sabato 7 settembre 2013

Rilettura di una Relazione di Mons. Parolin (nuovo Segretario di Stato) sull'importanza dell'Accordo di Base tra la Santa Sede e la Bosnia ed Erzegovina

Il 31 Agosto 2013 Papa Francesco ha nominato l'Arcivescovo Pietro Parolin Segretario di Stato del Vaticano, dopo aver accettato le dimissioni del Cardinale Tarcisio Bertone. Subito dopo l'annuncio ufficiale, dato dalla Radio Vaticana e dall'Ufficio Stampa della Santa Sede, nel “villaggio globale” della comunicazione è iniziato il tam tam dei media mondiali (giornali, emittenti radiotelevisive, portali e blog della rete, religiosi, laici e vaticanisti) per comunicare e rilanciare la mole ingente e svariata delle impressioni, delle valutazioni e dei significati legati alla nomina e alla personalità (sacerdotale e diplomatica) di Mons. Parolin che finora ha operato come Nunzio Apostolico in Venezuela.
A partire dalle prime informazioni contenute nella breve scheda biografica e nel curriculum vitae, ufficialmente diramate dalle fonti ecclesiastiche della Santa Sede, e dalle prime dichiarazioni personali comunicate dalla sede della Nunziatura di Caracas, si sono fortemente sviluppati un dibattito ed una ricerca tesi ad evidenziare il percorso ministeriale finora realizzato da Mons. Parolin insieme con la complessità delle problematiche che egli andrà ad affrontare nel suo nuovo ruolo.

Appare abbastanza unanime l'impressione positiva suscitata dai “talenti” di Mons. Parolin, nominato nel 2002 Sottosegretario dei Rapporti con gli Stati da Giovanni Paolo II e nel 2009 Nunzio Apostolico da Benedetto XVI, il quale a 58 anni diviene il Segretario di Stato più giovane dai tempi di Papa Pacelli. In primis tra questi talenti viene annotata la spiritualità, vissuta nello stile pastorale propugnato da papa Francesco, che si accompagna alla lunga esperienza diplomatica e alla capacità di dialogo interculturale; e poi l'impegno costante nel lavoro, nella comunicazione e nell'approfondimento sapienziale delle tematiche che riguardano il suo ministero, commisurato con positivi risultati, nell'ottica ecclesiale, ottenuti nel vasto campo della geopolitica e delle relazioni internazionali. I media, e i vaticanisti più accreditati, pongono in risalto le delegazioni e gli interventi svolti, e comunicati in qualificati simposi e conferenze, da mons. Parolin con l'obiettivo di dotare la Chiesa di Roma di opportunità, di procedure e di attività di dialogo con le aree e le culture critiche del pianeta, dall'Africa all'Estremo Oriente e alle Americhe. Gli interventi evidenziati riguardano, ad esempio, i rapporti tra Stato e Chiesa in Cina, i dossier sui rapporti tra Santa Sede e Vietnam, le relazioni giuridiche con Israele.
Per definire ed approfondire meglio ancora l'operatività e lo studio di Mons. Parolin alcune importanti testate e portali di consultazione in rete hanno cominciato anche a pubblicare e a linkare taluni tra i suoi interventi più significativi (Pasqua 2007 in Vietnam, Conferenza Generale AIEA 2006). E così, cercando di leggere in anticipo le caratteristiche che avrà l'opera futura del nuovo Segretario di Stato, gli osservatori hanno prefigurato un modus operandi (cfr. vaticanisider.la stampa.it) che, nel solco della migliore tradizione diplomatica della Chiesa, consentirà alla Santa Sede di “offrire ancora il suo contributo di saggezza e lungimiranza per favorire i cammini della pace”.
La carrellata mediatica degli approfondimenti e delle riflessioni, avviata dalla notizia della nomina e delle scelte operate da Papa Francesco per la Segreteria di Stato, per molti versi appare lunga ed esaustiva nelle inquadrature retrospettive dell'opera internazionale svolta da Mons. Parolin; e tende ad individuare le prospettive e le caratteristiche degli scenari più critici ed impegnativi, in particolare quelli europei e mediorientali riguardanti la coesistenza di confessioni cristiane diverse e i rapporti interreligiosi con l'Islam e l'Ebraismo. Sono scenari che, insieme con quelli delle emergenze delle cosiddette 'periferie povere' del mondo, sono già aperti e si aprono ancora di fronte alla diplomazia vaticana che va a confrontarsi nel dialogo con le diversità economiche, nazionali, religiose ed etniche.

