sabato 16 aprile 2022

VIAGGIO APOSTOLICO A MALTA, CONFERMA NELLA FEDE


Durante l’udienza generale di mercoledì 6 aprile 2022 Papa Francesco ha personalmente narrato il significato del suo Viaggio Apostolico a Malta fatto il sabato e la domenica precedenti.

Ha descritto Malta come luogo chiave nella geopolitica del Mediterraneo e come luogo di accoglienza e di pace ispirato al messaggio di San Paolo Apostolo che ivi approdò dopo il naufragio della nave che lo conduceva verso Roma. Papa Francesco come Vescovo di Roma si è recato a Malta per “confermare quel popolo nella fede e nella comunione”.

Il giorno prima dell’Udienza il Santo Padre ha fatto pervenire al Nunzio Apostolico a Malta, l’Arcivescovo Alessandro D’Errico, il ringraziamento scritto per “il lavoro svolto nella preparazione della Visita e per l’accogliente ospitalità ricevuta presso la rappresentanza Pontificia”.

Dalla pagina social del Nunzio Apostolico recuperiamo il ringraziamento con la benedizione di Papa Francesco; e dal portale pontificio recuperiamo il testo intero della Udienza.

Video della Udienza

PAPA FRANCESCO

UDIENZA GENERALE

Aula Paolo VI
Mercoledì, 6 aprile 2022

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!

Sabato e domenica scorsi mi sono recato a Malta: un Viaggio apostolico che era in programma da tempo: è stato rimandato due anni fa, per il covid e le sue conseguenze. Non molti sanno che Malta, pur essendo un’isola in mezzo al Mediterraneo, ha ricevuto prestissimo il Vangelo. Perché? Perché l’Apostolo Paolo fece naufragio vicino alle sue coste e prodigiosamente si salvò con tutti quelli che stavano sulla nave, più di duecentosettanta persone. Racconta il libro degli Atti degli Apostoli che i maltesi li accolsero tutti, e dice questa parola: «con rara umanità» (28,2). Questo è importante, non dimenticarlo: “con rara umanità”. Ho scelto proprio queste parole: con rara umanità, come motto del mio Viaggio, perché indicano la strada da seguire non solo per affrontare il fenomeno dei migranti, ma più in generale perché il mondo diventi più fraterno, più vivibile, e si salvi da un “naufragio” che minaccia tutti noi, che stiamo – come abbiamo imparato – sulla stessa barca, tutti. Malta è, in questo orizzonte, un luogo-chiave.

Lo è anzitutto geograficamente, per la sua posizione al centro del Mare che sta tra Europa e Africa, ma che bagna anche l’Asia. Malta è una specie di “rosa dei venti”, dove si incrociano popoli e culture; è un punto privilegiato per osservare a 360 gradi l’area mediterranea. Oggi si parla spesso di “geopolitica”, ma purtroppo la logica dominante è quella delle strategie degli Stati più potenti per affermare i propri interessi estendendo l’area di influenza economica, o influenza ideologica o influenza militare: lo stiamo vedendo con la guerra. Malta rappresenta, in questo quadro, il diritto e la forza dei “piccoli”, delle Nazioni piccole ma ricche di storia e di civiltà, che dovrebbero portare avanti un’altra logica: quella del rispetto e della libertà, quella del rispetto e anche la logica della libertà, della convivialità delle differenze, opposta alla colonizzazione dei più potenti. Lo stiamo vedendo adesso. E non solo da una parte: anche da altre … Dopo la seconda guerra mondiale si è tentato di porre le basi di una nuova storia di pace, ma purtroppo – non impariamo – è andata avanti la vecchia storia di grandi potenze concorrenti. E, nell’attuale guerra in Ucraina, assistiamo all’impotenza della Organizzazione delle Nazioni Unite.

Secondo aspetto: Malta è un luogo-chiave per quanto riguarda il fenomeno delle migrazioni. Nel Centro di accoglienza Giovanni XXIII ho incontrato numerosi migranti, che sono approdati sull’Isola dopo viaggi terribili. Non bisogna stancarsi di ascoltare le loro testimonianze, perché solo così si esce dalla visione distorta che spesso circola nei mass-media e si possono riconoscere i volti, le storie, le ferite, i sogni e le speranze di questi migranti. Ogni migrante è unico: non è un numero, è una persona; è unico come ognuno di noi. Ogni migrante è una persona con la sua dignità, le sue radici, la sua cultura. Ognuno di essi è portatore di una ricchezza infinitamente più grande dei problemi che comporta. E non dimentichiamo che l’Europa è stata fatta dalle migrazioni.

Certo, l’accoglienza va organizzata – è vero, questo – va governata, e prima, molto prima, va progettata insieme, a livello internazionale. Perché il fenomeno migratorio non può essere ridotto a un’emergenza, è un segno dei nostri tempi. E come tale va letto e interpretato. Può diventare un segno di conflitto, oppure un segno di pace. Dipende da come lo prendiamo, dipende da noi. Chi a Malta ha dato vita al Centro Giovanni XXIII ha fatto la scelta cristiana e per questo lo ha chiamato “Peace Lab”: laboratorio di pace. Ma io vorrei dire che Malta nel suo insieme è un laboratorio di pace! Tutta la nazione con il suo atteggiamento, con il proprio atteggiamento, è un laboratorio di pace. E può realizzare questa sua missione se, dalle sue radici, attinge la linfa della fraternità, della compassione, della solidarietà. Il popolo maltese ha ricevuto questi valori insieme con il Vangelo, e grazie al Vangelo potrà mantenerli vivi.

