Alle
ore 18 del 27 Giugno 2012, S. E. Alessandro D'Errico ha celebrato nella
Cattedrale del Sacro Cuore a Sarajevo la Messa di ringraziamento per
il completamento della sua missione di Nunzio Apostolico in
Bosnia-Erzegovina e Montenegro. Dopo la celebrazione in suo onore si è tenuto un
ricevimento presso la Casa Sacerdotale.
La
sua omelia è stata l'espressione di un magistero ricco di
riferimenti biblici pastorali storici e personali. Il significato del
'compimento' dell'opera a cui è stato chiamato come Nunzio
Apostolico egli lo ha letto e lo ha condiviso con l'Assemblea nella
luce evangelica e teologica proiettata dal brano liturgico della
lettera di San Paolo ai Filippesi (Fil 1, 3-11):
"Rendo
grazie al mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi. Sempre, quando
prego per tutti voi, lo faccio con gioia a motivo della vostra
cooperazione per il Vangelo, dal primo giorno fino al presente. Sono
persuaso che colui il quale ha iniziato in voi quest'opera buona, la
porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù. È giusto, del
resto, che io provi questi sentimenti per tutti voi, perché vi porto
nel cuore, sia quando sono in prigionia, sia quando difendo e
confermo il Vangelo, voi che con me siete tutti partecipi della
grazia. Infatti Dio mi è testimone del vivo desiderio che nutro per
tutti voi nell'amore di Cristo Gesù. E perciò prego che la vostra
carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento,
perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e
irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quel frutto di
giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode
di Dio".
Il testo dell'omelia di S. E. Alessandro D'Errico:
Messa
di ringraziamento
al
termine della missione in BiH e in Montenegro
(Gen.12, 1-5; Fil. 1, 3-11; Mt. 28, 16-20)
(Sarajevo,
27 giugno 2012)
Sono
lieto di poter vivere con voi queste ultime ore del mio servizio di
Rappresentante Pontificio in Bosnia ed Erzegovina e in Montenegro,
mentre mi accingo a lasciare Sarajevo per la nuova missione che il
Santo Padre mi ha affidato in Croazia. Non mi è facile esprimere i
sentimenti che si affollano nel mio animo. Vorrei dire tante cose; il
difficile è da dove cominciare … Cercherò di ispirarmi alle
letture che sono state proposte per la nostra meditazione.
1.
Come
San Paolo, in primo luogo rendo grazie a Dio per questi sei anni e
mezzo che ho potuto trascorrere in mezzo a voi. La Provvidenza di Dio
ha disposto che arrivassi a Sarajevo in un momento di particolare
importanza per la vita della Chiesa in questa regione. È stato detto
che alcuni eventi degli ultimi anni sono ormai consegnati alla storia
della Chiesa in BiH e in Montenegro. Evidentemente il pensiero va
sopratutto all’Accordo di Base con la BiH, alla Commissione
Mista
per l’applicazione dell’Accordo
di Base,
all’Accordo
per l’Ordinariato Militare, all’Accordo
di Base con
il Montenegro, all’Intesa
fra la nostra Facoltà di Teologia Cattolica e l’Università
Statale di Sarajevo, alle Visite in Vaticano delle più alte Autorità
di BiH e del Montenegro. Così pure, ad un livello più
specificamente ecclesiale, ci sono stati eventi altrettanto
importanti: le nomine del Vescovo Ausiliare di Banja Luka e
dell'Ordinario Militare, l'istituzione della Commissione
Internazionale sul fenomeno di Medjugorje, le Visite del Cardinale
Tarcisio Bertone e dell'Arcivescovo Dominique Mamberti.
Tuttavia,
guardando indietro con sguardo di insieme, personalmente trovo che,
accanto a
questi avvenimenti “maggiori”, ce ne sono stati altri meno
eclatanti, più discreti, ma di primaria rilevanza per la missione
che il Santo Padre mi aveva affidato. Penso in particolare ai
contatti che abbiamo stabilito con tante Autorità civili e
religiose, al fine di contribuire
a creare un’atmosfera di armonia sociale, tolleranza religiosa e
dialogo tra le civiltà. A mio avviso, questa era e resta la prima
priorità, se si ha veramente a cuore la pace in queste terre e lo
sviluppo di questi popoli. Molte volte ho detto che dovremmo parlare
più di ciò che abbiamo in comune anziché di ciò che ci divide; e
che sarebbe assai meglio se si mettessero da parte le tensioni e i
pregiudizi ereditati dal passato, e ci si adoperasse per trovare
insieme le giuste soluzioni alle sfide che il Paese ancora si trova
ad affrontare. Questo vorrei ripetere oggi, una volta di più, con
tutto l’affetto di cui sono capace e con tanta fiducia in questo
Paese, e nella gente di questo Paese. Perciò, con San Paolo,
consentitemi di dire: “Rendo
grazie a Dio, persuaso anche di questo: che Colui il quale ha
cominciato in voi un’opera buona, certamente la porterà a
compimento”.