In questo senso un contributo alla focalizzazione di un tratto importante del percorso svolto da Mons. Parolin - “sacerdote e fine diplomatico che si muove nello spirito della conversione pastorale indicato da Papa Francesco ai Nunzi Apostolici di tutto il mondo” (Mons. D'Errico) – può venire anche da questo blog “Chiesa e Diplomazia” che segue le attività del ministero pastorale del Nunzio Apostolico in Croazia.
L'opera ecclesiale e diplomatica di Mons. D'Errico, svolta a livello internazionale e con la titolarità delle Nunziature Apostoliche in Pakistan, in Bosnia-Erzegovina, in Montenegro, e attualmente in Croazia, appare in effetti come un rispecchiamento delle istanze di spiritualità, di dialogo e di pastoralità, legate dal Pontefice alla nomina del nuovo Segretario di Stato; e moltissime sono le espressioni e le simbiosi che si possono cogliere in questo senso. Ne proponiamo una in particolare, rilevabile nel luogo d'incontro sinergico, recente e significativo dal punto di vista spirituale-ecclesiale e dal punto di vista culturale-diplomatico, dell'opera di Mons. D'Errico con l'opera di Mons. Parolin: l'interscambio di un magistero della Diplomazia della Santa Sede e di una comune visione spirituale della Chiesa che si può leggere in una relazione di Parolin pubblicata nel libro “Diplomazia e Servizio Pastorale” stampato nel 2009 con la prefazione del cardinale Vinko Pulic, Arcivescovo di Sarajevo, per celebrare il decennale del Nunzio.

La relazione fu letta nel maggio 2009 alla Conferenza organizzata dall'Ateneo fondato dai Domenicani a Roma (Angelicum - Pontificia Università Teologica “S. Tommaso D'Aquino”) sul tema The Holy See & the States of Post-Communist Europe”. Mons. Parolin sviluppò l'argomento dell'Accordo di Base tra la Santa Sede e la Bosnia-Erzegovina, che era stato sottoscritto da Mons. D'Errico come rappresentante pontificio, ed intitolò il suo intervento: “The Basic Agreement Between the Holy See and Bosnia and Herzegovina, in Relation to the Orthodox and Muslim Communities”.

Con il Nunzio consenziente, proponiamo di seguito il testo della relazione alla lettura integrale in italiano. 


L’Accordo di Base tra la Santa Sede e la Bosnia ed Erzegovina
in rapporto alle Comunità Ortodossa e Musulmana
(Conferenza del Rev.mo Mons. Pietro Parolin,
allora Sotto-Segretario dei Rapporti della Santa Sede con gli Stati,
alla Pontificia Università San Tommaso d’Aquino)
Roma, 27 maggio 2009.

Ringrazio vivamente gli organizzatori per l’invito a partecipare a questo convegno su “The Holy See and the States of Post-Communist Europe.  Key Aspects of their Relations Twenty Years after the Fall of the Berlin Wall” e rivolgo un deferente e cordiale saluto a tutti i partecipanti.
Mi è stato chiesto di intervenire su “The Basic Agreement of the Holy See with Bosnia and Herzegovina, in relation to the Orthodox and Muslim Communities”.
Com’è noto, la Santa Sede stipula Accordi bilaterali con gli Stati per assicurare, a livello di diritto internazionale, un quadro giuridico adeguato per la presenza e le attività delle comunità cattoliche locali. Al riguardo, mi sembra utile aggiungere due osservazioni generali:
1) Ben lungi dall’assistere a quel “tramonto dei concordati” pronosticato da numerose teorie dopo il Concilio Vaticano II, siamo stati testimoni negli ultimi decenni di una “rifioritura dell’attività pattizia” della Santa Sede. Se nel quarantennio che va dal 1950 al 1989 sono stati stipulati 85 Accordi (nelle diverse forme di Concordati, Accordi-quadro, Protocolli, Note reversali, Modus Vivendi, Avenant, ecc.), con una media di 19 Accordi per ogni decade, nella sola ultima decade del secolo, dal ’90 al 2000, se ne registrano quasi una cinquantina e il ritmo è continuato anche nella decade in corso.
2) Inoltre, l’attività pattizia della Santa Sede ha mutato area geografica.  Nel quarantennio che va dal ’50 al 2000, essa ha interessato principalmente l’Europa occidentale (56) e l’America Latina (20), mentre in seguito si è spostata nell’Europa centro-orientale, cioè nei Paesi già facenti parte del blocco socialista.  Ed in effetti, il trapasso dal regime comunista a quello democratico ha richiesto una precisa rifondazione dell’assetto giuridico degli Stati: nuove Costituzioni, nuovi Codici civili, penali, commerciali e processuali, come pure una nuova impostazione dell’atteggiamento verso il fattore religioso e, in particolare, verso le istituzioni e le comunità religiose organizzate. Ciascun ordinamento, quindi, ha cercato di ridefinire i propri rapporti con le confessioni religiose.
In tale orizzonte si colloca “L’Accordo di Base tra la Santa Sede e la Bosnia ed Erzegovina” (firmato il 19 aprile 2006), con il relativo “Protocollo addizionale” (firmato il 29 settembre 2006), entrambi entrati in vigore il 25 ottobre 2007. Quest’Accordo, tenendo conto della composizione multietnica e multireligiosa della Bosnia ed Erzegovina, è importante anche per i rapporti della Chiesa Cattolica con la Comunità ortodossa e con la Comunità musulmana.
Questa relazione si articola in tre parti. Nella prima presento la situazione storica recente delle comunità religiose in Bosnia ed Erzegovina, nel contesto di quella realtà politica e sociale. Nella seconda parte cerco di ripercorrere le fasi più importanti del processo di preparazione, firma, ratifica e applicazione dell’Accordo di Base e del relativo Protocollo Addizionale. Nella terza mi soffermo sul significato dell’Accordo in senso ecumenico e interreligioso.