Per questo, come Vescovo di Roma, sono andato a confermare quel popolo nella fede e nella comunione. Infatti – terzo aspetto – Malta è un luogo-chiave anche dal punto di vista dell’evangelizzazione. Da Malta e da Gozo, le due Diocesi del Paese, sono partiti tanti sacerdoti e religiosi, ma anche fedeli laici, che hanno portato in tutto il mondo la testimonianza cristiana. Come se il passaggio di San Paolo avesse lasciato la missione nel DNA dei maltesi! Per questo la mia visita è stata anzitutto un atto di riconoscenza, riconoscenza a Dio e al suo santo popolo fedele che è a Malta e a Gozo.

Tuttavia, anche lì soffia il vento del secolarismo e della pseudocultura globalizzata a base di consumismo, neocapitalismo e relativismo. Anche lì, perciò, è tempo di nuova evangelizzazione. La visita che, come i miei Predecessori, ho compiuto alla Grotta di San Paolo è stata come un attingere alla sorgente, perché il Vangelo possa sgorgare a Malta con la freschezza delle origini e ravvivare il suo grande patrimonio di religiosità popolare. Questa è simboleggiata dal Santuario mariano nazionale di Ta’ Pinu, nell’isola di Gozo, dove abbiamo celebrato un intenso incontro di preghiera. Lì ho sentito battere il cuore del popolo maltese, che ha tanta fiducia nella sua Santa Madre. Maria ci riporta sempre all’essenziale, a Cristo crocifisso e risorto, e questo per noi, al suo amore misericordioso. Maria ci aiuta a ravvivare la fiamma della fede attingendo dal fuoco dello Spirito Santo, che anima di generazione in generazione il gioioso annuncio del Vangelo, perché la gioia della Chiesa è evangelizzare! Non dimentichiamo quella frase di San Paolo VI: la vocazione della Chiesa è evangelizzare; la gioia della Chiesa è evangelizzare. Non dimentichiamola perché è la definizione più bella della Chiesa.

Colgo questa occasione per rinnovare il mio ringraziamento al Signor Presidente della Repubblica di Malta, così cortese e fratello: grazie a lui e alla sua famiglia; al Signor Primo Ministro e alle altre Autorità civili, che mi hanno accolto con tanta gentilezza; come pure ai Vescovi e a tutti i membri della comunità ecclesiale, ai volontari e a quanti mi hanno accompagnato con la preghiera. Non vorrei trascurare di menzionare il Centro di accoglienza per i migranti Giovanni XXIII: lì quel frate francescano che lo porta avanti, padre Dionisio Mintoff, ha 91 anni e continua a lavorare così, con l’aiuto dei collaboratori della Diocesi. È un esempio di zelo apostolico e di amore ai migranti, che oggi ci vuole tanto. Noi, con questa visita, seminiamo, ma è il Signore che fa crescere. Che la sua bontà infinita conceda frutti abbondanti di pace e di ogni bene al caro popolo maltese! Grazie a questo popolo maltese per la sua accoglienza così umana, così cristiana. Grazie tante.




lunedì 4 aprile 2022

VIAGGIO APOSTOLICO A MALTA, TAPPE SPIRITUALI E CONGEDO DEL SANTO PADRE


Papa Francesco ha concluso la sua Visita Apostolica salutando all’aeroporto di Malta tutte le Autorità Civili e Religiose, ed il popolo numeroso, che lo hanno accompagnato durante le due giornate programmate (vedi post precedente). Sono state due giorni vissuti, con risonanza globale ed ecumenica, nel dialogo e nella preghiera con la comunità ecclesiale maltese. 

Nel pomeriggio del primo giorno della Visita, partendo dalla Nunziatura di Rabat, il Santo Padre si è recato all’isola di Gozo in devoto pellegrinaggio al Santuario della Madonna Ta’ Pinu. Accompagnato dai Vescovi Maltesi si è posto in preghiera nella Cappella dedicata alla Madonna offrendole una rosa d’oro e recitando 3 Ave Maria. Poi si è portato sulla spianata esterna per un incontro dialogante con i fedeli e le famiglie. 

Al mattino del secondo giorno Papa Francesco ha prima tenuto un incontro in Nunziatura con i Padri Gesuiti, e poi si è recato ancora devoto pellegrino alla Grotta di San Paolo presso la Basilica dedicata all’Apostolo.

Tra ali di folla il Santo Padre si è poi portato al gremito Piazzale dei Granai a Floriana per la celebrazione solenne della Santa Messa.

Il pomeriggio dello stesso giorno, prima di recarsi all’aeroporto per ritornare in serata a Roma, Papa Francesco ha avuto un incontro al Centro per Migranti “Giovanni XXII Peace Lab” gestito dai Francescani.

Tutti i momenti della Visita Apostolica sono stati sia televisivamente ripresi dal vivo e sia pubblicati con sistematicità dal portale delle Comunicazioni del Vaticano insieme con i testi dei discorsi, omelie e preghiere di Papa Francesco. Da questa fonte attingiamo per la carrellata che segue.




Pellegrinaggio al Santuario della Madonna Ta’ Pinu

Il brano esortativo dell’omelia di Papa Francesco è sviluppato sulla lettura del Vangelo di Giovanni.

INCONTRO DI PREGHIERA

OMELIA DEL SANTO PADRE

Santuario Nazionale di "Ta' Pinu" a Gozo
Sabato, 2 aprile 2022

[...]

