islam e auspicando una mutua comprensione, e un rapporto tra islam e cristianesimo fondato sull'amore di Dio e del prossimo, secondo l’insegnamento di Gesù. Frutto di questa lodevole iniziativa fu la creazione di un Forum islamo-cristiano, che dura ancora oggi.


La libertà religiosa e il contributo di Benedetto XVI
Come i suoi predecessori, Benedetto XVI ha affermato che la libertà religiosa è un diritto sacro e inalienabile, e non ha perso occasione per sostenerla.
Convinto che negare o limitare in maniera arbitraria la libertà religiosa significhi coltivare una visione riduttiva della persona umana e rendere impossibile l’affermazione di una pace autentica e duratura di tutta la famiglia umana (Messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace, 1° Gennaio 2011, n.1.4.), Benedetto XVI ha individuato nel processo di globalizzazione mondiale, tuttora in corso, un’occasione propizia per promuovere relazioni di universale fraternità tra gli uomini.


La finalità del libro 
Il vantaggio di un volume cartaceo, anche se corposo, perché conta 2100 pagine, è quello di offrire un accesso agevole al metodo e ai fondamenti teologici del dialogo interreligioso insegnato e praticato nel Magistero della Chiesa cattolica.
I tre indici, analitico, geografico e generale, consentono in pochi minuti di reperire i contenuti più interessanti, e poi magari di andare a cercare i testi in formato elettronico su internet. Penso, in particolare, proprio a voi giornalisti, ma anche agli studenti e ai docenti delle facoltà teologiche, agli incaricati diocesani per il dialogo interreligioso, e a chi lavora nel campo della formazione teologica e pastorale ad ogni livello.


Una eventuale edizione digitale
Non si deve dimenticare poi che il divario digitale non è ancora del tutto superato, e inoltre vi sono molti che preferiscono ancora la carta stampata al computer, pur possedendo adeguate attrezzature elettroniche. Ci si stanca di meno e, forse si memorizza più facilmente. Questo si vedrà nei prossimi anni, perché quello degli e-book è un fenomeno troppo recente per dare valutazioni. Non è escluso, in ogni caso, che se ne possa realizzare un’edizione digitale.


Il volume non si rivolge solo ai cattolici
No, lo scopo è anche quello di presentare direttamente ai seguaci di altre religioni il pensiero ufficiale della Chiesa, secondo lo spirito della Nostra aetate, che esorta «per mezzo del dialogo e la collaborazione con i seguaci delle altre religioni, a rendere testimonianza alla fede e alla vita cristiana, e a riconoscere, conservare e far progredire i beni spirituali e morali e i valori socio-culturali che si trovano in essi» (cfr NA n. 2).


Le relazioni con gli ebrei
La scelta dei testi rispetta le competenze del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, tralasciando, pertanto, sia il dialogo con gli ebrei, che è di competenza della Commissione per i Rapporti religiosi con l’Ebraismo costituita in seno al Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, sia il dialogo ecumenico, ossia l’aspetto delle relazioni con le altre Chiese e comunità ecclesiali, delle quali si occupa lo stesso Consiglio per l’Unità.


Intervento di p. M. A. A. Guixot: Seconda parte – uno sguardo ai contenuti specifici

I contenuti del volume
Per comprendere il cammino percorso in quest’ultimo mezzo secolo, è utile rievocare telegraficamente quello che gli ultimi sei Papi hanno affermato nel loro Magistero sul dialogo con i seguaci delle altre religioni.


Si può cominciare da Giovanni XXIII, che nel Discorso di apertura del Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962) invitò a promuovere l’unità basata sulla stima e il rispetto che coloro che seguono le diverse forme di religione non ancora cristiane nutrono verso la Chiesa cattolica, e non solo l’unità nella famiglia cristiana e umana, l’unità dei cattolici, l’unità con i cristiani non ancora in piena comunione (Gaudet Mater Ecclesia, § 8.2). Anche nell’Enciclica Pacem in Terris (11 aprile 1963), Giovanni XXIII metteva in guardia: «Non si dovrà confondere l’errore con l’errante, anche quando si tratta di errore o di conoscenza inadeguata della verità in campo morale o religioso. L’errante è sempre e anzitutto un essere umano e conserva, perciò, la sua dignità di persona; va sempre considerato e trattato come si conviene a tanta dignità» (n. 83).