2.
Miei cari fratelli e sorelle, sapete bene che in questi anni ho
cercato di fare del mio meglio per stabilire relazioni non solo con
le Autorità civili, ma anche con le persone più impegnate nel campo
delicato del dialogo ecumenico ed interreligioso. Al tempo stesso, mi
son fatto dovere di visitare spesso diocesi, comunità religiose e
istituzioni laicali. Mi avete accolto nelle vostre case; mi avete
aperto il vostro cuore. Ebbene, presso di voi e con voi ho avuto la
possibilità di conoscere meglio non solo la ricchezza di civiltà di
queste terre, ma anche le difficoltà che ancora si presentano nel
difficile cammino di ricostruzione materiale e morale, nel quale
siete impegnati dopo la guerra recente.
Perciò,
insieme al rendimento
di grazie all’Eterno Signore della vita e della storia, mi è caro
estendere a tutti coloro che mi hanno accolto con tanta fiducia il
mio sincero ringraziamento per il molto che ho ricevuto.
Nell’atmosfera
di preghiera di questa celebrazione eucaristica, il mio pensiero
grato va alle Autorità civili e ai Colleghi del Corpo Diplomatico,
per la squisita attenzione che hanno sempre avuto per me e per la
Santa Sede. Un ringraziamento speciale esprimo ai Collaboratori della
Nunziatura Apostolica, di oggi e di ieri; all’Em.mo Card. Vinko
Puljić; al Presidente della Conferenza Episcopale, il Vescovo Franjo
Komarica, ed ai confratelli Vescovi; alle Presidenti della Conferenza
dei Superiori e delle Superiore Maggiori (dal 2010 Suor Ivanka
Mihaljević, e al mio arrivo Suor Marina Piljić); ai confratelli nel
sacerdozio, alle religiose ed ai religiosi, ai fedeli laici, ai
rappresentanti delle diverse confessioni religiose. A tutti e a
ciascuno di voi – e, attraverso voi, a tutto il popolo di Dio che è
in Bosnia ed Erzegovina e in Montenegro – mi è caro estendere la
mia profonda gratitudine per l’amicizia fraterna che mi avete
offerto, la comprensione che ho trovato, il sostegno e la vicinanza
spirituale con cui mi avete accompagnato, il buon esempio che mi
avete dato, anche in circostanze talvolta delicate.
3.
Ora è tempo di dirci arrivederci. Per me non è facile, per i
legami profondi che mi uniscono a voi. L’ho detto pure ai Superiori
della Santa Sede. Così come ho detto che - se fosse dipeso da me -
sarei restato qui ancora a lungo.
Certamente
il dolore per il distacco è parecchio mitigato dal fatto che vado a
Zagabria, ove so bene che non sarà difficile rivederci e continuare
a scambiare qualche idea sul nostro servizio in questa regione.
Tuttavia, mi trovo un po’ come nella situazione di Abramo: chiamato
ad iniziare una nuova “avventura”, che si aggiunge – ora che
non sono più in verde età - a quelle che ho vissuto in trentacinque
anni di servizio nelle Rappresentanze Pontificie.
Ebbene,
come
Abramo fece con Dio che lo chiamava, pur con i miei limiti, desidero
rinnovare al Santo Padre convinta obbedienza, e piena disponibilità
ad andare per le vie alle quali Egli mi invia, per offrire il mio
modesto contributo di Chiesa per la crescita e lo sviluppo di un
popolo glorioso, di ben nota identità cattolica e di storici legami
con la Sede Apostolica.
Ai
Superiori ho
detto pure che sento molto la mia indegnità per la designazione ad
un Paese come la Croazia, che sta vivendo un momento importante di
storia, sia in termini civili, sia nelle sue relazioni con la Santa
Sede. Perciò, nel momento un po’ sofferto di questo congedo,
desidero anche affidarmi alle vostre preghiere.
Sono
certo che vorrete
accompagnarmi con preghiera intensa nella mia nuova missione. Vi
chiedo di pregare spesso lo Spirito Santo, mio celeste Patrono. Il
mio motto episcopale è “Veni
Sancte Spiritus”.
Vi domando di invocarLo spesso con questa preghiera, insieme a me. È
una preghiera breve, facile da ricordare. Sono sicuro che porterà
molti buoni frutti: non solo per me, ma anche per voi, per la Bosnia
ed Erzegovina e per il Montenegro, per la Croazia e per la regione.
Amen!
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