Guardiamo ancora alle origini, a Maria e Giovanni sotto la croce. Alle sorgenti della Chiesa c’è il loro reciproco gesto di affidamento. Il Signore, infatti, affida ciascuno alle cure dell’altro: Giovanni a Maria e Maria a Giovanni, così che «da quell’ora il discepolo l’accolse con sé» (Gv 19,27). Ritornare all’inizio significa anche sviluppare l’arte dell’accoglienza. Tra le ultime parole di Gesù dalla croce, quelle rivolte alla Madre e a Giovanni esortano a fare dell’accoglienza lo stile perenne del discepolato. Non si trattò, infatti, di un semplice gesto di pietà, per cui Gesù affidò la mamma a Giovanni perché non rimanesse da sola dopo la sua morte, ma di un’indicazione concreta su come vivere il comandamento sommo, quello dell’amore. Il culto a Dio passa per la vicinanza al fratello.

E quanto è importante nella Chiesa l’amore tra i fratelli e l’accoglienza del prossimo! Il Signore ce lo ricorda nell’ora della croce, nella reciproca accoglienza di Maria e Giovanni, esortando la comunità cristiana di ogni tempo a non smarrire questa priorità. «Ecco tuo figlio», «ecco tua madre» (vv. 26.27); è come dire: siete salvati dallo stesso sangue, siete un’unica famiglia, dunque accoglietevi a vicenda, amatevi gli uni gli altri, curate le ferite gli uni degli altri. Senza sospetti, senza divisioni, dicerie, chiacchiere e diffidenze. Fratelli e sorelle, fate “sinodo”, cioè “camminate insieme”. Perché Dio è presente dove regna l’amore!

Carissimi, l’accoglienza reciproca, non per pura formalità ma in nome di Cristo, è una sfida permanente. Lo è anzitutto per le nostre relazioni ecclesiali, perché la nostra missione porta frutto se lavoriamo nell’amicizia e nella comunione fraterna. Siete due belle comunità, Malta e Gozo, Gozo e Malta – non so quale sia la più importante o quale la prima! –, proprio come due erano Maria e Giovanni! Le parole di Gesù sulla croce siano allora la vostra stella polare, per accogliervi a vicenda, creare familiarità, lavorare in comunione! E sempre andando avanti nell’evangelizzazione, perché la gioia della Chiesa è evangelizzare.

Ma l’accoglienza è anche la cartina di tornasole per verificare quanto effettivamente la Chiesa è permeata dallo spirito del Vangelo. Maria e Giovanni si accolgono non nel caldo rifugio del cenacolo, ma presso la croce, in quel luogo oscuro in cui si veniva condannati e crocifissi come malfattori. E anche noi, non possiamo accoglierci solo tra di noi, all’ombra delle nostre belle Chiese, mentre fuori tanti fratelli e sorelle soffrono e sono crocifissi dal dolore, dalla miseria, dalla povertà, dalla violenza. Vi trovate in una posizione geografica cruciale, che si affaccia sul Mediterraneo come polo di attrazione e approdo di salvezza per tante persone sballottate dalle tempeste della vita che, per motivi diversi, arrivano sulle vostre sponde. Nel volto di questi poveri è Cristo stesso che si presenta a voi. Questa è stata l’esperienza dell’Apostolo Paolo che, dopo un terribile naufragio, fu calorosamente accolto dai vostri antenati. Gli Atti degli Apostoli affermano: «Gli abitanti ci accolsero tutti attorno a un fuoco, che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia e faceva freddo» (At 28,2).

Ecco il Vangelo che siamo chiamati a vivere: accogliere, essere esperti di umanità, accendere fuochi di tenerezza quando il freddo della vita incombe su coloro che soffrono. E anche in questo caso da un’esperienza drammatica nacque qualcosa di importante, perché Paolo annunciò e diffuse il Vangelo e, in seguito, tanti annunciatori, predicatori, sacerdoti e missionari seguirono le sue orme, spinti dallo Spirito Santo, per evangelizzare, per portare avanti la gioia della Chiesa che è evangelizzare. Vorrei dire un grazie speciale a loro, a questi evangelizzatori, ai numerosi missionari maltesi che diffondono nel mondo intero la gioia del Vangelo, ai tanti sacerdoti, alle religiose e ai religiosi e a tutti voi. Come ha detto il vostro vescovo, Mons. Teuma, siete un’isola piccola, ma dal cuore grande. Siete un tesoro nella Chiesa e per la Chiesa. Lo dico un’altra volta: siete un tesoro nella Chiesa e per la Chiesa. Per custodirlo, bisogna tornare all’essenza del cristianesimo: all’amore di Dio, motore della nostra gioia, che ci fa uscire e percorrere le strade del mondo; e all’accoglienza del prossimo, che è la nostra testimonianza più semplice e bella nel mondo, e così andare avanti percorrendo le strade del mondo, perché la gioia della Chiesa è evangelizzare.

Il Signore vi accompagni su questa via e la Vergine Santa vi guidi. Lei, che chiese di pregare tre “Ave Maria” per ricordarci del suo cuore materno, riaccenda in noi suoi figli il fuoco della missione e il desiderio di prenderci cura gli uni degli altri. La Madonna vi custodisca e vi accompagni nell’evangelizzazione.




Pellegrinaggio alla Grotta di San Paolo 

Leggiamo il testo della preghiera che il Santo Padre ha dedicato a San Paolo Apostolo

VISITA ALLA GROTTA DI SAN PAOLO

PREGHIERA DEL SANTO PADRE

Basilica di San Paolo a Rabat
Domenica, 3 aprile 2022

Dio di misericordia,
nella tua mirabile provvidenza
hai voluto che l’Apostolo Paolo
annunciasse il tuo amore agli abitanti di Malta,
i quali non ti conoscevano ancora.
Egli ha proclamato loro la tua parola
e ha guarito le loro infermità.