Paolo VI, nell’ Ecclesiam Suam (6 agosto 1964), espresse la profonda convinzione che «la Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere; la Chiesa si fa parola; la Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio» (n. 67).

Giovanni Paolo I, pur nella brevità dei suoi 33 giorni di pontificato, si è incamminato sulla strada tracciata dal suo Predecessore, «chiamando tutti alla collaborazione per fare argine, all’interno delle nazioni, alla violenza cieca e, nella vita internazionale, promuovere l’elevazione dei popoli meno favoriti».

Giovanni Paolo II sviluppò la "cultura del dialogo". Sarebbe impossibile elencare qui tutti gli incontri che hanno costellato il suo pontificato. Mi piace ricordare quando, nel 1986, ad Assisi incontrò i seguaci di tutte le religioni del mondo per una Giornata di Preghiera. O quando, nel 2002, dopo i drammatici avvenimenti di New York e Washington dell’11 settembre 2001 e le loro tragiche conseguenze nel Medio e Vicino Oriente, propose un Decalogo per la pace ai Capi di Stato e ai Rappresentanti dei Governi di tutto il mondo.

Nel 50° dell’apertura del Concilio, Benedetto XVI ha ribadito che, per trovare l’autentico spirito del Vaticano II, si deve ritornare alla sua "lettera", cioè ai suoi testi. Ad illustrare l’apertura della Chiesa vi sono, soprattutto, le due Dichiarazioni: Nostra Aetate (28 ottobre 1965) e Dignitatis Humanae (6 dicembre 1965). Nella prima, ormai considerata "la Magna Charta del dialogo", vi è il riconoscimento del bene presente in tutte le tradizioni religiose. La seconda insiste sulla libertà, propria di ogni uomo, di seguire la propria coscienza in ambito religioso.
In cinquant’anni sono stati compiuti passi significativi verso le tappe indicate dal Concilio Vaticano II e dagli ultimi cinque papi, passi documentati in questo volume.

Il dialogo secondo Benedetto XVI
Il frutto maturo del suo pontificato si coglie alla fine. Nel suo ultimo Natale vissuto da papa, in occasione degli auguri natalizi alla Curia romana, egli ha colpito tutti con l’affermazione che «non siamo noi a possedere la verità, ma è essa a possedere noi: Cristo, che è la Verità, ci ha presi per mano, e sulla via della nostra ricerca appassionata di conoscenza sappiamo che la sua mano ci tiene saldamente. L’essere interiormente sostenuti dalla mano di Cristo ci rende liberi e al tempo stesso sicuri. Liberi: se siamo sostenuti da Lui, possiamo entrare in qualsiasi dialogo apertamente e senza paura. Sicuri, perché Egli non ci lascia, se non siamo noi stessi a staccarci da Lui. Uniti a Lui, siamo nella luce della verità» (Presentazione degli auguri natalizi della Curia romana, 21 dicembre 2012). Nel cammino del dialogo, è Cristo stesso che ci garantisce la libertà e la sicurezza che ci sono necessarie.
D’altronde, all’inizio del Pontificato, egli si è posto subito sul solco del magistero di papa Wojtyła, dicendo che "la Chiesa vuolecontinuare a costruire ponti di amicizia con i seguaci di tutte le religioni, al fine di ricercare il bene autentico di ogni persona e della società nel suo insieme" (Ai Delegati delle altre religioni, 25 aprile 2005). E poi, nella Verbum Domini (30 settembre 2010): «La Chiesa riconosce come parte essenziale dell’annuncio della Parola l’incontro, il dialogo e la collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà, in particolare con le persone appartenenti alle diverse tradizioni religiose dell’umanità, evitando forme di sincretismo e di relativismo e seguendo le linee indicate dalla Dichiarazione del Concilio Vaticano II Nostra aetate, sviluppate dal Magistero successivo dei Sommi Pontefici" (NA, n. 117)».