I
Dal comunismo – attraverso la guerra - verso la democrazia.

In tutti i Paesi dell’Europa a regime comunista, in conseguenza dell’ideologia marxista secondo cui la religione era vista come “affare privato” e – secondo la ben nota espressione – come“oppio del popolo”, era in vigore la prassi della separazione ostile o “separazione ateista” tra Stato e Comunità religiose. Essa ha comportato la più totale emarginazione del fenomeno religioso rispetto alla realtà sociale e quasi la sua riduzione alla clandestinità – dal momento che lo Stato comunista cercava di ridurre ai minimi termini la presenza delle Chiesa perfino nella vita privata dei cittadini – e si è tradotta nel più vistoso tentativo di scristianizzazione compiuto da uno Stato totalitario nell’epoca contemporanea. L’esperienza del separatismo ateista di derivazione sovietica fu esportato ed imposto anche nei Paesi dell’est europeo nel secondo dopoguerra (con la formazione del blocco politico- militare dei cosiddetti Stati socialisti), anche se non con gli stessi caratteri e lo stesso rigore assunti nell’URSS. I regimi ponevano, comunque, molti limiti all’esistenza e alle attività delle Comunità religiose, non raramente anche con persecuzioni e, di conseguenza, anche la libertà religiosa dei singoli cittadini era molto coartata, se non del tutto eliminata. Tale era la situazione anche in Bosnia ed Erzegovina, una delle Repubbliche della ex-Jugoslavia socialista. Soprattutto nei primi decenni dopo la seconda guerra mondiale, il regime era alquanto rigido: molti religiosi e fedeli di tutte le religioni furono perseguitati, incarcerati o uccisi; i beni furono nazionalizzati; le scuole e la stampa gestite dalle Comunità religiose furono proibite, ecc. In una fase successiva, durante l’ultimo decennio del regime comunista, la posizione delle Comunità religiose migliorò un poco, grazie alla “legge sulla posizione giuridica delle comunità religiose” del 1976; tuttavia lo Stato non abbandonò la propria posizione sostanzialmente ostile.
Dopo il periodo comunista, nel 1992, in Bosnia ed Erzegovina sopravvenne purtroppo la triste realtà della guerra fratricida, terminata soltanto alla fine del 1995 con l’Accordo di Pace di Dayton. In questo periodo di scontro, la religione non raramente fu manipolata, e qualche volta anche invocata come mezzo per identificare il nemico. Naturalmente, molte ragioni favorivano simili prese di posizione, e in particolare il fatto che, caduto il regime comunista, quella società si trovò improvvisamente a dover affrontare la guerra, ancor prima di aver potuto organizzarsi con leggi democratiche, e aver risolto almeno alcuni dei problemi più importanti.
Dopo l’Accordo di Dayton emerse una nuova realtà politica, intesa a incamminare la Bosnia ed Erzegovina sulla via della democrazia e del rispetto dei diritti umani. Il Paese voleva chiudere definitivamente con il passato comunista e favorire il ritorno ad una pacifica convivenza tra le componenti etnico-religiose. Evidentemente a livello legale questo era possibile soltanto attraverso un lungo processo legislativo, in grado di dotare il Paese di nuovi strumenti normativi. Perciò non è da meravigliarsi che fino a poco tempo fa fossero ancora in vigore, almeno formalmente, parecchie leggi del vecchio regime.
Questo mutamento di situazione politica, leggi e prassi quotidiana, da una parte, permette l’applicazione dei principi e delle regole di democrazia, e contribuisce alla costruzione dell’armonia sociale; dall’altra, giova molto al processo di integrazione europea della Bosnia ed Erzegovina. Questa è la grande aspirazione di oggi della Bosnia ed Erzegovina, che per la sua storia è sempre appartenuta all’Europa, come peraltro disse il Segretario di Stato, il Cardinale Tarcisio Bertone, in occasione dello scambio degli strumenti di ratifica dell’Accordo di Base tra la Santa Sede e la Bosnia ed Erzegovina.
In questo contesto, l’Accordo assume particolare rilevanza. Esso non solo è importante, ma ha anche un significato “storico” – com’è stato detto da più parti; non solo è un segno ulteriore della particolare sollecitudine della Santa Sede per la Comunità cattolica locale, tanto provata nella sua storia recente, ma evidenzia anche che le Autorità di Bosnia ed Erzegovina vogliono battere una strada “nuova”, secondo principi democratici riconosciuti a livello internazionale; in particolare è la conferma che esse intendono dare la giusta rilevanza al principio della libertà religiosa, per giungere anche per questa via alla tanto desiderata e necessaria armonia sociale nel Paese.