Salvati dal naufragio,
San Paolo e i compagni di viaggio
trovarono qui ad accoglierli
gente pagana di buon cuore,
che li trattò con rara umanità,
rendendosi conto che avevano bisogno
di rifugio, di sicurezza e di assistenza.
Nessuno conosceva i loro nomi,
la provenienza o la condizione sociale;
sapevano soltanto una cosa:
che avevano bisogno di aiuto.

Non c’era tempo per le discussioni,
per i giudizi, le analisi e i calcoli:
era il momento di prestare soccorso;
lasciarono le loro occupazioni
e così fecero.

Accesero un gran fuoco,
e li fecero asciugare e riscaldare.
Li accolsero con cuore aperto
e, insieme con Publio,
primo nel governo e nella misericordia,
trovarono per loro un alloggio.

Padre buono,
concedi a noi la grazia di un buon cuore
che batta per amore dei fratelli.
Aiutaci a riconoscere da lontano i bisogni
di quanti lottano tra le onde del mare,
sbattuti sulle rocce di una riva sconosciuta.
Fa’ che la nostra compassione
non si esaurisca in parole vane,
ma accenda il falò dell’accoglienza,
che fa dimenticare il maltempo,
riscalda i cuori e li unisce:
focolare della casa costruita sulla roccia,
dell’unica famiglia dei tuoi figli,
sorelle e fratelli tutti.
Tu li ami senza distinzione
e vuoi che diventino una cosa sola
con il tuo Figlio, Gesù Cristo, nostro Signore,
per la potenza del fuoco mandato dal cielo,
il tuo Spirito Santo,
che brucia ogni inimicizia,
e nella notte illumina il cammino
verso il tuo regno di amore e di pace.

. Amen.


PREGHIERA NELLA BASILICA DI SAN PAOLO

O Dio, la tua misericordia è infinita
e inesauribile il tesoro della tua bontà:
accresci benigno la fede del popolo a Te consacrato,
perché tutti comprendano con sapienza
quale amore li ha creati,
quale Sangue li ha redenti,
quale Spirito li ha rigenerati.
Per Cristo nostro Signore.

. Amen.




Omelia di Papa Francesco per la V Domenica di Quaresima a Malta

SANTA MESSA

OMELIA DEL SANTO PADRE

Piazzale dei Granai, Floriana
Domenica, 3 aprile 2022

Gesù «al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui» (Gv 8,2). Così comincia l’episodio della donna adultera. Lo sfondo si presenta sereno: una mattinata nel luogo santo, al cuore di Gerusalemme. Protagonista è il popolo di Dio, che nel cortile del tempio cerca Gesù, il Maestro: desidera ascoltarlo, perché quello che Lui dice illumina e riscalda. Il suo insegnamento non ha nulla di astratto, tocca la vita e la libera, la trasforma, la rinnova. Ecco il “fiuto” del popolo di Dio, che non si accontenta del tempio fatto di pietre, ma si raduna attorno alla persona di Gesù. Si intravede in questa pagina il popolo dei credenti di ogni tempo, il popolo santo di Dio, che qui a Malta è numeroso e vivace, fedele nella ricerca del Signore, legato a una fede concreta, vissuta. Vi ringrazio per questo.

Davanti al popolo che accorre a Lui, Gesù non ha fretta: «Sedette – dice il Vangelo – e si mise a insegnare loro» (v. 2). Ma alla scuola di Gesù ci sono dei posti vuoti. Ci sono degli assenti: sono la donna e i suoi accusatori. Non si sono recati come gli altri dal Maestro, e le ragioni della loro assenza sono diverse: scribi e farisei pensano di sapere già tutto, di non aver bisogno dell’insegnamento di Gesù; la donna, invece, è una persona smarrita, finita fuori strada cercando la felicità per vie sbagliate. Assenze dunque dovute a motivazioni differenti, come diverso è l’esito della loro vicenda. Soffermiamoci su questi assenti.

Anzitutto sugli accusatori della donna. In loro vediamo l’immagine di coloro che si vantano di essere giusti, osservanti della legge di Dio, persone a posto e perbene. Non badano ai propri difetti, ma sono attentissimi a scovare quelli degli altri. Così vanno da Gesù: non a cuore aperto per ascoltarlo, ma «per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo» (v. 6). È un intento che fotografa l’interiorità di queste persone colte e religiose, che conoscono le Scritture, frequentano il tempio, ma subordinano tutto ai propri interessi e non combattono contro i pensieri malevoli che si agitano nel loro cuore. Agli occhi della gente sembrano esperti di Dio, ma proprio loro non riconoscono Gesù, anzi lo vedono come un nemico da far fuori. Per farlo, gli mettono davanti una persona, come se fosse una cosa, chiamandola con disprezzo «questa donna» e denunciando pubblicamente il suo adulterio. Premono perché la donna sia lapidata, riversando contro di lei l’avversione che loro hanno per la compassione di Gesù. E fanno tutto questo sotto il manto della loro fama di uomini religiosi.

Fratelli e sorelle, questi personaggi ci dicono che anche nella nostra religiosità possono insinuarsi il tarlo dell’ipocrisia e il vizio di puntare il dito. In ogni tempo, in ogni comunità. C’è sempre il pericolo di fraintendere Gesù, di averne il nome sulle labbra ma di smentirlo nei fatti. E lo si può fare anche innalzando vessilli con la croce. Come verificare allora se siamo discepoli alla scuola del Maestro? Dal nostro sguardo, da come guardiamo al prossimo e da come guardiamo a noi stessi. Questo è il punto per definire la nostra appartenenza.

Da come guardiamo al prossimo: se lo facciamo come Gesù ci mostra oggi, cioè con uno sguardo di misericordia, oppure in modo giudicante, a volte persino sprezzante, come gli accusatori del Vangelo, che si ergono a paladini di Dio ma non si accorgono di calpestare i fratelli. In realtà, chi crede di difendere la fede puntando il dito contro gli altri avrà pure una visione religiosa, ma non sposa lo spirito del Vangelo, perché dimentica la misericordia, che è il cuore di Dio.