La direzione di Papa Francesco
Il cammino è ancora lungo, ma con papa Francesco esso continua con il "dialogo dell’amicizia". In pochi mesi, Papa Francesco ha già tenuto numerosi incontri con rappresentanti di altre religioni e speso molte parole sul dialogo interreligioso.
Ad esempio, rivolgendosi all’inizio del Suo Pontificato ai Rappresentanti delle chiese e delle comunità ecclesiali e di altre religioni, egli ha ricordato e ripetuto che "La Chiesa cattolica è consapevole dell’importanza che ha la promozione dell’amicizia e del rispetto tra uomini e donne di diverse tradizioni religiose (Ai Rappresentanti delle chiese e delle comunità ecclesiali e di altre religioni, 20 marzo 2013). Vorrei anche ricordare che quest’anno è stato lui stesso a firmare il messaggio annuale di auguri alla comunità musulmana per la festa della fine del Ramadan.




Incontro con il Mufti di Zagabria per il dialogo interreligioso

Fin dai primi giorni dell'arrivo alla Nunziatura di Zagabria, S. E. l'Arcivescovo Alessandro D'Errico ha curato con impegno particolare il dialogo d'amicizia con le altre comunità religiose, ebraica ed islamica, e con le altre confessioni cristiane presenti in Croazia. Egli ha dato vita ad una fitta agenda di incontri che lo hanno portato ad affrontare le tematiche della cooperazione, della collaborazione con i progetti e le iniziative delle varie comunità e a precisare la situazione identitaria dei cattolici nel contesto multireligioso della Bosnia-Erzegovina. In particolare gli incontri con il Mufti di Zagabria che si sono susseguiti numerosi fin dal Luglio 2012 (visita al Centro Islamico, Cerimonia d'insediamento del Mufti, ed altri più recenti riportati su questo blog), hanno sortito una prassi relazionale ed una definizione condivisa di un certo “modello croato del dialogo tra le religioni” da proporre come esempio nel contesto più ampio delle dimensioni internazionali del dialogo interreligioso. Si comprendono così anche i contenuti della discussione odierna tra il Nunzio Apostolico ed il Mufti di Zagabria per definire insieme le modalità e le opportunità di una visita del Dott. Aziz Hasanovic in Vaticano. Per realizzare un incontro che trova in Papa Francesco l'espressione pastorale più alta del 'dialogo d'amicizia' della Chiesa con le altre Religioni.
L'incontro di Zagabria, non a caso, sembra porsi in maniera particolarissima ed innovativa, e direi profetica, nello spirito delle iniziative ecclesiali che riguardano proprio il dialogo interreligioso e le relazioni diplomatiche della Santa Sede e tra le Nazioni della terra.
Un dialogo che in questi giorni viene politicamente ripensato e teologicamente riflettuto anche nella Chiesa e dalla Santa Sede che lo ripropone all'attenzione mondiale con la presentazione, il 12 Novembre 2013, del libro curato dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, di cui il Cardinale Jean Louis Tauran è Presidente: Il Dialogo Interreligioso nell'insegnamento ufficiale della Chiesa Cattolica (1963-2013). Di questo libro si sono interessate anche le agenzie cattoliche ed alcuni media croati.
Il 12 Novembre 2013 è anche il giorno della presentazione del libro, che si avvale della prefazione di Papa Francesco, scritto dal Cardinale Tarcisio Bertone e pubblicato in concomitanza con la conclusione del suo settennato di Segretario di Stato del Vaticano: La Diplomazia Pontificia in un mondo globalizzato.
Nei prossimi post su questo blog cercherò di operare un approfondimento sulla presentazione di questi due significativi libri, ambedue editi dalla Libreria Editrice Vaticana.
Di seguito do la traduzione ad sensum del comunicato che si legge sul portale della Comunità Islamica di Croazia.