II
Preparazione, firma, ratifica e applicazione
dell’Accordo di Base e del Protocollo Addizionale.

Il riconoscimento dell’indipendenza politica della Bosnia ed Erzegovina da parte della Comunità internazionale avvenne nel 1992. Grazie alla sollecitudine di Giovanni Paolo II, la Santa Sede fu tra i primi a stabilire relazioni diplomatiche con la Bosnia ed Erzegovina, nominando all’inizio un Nunzio Apostolico non residente, per passare successivamente, nel periodo del dopoguerra, alla nomina di un Nunzio residente.
I lavori preparatori sull’Accordo
Poco dopo la prima visita di Giovanni Paolo II in Bosnia ed Erzegovina (del 1997, a Sarajevo), nacque l’idea di un Accordo con la Santa Sede, che potesse offrire un quadro giuridico di base per le attività della Chiesa Cattolica locale.
L’anno 2002 segna una tappa importante. Di comune accordo furono costituite due Commissioni, una ecclesiastica e una governativa, con l’incarico di preparare una bozza di Accordo. La Commissione ecclesiastica era guidata dall’allora Nunzio Apostolico in Bosnia ed Erzegovina, l’Arcivescovo Giuseppe Leanza (ora Nunzio Apostolico in Irlanda); la Commissione governativa era guidata dal Sig. Ivica Mišić, già Vice-Ministro degli Affari Esteri e allora Ambasciatore di Bosnia ed Erzegovina presso la Santa Sede.
Le due Commissioni conclusero i lavori il 18 dicembre 2002, con una proposta che fu presentata alle rispettive autorità competenti. Si sperava di poter firmare l’Accordo sei mesi dopo, in occasione della visita di Giovanni Paolo II a Banja Luka del 23 giugno 2003. Ciò non fu possibile per le perplessità avanzate da alcuni ambienti politici e religiosi. Le difficoltà non riguardavano tanto il contenuto del testo proposto, quanto piuttosto il dubbio che un Accordo con la Santa Sede potesse favorire o privilegiare la Chiesa Cattolica in uno Stato multireligioso e multietnico. Intanto, nel 2003 l’Arcivescovo Santos Abril y Castelló era succeduto all’Arcivescovo Leanza come Nunzio Apostolico in Bosnia ed Erzegovina.
La legge sulla libertà religiosa
Parallelamente all’iter dell’Accordo, presso i competenti Uffici dello Stato era in corso l’elaborazione di una “Legge sulla libertà religiosa e sullo stato giuridico delle Comunità religiose in Bosnia ed Erzegovina”. La circostanza, tenendo conto anche delle già ricordate perplessità, consigliò di rimandare i lavori sull’Accordo con la Santa Sede a un tempo successivo alla promulgazione di tale legge. Essa entrò in vigore a metà marzo del 2004.
La ripresa dei negoziati
Dal marzo 2004 a più riprese e in diversi modi si cercò di rispondere ai dubbi che erano stati sollevati in precedenza circa la opportunità di un Accordo con la Santa Sede. In particolare furono sottolineati seguenti punti:
a) L’Accordo doveva essere visto nell’interesse del Paese, poiché poteva offrire a livello internazionale un’immagine positiva e democratica della Bosnia ed Erzegovina, uscita da una dittatura comunista che ostacolava l’esercizio della libertà religiosa, e da una guerra nella quale anche la diversa appartenenza religiosa non raramente era stata invocata per confrontarsi e combattersi.
b) L’Accordo non si opponeva, ma poteva rappresentare uno sviluppo ed una ulteriore garanzia giuridica rispetto alla legge sulle Comunità religiose, mediante la quale la Bosnia ed Erzegovina si era impegnata a riconoscere e a rispettare la libertà religiosa di ogni singolo cittadino, ed il principio di uguaglianza davanti alla legge delle tre Confessioni religiose costitutive del Paese (Islam, Ortodossia e Cattolicesimo).