Per capire se siamo veri discepoli del Maestro, occorre anche verificare come guardiamo a noi stessi. Gli accusatori della donna sono convinti di non avere nulla da imparare. In effetti il loro apparato esterno è perfetto, ma manca la verità del cuore. Sono il ritratto di quei credenti che, in ogni tempo, fanno della fede un elemento di facciata, dove ciò che risalta è l’esteriorità solenne, ma manca la povertà interiore, che è il tesoro più prezioso dell’uomo. Infatti, per Gesù quello che conta è l’apertura disponibile di chi non si sente arrivato, bensì bisognoso di salvezza. Ci fa bene allora, quando stiamo in preghiera e anche quando partecipiamo a belle funzioni religiose, chiederci se siamo sintonizzati con il Signore. Possiamo chiederlo direttamente a Lui: “Gesù, sono qui con Te, ma Tu che cosa vuoi da me? Cosa vuoi che cambi nel mio cuore, nella mia vita? Come vuoi che veda gli altri?”. Ci farà bene pregare così, perché il Maestro non si accontenta dell’apparenza, ma cerca la verità del cuore. E quando gli apriamo il cuore nella verità, può compiere prodigi in noi.

Lo vediamo nella donna adultera. La sua situazione sembra compromessa, ma ai suoi occhi si apre un orizzonte nuovo, impensabile prima. Ricoperta di insulti, pronta a ricevere parole implacabili e castighi severi, con stupore si vede assolta da Dio, che le spalanca davanti un futuro inatteso: «Nessuno ti ha condannata? – le dice Gesù – Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più» (vv. 10.11). Che differenza tra il Maestro e gli accusatori! Quelli avevano citato la Scrittura per condannare; Gesù, la Parola di Dio in persona, riabilita completamente la donna, restituendole speranza. Da questa vicenda impariamo che ogni osservazione, se non è mossa dalla carità e non contiene carità, affossa ulteriormente chi la riceve. Dio, invece, lascia sempre aperta una possibilità e sa trovare ogni volta vie di liberazione e di salvezza.

La vita di quella donna cambia grazie al perdono. Si sono incontrati la Misericordia e la miseria. Misericordia e miseria sono lì. E la donna cambia. Viene persino da pensare che, perdonata da Gesù, abbia imparato a sua volta a perdonare. Magari avrà visto nei suoi accusatori non più delle persone rigide e malvagie, ma coloro che le hanno permesso di incontrare Gesù. Il Signore desidera che anche noi suoi discepoli, noi come Chiesa, perdonati da Lui, diventiamo testimoni instancabili di riconciliazione: testimoni di un Dio per il quale non esiste la parola “irrecuperabile”; di un Dio che sempre perdona, sempre. Dio sempre perdona. Siamo noi a stancarci di chiedere perdono. Un Dio che continua a credere in noi e dà ogni volta la possibilità di ricominciare. Non c’è peccato o fallimento che, portato a Lui, non possa diventare un’occasione per iniziare una vita nuova, diversa, nel segno della misericordia. Non c’è peccato che non possa andare su questa strada. Dio perdona tutto. Tutto.

Questo è il Signore Gesù. Lo conosce veramente chi fa esperienza del suo perdono. Chi, come la donna del Vangelo, scopre che Dio ci visita attraverso le nostre piaghe interiori. Proprio lì il Signore ama farsi presente, perché è venuto non per i sani ma per i malati (cfr Mt 9,12). E oggi è questa donna, che ha conosciuto la misericordia nella sua miseria e che va nel mondo risanata dal perdono di Gesù, a suggerirci, come Chiesa, di rimetterci da capo alla scuola del Vangelo, alla scuola del Dio della speranza che sempre sorprende. Se lo imitiamo, non saremo portati a concentrarci sulla denuncia dei peccati, ma a metterci con amore alla ricerca dei peccatori. Non staremo a contare i presenti, ma andremo in cerca degli assenti. Non torneremo a puntare il dito, ma inizieremo a porci in ascolto. Non scarteremo i disprezzati, ma guarderemo come primi coloro che sono considerati ultimi. Questo, fratelli e sorelle, ci insegna oggi Gesù con l’esempio. Lasciamoci stupire da Lui e accogliamo con gioia la sua novità.




PREGHIERA AL TERMINE DELL’INCONTRO CON I MIGRANTI

Signore Dio, creatore dell’universo,
sorgente di libertà e di pace,
di amore e di fraternità,
Tu ci hai creato a tua immagine
e hai infuso in tutti noi il tuo soffio vitale,
per farci partecipi del tuo essere in comunione.
Anche quando abbiamo infranto la tua alleanza
Tu non ci hai abbandonato in potere della morte
ma nella tua infinita misericordia
sempre ci hai chiamato a ritornare a Te
e a vivere come tuoi figli.
Infondi in noi il tuo Santo Spirito
e donaci un cuore nuovo,
capace di ascoltare il grido, spesso silenzioso,
dei nostri fratelli e sorelle che hanno perduto
il calore della casa e della patria.
Fa’ che possiamo donare loro speranza
con sguardi e gesti di umanità.
Fa’ di noi strumenti di pace
e di concreto amore fraterno.
Liberaci dalle paure e dai pregiudizi,
per fare nostre le loro sofferenze
e lottare insieme contro l’ingiustizia;
perché cresca un mondo in cui ogni persona
sia rispettata nella sua inviolabile dignità,
quella che Tu, o Padre, hai posto in noi
e il tuo Figlio ha consacrato per sempre.