S. E. mons. Alessandro D'Errico, Nunzio Apostolico, ha visitato il Mufti Dr. Aziz Hasanovic


Lunedì 11/11/2013. Mufti Dr. Aziz Hasanovic ha ricevuto il Nunzio Apostolico S. E. mons. Alessandro D'Errico. L'incontro è avvenuto sulla scia dei precedenti con la discussione sulle possibilità di presentare il modello croato delle relazioni con le comunità e le minoranze religiose e di promuoverne l'applicazione in contesti più ampi e coinvolgendo un maggior numero di comunità. Il Mufti e il Nunzio Apostolico hanno concluso che questa idea dovrebbe essere presentata al pubblico. A questo proposito, si è concluso che la relazione con il Vaticano assume un significato importante per la realizzazione stessa dell'idea che si vuole presentare. Percui il Mufti e il Nunzio Apostolico hanno discusso i preparativi per la visita del Mufti al Vaticano. Il Mufti ed il Nunzio hanno concordato i prossimi passi verso la realizzazione di questa idea, la cui applicazione potrebbe migliorare sensibilmente la situazione delle minoranze e delle comunità religiose di tutto il mondo. 


domenica 17 novembre 2013

La Visita al Convento Francescano dello Spirito Santo di Zagabria

Sempre attento ed interessato alle opere della carità e alla iniziative dei Francescani, e quasi ad un anno di distanza dalla solenne celebrazione dell'Immacolata del 2012 nel Santuario francescano di Zagabria, S.E. l'Arcivescovo D'Errico è ritornato “ospite d'eccezione” dei Frati Conventuali dello Spirito Santo.
Accompagnato dai suoi collaboratori di Nunziatura, Mons. Jean Francois Lantheaume e padre Ivica Hadaš s.j., Il Nunzio Apostolico in Croazia ha avuto occasione di assistere direttamente alla preparazione dei 600 pasti giornalieri che i Frati dispongono per la mensa dei poveri nella Casa Sant'Antonio. Ha poi incontrato lo studentato del Seminario ai piani superiori della Casa conventuale, ed ha intrapreso un interessante colloquio con il padre responsabile editoriale del periodico Veritas – Voce di Sant'Antonio da Padova. Gli ospiti hanno anche fraternizzato con i pazienti, gli anziani, ed il personale sanitario della Casa San Massimiliano.

Con i Frati Mons. D'Errico ha poi pranzato intavolando una discussione sullo stile della testimonianza cristiana auspicato da Papa Francesco: l'andare evangelico della Chiesa di Cristo verso le periferie esistenziali e l'orientamento al dialogo innovativo, rispettoso e salvifico per le culture e i valori umani. Non è mancata la visita all'esposizione di opere d'arte antiche dei Francescani di Zagabria raccolte in una galleria.
Della visita hanno dato comunicazione soprattutto le agenzie cattoliche e monastiche (l'IKA, il portale della Provincia Francescana Croata di San Girolamo, e il Portale della Conferenza dei Superiori e Religiosi). Non sono mancati rilanci del comunicato e commenti anche in numerosi altri media croati in rete.

Traduciamo ad sensum il comunicato di base dell'IKA e aggiungiamo le icone della galleria fotografica che si può agevolmente navigare sul portale della Provincia Francescana Croata.

11.12.2013 | 20:13 | IKA E – 155376/11 
Il Nunzio D'Errico ha visitato il Monastero di Santo Spirito

Gli ospiti della Nunziatura hanno visitato la Casa Sant'Antonio, dove hanno avuto la possibilità di vedere la preparazione di 600 pasti per la mensa dei poveri; hanno incontrato gli studenti e i responsabili editoriali di Veritas; sono stati particolarmente colpiti dall'incontro con gli anziani e i pazienti della Casa San Massimiliano

Zagabria (IKA) - Il Nunzio Apostolico nella Repubblica di Croazia, l'Arcivescovo Alessandro D'Errico e il consigliere della Nunziatura Apostolica, mons. Jean Francois Lantheaume hanno visitato Martedì 12 novembre il monastero dei Francescani Conventuali del Santo Spirito a Zagabria.
Dopo l'incontro e il dialogo nella casa provinciale, gli ospiti hanno visitato la Casa Sant'Antonio, dove hanno avuto la possibilità di vedere la preparazione di 600 pasti all'ora di pranzo mense per i poveri; poi hanno incontrato gli studenti ed hanno visitato la sede amministrativa ed editoriale di Veritas, ed hanno intavolato un colloquio con l'editore Giovanni Bradarić. Sono stati particolarmente impressionati dall'incontro con gli anziani e i pazienti della Casa San Massimiliano.
Il Nunzio e mons. Lantheaume hanno pranzato con i Francescani Conventuali. In quell'occasione il Nunzio ha animato una discussione sottolineando l'idea che Papa Francesco Papa stimola la Chiesa e i credenti ad andare verso la periferia della società, mentre si registra scarsa disponibilità "in particolare verso quelli con i quali siamo in disaccordo e che procurano male alla Chiesa".
Il passato è l'orientamento più marcato che tutti seguono, ha detto il Nunzio, ma piuttosto si dovrebbe gradualmente essere più orientati al futuro.
Prima di partire, Nunzio D'Errico e mons. Lantheaume hanno fatto un giro alla Galleria Don Zvonko ZLODIJEVA, ove sono esposte opere dei più antichi francescani conventuali croati.



domenica 10 novembre 2013

Relazioni diplomatiche tra Croazia e Santa Sede: eventi significativi recenti

Due date in meno di un mese, il 10 ottobre e il 5 novembre 2013, hanno segnato in maniera significativa le relazioni diplomatiche tra la Croazia e la Santa Sede. La prima data è quella della visita del Presidente della Repubblica di Croazia al Vaticano ricevuto in udienza da Papa Francesco; la seconda data è quella della presentazione, nella sede romana del Pontificio Collegio Croato di San Girolamo, del libro Croazia e Santa Sede – Venti anni di rapporti diplomatici (1992-2012) organizzata dall'Ambasciata Croata presso la Santa Sede con il contributo della città di Zagabria.

La visita del Presidente Josipović si pone a suggello di un proficuo percorso di dialogo tra la Chiesa Cattolica e lo Stato Croato che ha portato alla realizzazione di accordi e di sostegni reciproci che hanno rimarcato l'ispirazione storica religiosa della Croazia e la realizzazione della sua vocazione di nazione europea entrata a far parte della UE. 

Il colloquio del Presidente croato con Papa Francesco da un lato ha sottolineato i valori etici, culturali e politici, e quelli pastorali ed ecclesiali, che sostanziano i rapporti bilaterali;d'altro canto ha rappresentato un momento culminante del percorso che nell'ultimo anno è stato ricco di avvenimenti e di iniziative. Mi riferisco alla continuità con la visita nell'ottobre del 2012 del Primo Ministro Milanović in udienza da Papa Benedetto XVI, alla concomitante Conferenza celebrativa tenuta a Roma in occasione del 20° anniversario delle Relazioni Diplomatiche con la santa Sede, e al grande pellegrinaggio nazionale della Chiesa Croata alla Basilica di San Pietro e agli altri Luoghi Santi di Roma. Con una serie di post su questo blog abbiamo seguito molte fasi importanti di questo percorso per la realizzazione del quale un grande e riconosciuto contributo è dato dalla Nunziatura di Zagabria, e in particolare dal Nunzio Apostolico, S. E. l'Arcivescovo Alessandro D'Errico il quale, in rappresentanza del Papa e in comunione con i Vescovi croati, costantemente opera per il dialogo e per la proposta dei temi, e delle priorità argomentative come la questione dei Croati cattolici di Bosnia-Erzegovina, che impegnano i rapporti tra la Santa Sede e la Croazia.
L'incontro del Presidente Croato con Papa Francesco è stata ampiamente riportato dalle agenzie di stampa internazionale, dagli organi vaticani ufficiali, dalle testate e dai blog vaticanisti, e con maggiori approfondimenti politico-culturali dalla stampa e dalla rete web croata. Un video dell'incontro è stato divulgato in rete anche dal canale Vaticanit su youtube.
I contenuti del colloquio li leggiamo dalla fonte di L'Osservatore Romano, ed apprendiamo la notizia dello scambio di doni tra Josipović e Papa Francesco soprattutto dalle più importanti testate croate. Papa Francesco ha donato una medaglia del suo pontificato e i doni croati rappresentano in maniera significativa il riferimento storico e religioso: la ristampa di un libro devozionale altomedievale prodotto nello scriptorium di un monastero benedettino di Zara, ed un prezioso manufatto ricamato da suore.