Amen.



Fonti da : vatican.va
               vaticannews.va

sabato 2 aprile 2022

VIAGGIO APOSTOLICO A MALTA, CERIMONIA DI BENVENUTO E DISCORSO DEL SANTO PADRE


Il programma del Viaggio Apostolico di Papa Francesco, emanato dalla Santa Sede, prevede l’incontro ufficiale a La Valletta con le Autorità ed il Corpo Diplomatico; e poi, avendo come base la sede della Nunziatura a Rabat, prevede un significativo cammino di preghiera verso il Santuario nazionale della Madonna di Ta’ Pinu nell’isola di Gozo, e verso la Grotta di San Paolo a Rabat. 

Per i contenuti dettagliati del programma leggiamo di seguito dalla fonte di Vatican.va

In due giorni, a Malta, il Papa pronuncerà cinque discorsi, a partire da quello sabato mattina al palazzo del Gran Maestro alla Valletta rivolto alle autorità maltesi e al corpo diplomatico, cui seguirà l’incontro di preghiera al Santuario mariano di Ta’Pinu nell’isola di Gozo. Domenica Francesco incontrerà i gesuiti di Malta in un incontro privato e poi pregherà nelle grotte di San Paolo a Rabat. In mattinata la Santa Messa al Piazzale dei Granai a Floriana cui seguirà la recita dell’Angelus e, nel pomeriggio, la visita al centro migranti “Giovanni XXIII Peace Lab”, dove il Pontefice incontrerà circa duecento persone, prevalentemente provenienti dall’Africa.” 


La Cerimonia di benvenuto a Papa Francesco è iniziata con il saluto che il Nunzio Apostolico a Malta e Libia, l’arcivescovo Alessandro D’Errico, è andato personalmente a porgere al Santo Padre alla scaletta dell’aereo appena atterrato a Malta. E’ poi continuata con il saluto del Papa alle Autorità Civili e Religiose giunte per l’accoglienza all’aeroporto. Un lungo corteo di auto tra ali di folle ha accompagnato di seguito la Papamobile al Palazzo presidenziale di La Valletta.



Il discorso di Papa Francesco alle Autorità e al Corpo Diplomatico riuniti nella “Grand Council Chambre” è stato incentrato sulla funzione di Malta come “Cuore del Mediterraneo”; posta al centro geografico di una serie di influssi internazionali di carattere storico, culturali e linguistic, che il Papa ha descritto con l’utilizzo della metafora della rosa dei venti che la cartografia antica del mare nostrum poneva proprio nel luogo di Malta. 

INCONTRO CON LE AUTORITÀ, LA SOCIETÀ CIVILE E IL CORPO DIPLOMATICO

DISCORSO DEL SANTO PADRE

"Grand Council Chamber" del Palazzo del Gran Maestro a La Valletta

Sabato, 2 aprile 2022

Signor Presidente della Repubblica,
Membri del Governo e del Corpo diplomatico,
distinte Autorità religiose e civili,
insigni Rappresentanti della società e del mondo della cultura,
Signore e Signori!

Vi saluto cordialmente e ringrazio il Signor Presidente per le cortesi parole che mi ha rivolto a nome di tutti i cittadini. I vostri antenati diedero ospitalità all’Apostolo Paolo mentre era diretto a Roma, trattando lui e i suoi compagni di viaggio «con rara umanità» (At 28,2); ora, venendo da Roma, sperimento anch’io la calorosa accoglienza dei maltesi, tesoro che nel Paese si tramanda di generazione in generazione.

Per la sua posizione Malta può essere definita il cuore del Mediterraneo. Ma non solo per la posizione: l’intreccio di avvenimenti storici e l’incontro di popolazioni fanno da millenni di queste isole un centro di vitalità e di cultura, di spiritualità e di bellezza, un crocevia che ha saputo accogliere e armonizzare influssi provenienti da molte parti. Questa diversità di influssi fa pensare alla varietà dei venti che caratterizzano il Paese. Non a caso nelle antiche rappresentazioni cartografiche del Mediterraneo la rosa dei venti era spesso collocata vicino all’isola di Malta. Vorrei prendere in prestito proprio l’immagine della rosa dei venti, che posiziona le correnti d’aria in base ai quattro punti cardinali, per delineare quattro influssi essenziali per la vita sociale e politica di questo Paese.

È prevalentemente da nord-ovest che i venti soffiano sulle isole maltesi. Il nord richiama l’Europa, in particolare la casa dell’Unione Europea, edificata perché vi abiti una grande famiglia unita nel custodire la pace. Unità e pace sono i doni che il popolo maltese chiede a Dio ogni volta che intona l’inno nazionale. La preghiera scritta da Dun Karm Psaila recita infatti: «Dona, Dio Onnipotente, saggezza e misericordia a chi governa, salute a chi lavora, e assicura al popolo maltese unità e pace». La pace segue l’unità e sgorga da essa. Ciò richiama l’importanza di lavorare insieme, di anteporre la coesione a ogni divisione, di rinsaldare radici e valori condivisi che hanno forgiato l’unicità della società maltese.

Ma per garantire una buona convivenza sociale, non basta consolidare il senso di appartenenza; occorre rafforzare le fondamenta del vivere comune, che poggia sul diritto e sulla legalità. L’onestà, la giustizia, il senso del dovere e la trasparenza sono pilastri essenziali di una società civilmente progredita. L’impegno a rimuovere l’illegalità e la corruzione sia dunque forte, come il vento che, soffiando da nord, spazza le coste del Paese. E siano sempre coltivate la legalità e la trasparenza, che permettono di sradicare malvivenza e criminalità, accomunate dal fatto di non agire alla luce del sole.

La casa europea, che s’impegna nel promuovere i valori della giustizia e dell’equità sociale, è anche in prima linea per la salvaguardia della più ampia casa del creato. L’ambiente in cui viviamo è un regalo del cielo, come ancora riconosce l’inno nazionale, chiedendo a Dio di guardare la bellezza di questa terra, madre adornata della più alta luce. È vero, a Malta, dove la luminosità del paesaggio allevia le difficoltà, il creato appare come il dono che, fra le prove della storia e della vita, ricorda la bellezza di abitare la terra. Va perciò custodito dall’avidità vorace, dall’ingordigia del denaro e dalla speculazione edilizia, che non compromette solo il paesaggio, ma il futuro. Invece, la tutela dell’ambiente e la giustizia sociale preparano l’avvenire, e sono ottime vie per far appassionare i giovani alla buona politica, sottraendoli alle tentazioni del disinteresse e del disimpegno.

Il vento del nord si mescola spesso con quello che spira da ovest. Questo Paese europeo, in particolare nella sua gioventù, condivide infatti gli stili di vita e di pensiero occidentali. Da ciò derivano grandi beni – penso per esempio ai valori della libertà e della democrazia –, ma anche rischi su cui occorre vigilare, perché la brama del progresso non porti a staccarsi dalle radici. Malta è un meraviglioso “laboratorio di sviluppo organico”, dove progredire non significa tagliare le radici con il passato in nome di una falsa prosperità dettata dal profitto, dai bisogni indotti dal consumismo, oltre che dal diritto di avere qualsiasi diritto. Per uno sviluppo sano, è importante custodire la memoria e tessere con rispetto l’armonia tra le generazioni, senza lasciarsi assorbire da omologazioni artificiali e da colonizzazioni ideologiche, che spesso avvengono, per esempio, nel campo della vita, del principio della vita. Sono colonizzazioni ideologiche che vanno contro il diritto alla vita dal momento del concepimento.

Alla base di una crescita solida c’è la persona umana, il rispetto della vita e della dignità di ogni uomo e di ogni donna. Conosco l’impegno dei maltesi nell’abbracciare e proteggere la vita. Già negli Atti degli Apostoli vi distinguevate per salvare tanta gente. Vi incoraggio a continuare a difendere la vita dall’inizio fino al suo termine naturale, ma anche a custodirla in ogni momento dallo scarto e dalla trascuratezza. Penso specialmente alla dignità dei lavoratori, degli anziani e dei malati. E ai giovani, che rischiano di buttare via il bene immenso che sono, inseguendo miraggi che lasciano dentro tanto vuoto. È quello che provocano il consumismo esasperato, la chiusura alle necessità degli altri e la piaga della droga, che soffoca la libertà creando dipendenza. Proteggiamo la bellezza della vita!

Proseguendo nella rosa dei venti, guardiamo a sud. Da lì giungono tanti fratelli e sorelle in cerca di speranza. Vorrei ringraziare le Autorità e la popolazione per l’accoglienza loro riservata in nome del Vangelo, dell’umanità e del senso di ospitalità tipico dei maltesi. Secondo l’etimologia fenicia, Malta significa “porto sicuro”. Tuttavia, di fronte al crescente afflusso degli ultimi anni, timori e insicurezze hanno generato scoraggiamento e frustrazione. Per ben affrontare la complessa questione migratoria occorre situarla entro prospettive più ampie di tempo e di spazio. Di tempo: il fenomeno migratorio non è una circostanza del momento, ma segna la nostra epoca. Porta con sé i debiti di ingiustizie passate, di tanto sfruttamento, di cambiamenti climatici e di sventurati conflitti di cui si pagano le conseguenze. Dal sud povero e popolato masse di persone si spostano verso il nord più ricco: è un dato di fatto, che non si può respingere con anacronistiche chiusure, perché non vi saranno prosperità e integrazione nell’isolamento. C’è poi da considerare lo spazio: l’allargamento dell’emergenza migratoria – pensiamo ai rifugiati dalla martoriata Ucraina adesso – chiede risposte ampie e condivise. Non possono alcuni Paesi sobbarcarsi l’intero problema nell’indifferenza di altri! E non possono Paesi civili sancire per proprio interesse torbidi accordi con malviventi che schiavizzano le persone. Purtroppo questo succede. Il Mediterraneo ha bisogno di corresponsabilità europea, per diventare nuovamente teatro di solidarietà e non essere l’avamposto di un tragico naufragio di civiltà. Il mare nostrum non può diventare il cimitero più grande dell’Europa.

E a proposito di naufragio, penso a San Paolo, che nel corso della sua ultima traversata nel Mediterraneo giunse su queste coste in modo imprevisto e fu soccorso. Poi, morso da una vipera, fu giudicato un malvivente; poco dopo, invece, venne ritenuto una divinità per non averne subito conseguenze (cfr At 28,3-6). Tra le esagerazioni dei due estremi sfuggiva l’evidenza primaria: Paolo era un uomo, bisognoso di accoglienza. L’umanità viene prima di tutto e premia in tutto: lo insegna questo Paese, la cui storia ha beneficiato del disperato arrivo dell’apostolo naufrago. In nome del Vangelo che egli visse e predicò, allarghiamo il cuore e riscopriamo la bellezza di servire i bisognosi. Continuiamo su questa strada. Mentre oggi, nei confronti di chi attraversa il Mediterraneo in cerca di salvezza, prevalgono il timore e “la narrazione dell’invasione”, e l’obiettivo primario sembra essere la tutela ad ogni costo della propria sicurezza, aiutiamoci a non vedere il migrante come una minaccia e a non cedere alla tentazione di innalzare ponti levatoi e di erigere muri. L’altro non è un virus da cui difendersi, ma una persona da accogliere, e «l’ideale cristiano inviterà sempre a superare il sospetto, la sfiducia permanente, la paura di essere invasi, gli atteggiamenti difensivi che il mondo attuale ci impone» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 88). Non lasciamo che l’indifferenza spenga il sogno di vivere insieme! Certo, accogliere costa fatica e richiede rinunce. Anche per San Paolo fu così: per mettersi in salvo fu prima necessario sacrificare i beni della nave (cfr At 27,38). Ma sono sante le rinunce fatte per un bene più grande, per la vita dell’uomo, che è il tesoro di Dio!