Sul portale dell'Ambasciata di Croazia presso la Santa Sede leggiamo direttamente in italiano il post che riguarda la presentazione del libro Santa Sede e Croazia. Venti anni di rapporti diplomatici (1992-2012). Vi sono raccolti gli atti della Conferenza che si tenne in Vaticano il 29 ottobre 2012 e che fu promossa dall'Ambasciata croata presso la Santa Sede in occasione del 20° anniversario dell'instaurazione dei rapporti diplomatici tra la Repubblica della Croazia e la Santa Sede. Il libro è corredato con una rassegna fotografica e con note biografiche dei partecipanti alla Conferenza.

ROMA, 5 novembre 2013

Il 5 novembre 2013 al Pontificio Collegio Croato di San Girolamo si è tenuta la presentazione del libro Santa Sede e Croazia. Venti anni di rapporti diplomatici (1992-2012). Il libro è stato pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana all'inizio di ottobre di quest'anno. Trattasi di una raccolta degli interventi dei partecipanti alla Conferenza del 29 ottobre 2012, tenutasi nella Casina Pio IV, in occasione della visita del Presidente del Governo croato, S.E. Zoran Milanović in Vaticano. La Conferenza è stata dedicata al 20º anniversario dall'instaurazione dei rapporti diplomatici tra la Croazia e la Santa Sede, l'argomento che hanno trattato i principali protagonisti di questi eventi dalla parte croata e vaticana. Oltre alle relazioni, il libro contiene anche una piccola raccolta di foto che illustra gli eventi più importanti, nonchè le persone legate ai rapporti croato-vaticani negli ultimi venti anni.
Alla presentazione del volume sono stati presenti una ottantina di partecipanti, tra i quali circa venti ambasciatori, alte cariche delle istituzioni vaticane e la comunità croata a Roma. Tra gli invitati c'era anche il Sindaco di Zagreb, Sig. Milan Bandić, il quale ha rivolto ai presenti un indirizzo di saluto, sottolineando come la Città di Zagreb sia onorata di aver collaborato alla realizzazione di questo libro di valore.
Sul libro in particolare e sui rapporti tra la Santa Sede e i Croati nella storia più recente si sono soffermati la professoressa Rita Tolomeo dall'Università Sapienza di Roma, Mons. Nikola Eterović, Nunzio Apostolico a Berlino e il prof. Massimiliano Valente dall'Università Europea di Roma. L'Ambasciatore Vučak ha presentato l'intero progetto e la concezione della raccolta. La professoressa Tolomeo ha descritto i rapporti tra la Chiesa cattolica e lo stato in due Jugoslavie ponendo il particolare accento sul periodo successivo alla seconda guerra mondiale, in cui i sacerdoti venivano perseguitati e si realizzava l'introduzione dell'ateismo contro la volontà della società. Mons. Eterović si è soffermato su alcuni importanti eventi alla vigilia del riconoscimento dell'indipendenza della Croazia da parte della Santa Sede e sulla prima visita pastorale di Papa Giovanni Paolo II alla Croazia, uno degli eventi più emozionanti del Suo pontificato. Il prof. Valente ha evidenziato l'importanza degli Accordi stipulati tra la Croazia e la Santa Sede per ristabilire i rapporti, non facili, tra la Chiesa e lo Stato. Ha ricordato anche la recente visita del Presidente Josipović in Vaticano.