C’è, infine, il vento proveniente da est, che spesso soffia all’aurora. Omero lo chiamava “Euro” (Odissea V,379.423). Ma proprio dall’est Europa, dall’Oriente dove sorge prima la luce, sono giunte le tenebre della guerra. Pensavamo che invasioni di altri Paesi, brutali combattimenti nelle strade e minacce atomiche fossero ricordi oscuri di un passato lontano. Ma il vento gelido della guerra, che porta solo morte, distruzione e odio, si è abbattuto con prepotenza sulla vita di tanti e sulle giornate di tutti. E mentre ancora una volta qualche potente, tristemente rinchiuso nelle anacronistiche pretese di interessi nazionalisti, provoca e fomenta conflitti, la gente comune avverte il bisogno di costruire un futuro che, o sarà insieme, o non sarà. Ora, nella notte della guerra che è calata sull’umanità, per favore, non facciamo svanire il sogno della pace.

Malta, che brilla di luce nel cuore del Mediterraneo, può ispirarci, perché è urgente ridare bellezza al volto dell’uomo, sfigurato dalla guerra. Una bella statua mediterranea risalente a secoli prima di Cristo raffigura la pace, Irene, come una donna che ha in braccio Pluto, la ricchezza. Ricorda che la pace genera benessere e la guerra solo povertà. E fa pensare il fatto che nella statua pace e ricchezza siano raffigurate come una mamma che tiene in braccio un bimbo. La tenerezza delle madri, che danno al mondo la vita, e la presenza delle donne sono l’alternativa vera alla logica scellerata del potere, che porta alla guerra. Di compassione e di cura abbiamo bisogno, non di visioni ideologiche e di populismi, che si nutrono di parole d’odio e non hanno a cuore la vita concreta del popolo, della gente comune.

Più di sessant’anni fa, a un mondo minacciato dalla distruzione, dove a dettare legge erano le contrapposizioni ideologiche e la ferrea logica degli schieramenti, dal bacino mediterraneo si levò una voce controcorrente, che all’esaltazione della propria parte oppose un sussulto profetico in nome della fraternità universale. Era la voce di Giorgio La Pira, che disse: «La congiuntura storica che viviamo, lo scontro di interessi e di ideologie che scuotono l’umanità in preda a un incredibile infantilismo, restituiscono al Mediterraneo una responsabilità capitale: definire di nuovo le norme di una Misura dove l’uomo lasciato al delirio e alla smisuratezza possa riconoscersi» (Intervento al Congresso Mediterraneo della Cultura, 19 febbraio 1960). Sono parole attuali; possiamo ripeterle perché hanno una grande attualità. Quanto ci serve una “misura umana” davanti all’aggressività infantile e distruttiva che ci minaccia, di fronte al rischio di una “guerra fredda allargata” che può soffocare la vita di interi popoli e generazioni! Quell’“infantilismo”, purtroppo, non è sparito. Riemerge prepotentemente nelle seduzioni dell’autocrazia, nei nuovi imperialismi, nell’aggressività diffusa, nell’incapacità di gettare ponti e di partire dai più poveri. Oggi è tanto difficile pensare con la logica della pace. Ci siamo abituati a pensare con la logica della guerra. Da qui comincia a soffiare il vento gelido della guerra, che anche stavolta è stato alimentato negli anni. Sì, la guerra si è preparata da tempo con grandi investimenti e commerci di armi. Ed è triste vedere come l’entusiasmo per la pace, sorto dopo la seconda guerra mondiale, si sia negli ultimi decenni affievolito, così come il cammino della comunità internazionale, con pochi potenti che vanno avanti per conto proprio, alla ricerca di spazi e zone d’influenza. E così non solo la pace, ma tante grandi questioni, come la lotta alla fame e alle disuguaglianze sono state di fatto derubricate dalle principali agende politiche.

Ma la soluzione alle crisi di ciascuno è prendersi cura di quelle di tutti, perché i problemi globali richiedono soluzioni globali. Aiutiamoci ad ascoltare la sete di pace della gente, lavoriamo per porre le basi di un dialogo sempre più allargato, ritorniamo a riunirci in conferenze internazionali per la pace, dove sia centrale il tema del disarmo, con lo sguardo rivolto alle generazioni che verranno! E gli ingenti fondi che continuano a essere destinati agli armamenti siano convertiti allo sviluppo, alla salute e alla nutrizione.

Guardando ancora ad est, vorrei infine rivolgere un pensiero al vicino Medio Oriente, che si riflette nella lingua di questo Paese, la quale si armonizza con altre, quasi a ricordare la capacità dei maltesi di generare benefiche convivenze, in una sorta di convivialità delle differenze. Di questo ha bisogno il Medio Oriente: il Libano, la Siria, lo Yemen e altri contesti dilaniati da problemi e violenza. Malta, cuore del Mediterraneo, continui a far pulsare il battito della speranza, la cura per la vita, l’accoglienza dell’altro, l’anelito di pace, con l’aiuto di Dio, il cui nome è pace.

Dio benedica Malta e Gozo!


Fonte: vatican.va