c) Neppure il principio di uguaglianza dei tre popoli costitutivi si opponeva all’Accordo, perché esso impone un differenziato trattamento giuridico nel caso di fattispecie giuridiche differenti. L’Autorità alla quale fa capo la Chiesa Cattolica è anche un soggetto di diritto internazionale, cioè la Santa Sede, per cui il rapporto bilaterale si può esprimere anche nella forma di un Accordo internazionale.
d) Tali presupposti, e la necessità di stabilire un quadro giuridico adeguato per il reale esercizio dei diritti dei cittadini nell’ambito religioso, hanno portato parecchi Paesi vicini, nei quali la questione religiosa ora si è normalizzata, a firmare simili Accordi con la Santa Sede.
Fu così costituito un Gruppo di Lavoro governativo, che nel mese di febbraio del 2006 presentò al Consiglio dei Ministri una proposta di Accordo con la Santa Sede, molto simile a quella del 2002.
Il nuovo Nunzio Apostolico, l’Arcivescovo Alessandro D’Errico (nominato alla fine del 2005), in diverse occasioni – sia nei contatti con le più alte autorità, sia in interventi pubblici – insistette su alcuni punti perché si superassero le perplessità che ancora restavano in alcuni ambienti: a) la Santa Sede non chiede privilegi, ma desidera soltanto –  con un trattato internazionale, com’è nella sua tradizione - regolare giuridicamente le attività della Chiesa cattolica; b) inoltre, essa si augura che simili Accordi possano essere firmati presto anche con altre Comunità religiose, nel rispetto dell’uguaglianza dei tre popoli costitutivi, ed anche per favorire la necessaria armonia sociale ed il dialogo ecumenico e interreligioso.
La firma dell’Accordo
Il Consiglio dei Ministri approvò la bozza di Accordo il 21 febbraio 2006; due giorni dopo la stessa bozza, con poche varianti, fu approvata anche nella Presidenza Collegiale.
Per la soluzione delle ultime difficoltà contribuirono molto due altri elementi. Anzitutto l’impegno profuso dal Sig. Ivo Miro Jović nel corso del suo mandato di Presidente di turno della Presidenza Collegiale (otto mesi, fino alla fine di febbraio 2006). Poi, la visita in Vaticano del nuovo Presidente di turno della Presidenza Collegiale, il Sig. Sulejman Tihić, alla fine di marzo 2006: nei suoi incontri con il Santo Padre Benedetto XVI e l’allora Segretario di Stato, Card. Angelo Sodano, si discusse anche dell’Accordo e furono apportati gli ultimi ritocchi.
Inizialmente si pensava ad un testo in quattro versioni autentiche (italiana, croata, bosniaca e serba). Nella fase finale delle trattative però, per evitare in futuro eventuali problemi d’interpretazione, fu accettata la proposta della Santa Sede che il testo autentico dell’Accordo fosse redatto solo in inglese, secondo la possibilità offerta dalla legge della Bosnia ed Erzegovina sulla procedura di stipulazione e di applicazione dei Trattati internazionali.
L’Accordo di Base tra la Santa Sede e la Bosnia ed Erzegovina fu firmato al Palazzo Presidenziale di Sarajevo il 19 aprile 2006, nel primo anniversario dell’elezione del Santo Padre Benedetto XVI al Supremo Pontificato. Erano presenti tutti i membri della Conferenza Episcopale e numerosi rappresentanti dello Stato. Per la Bosnia ed Erzegovina firmò il Sig. Ivo Miro Jović, Membro della Presidenza Collegiale; e per la Santa Sede l’Arcivescovo Alessandro D’Errico, Nunzio Apostolico in Bosnia ed Erzegovina.
La reazione dell’Ufficio dell’Alto rappresentante
Il giorno successivo alla cerimonia della firma dell’Accordo, l’Ufficio dell’Alto rappresentante della Comunità Internazionale in Bosnia ed Erzegovina fece presente una difficoltà, che mai era stata sollevata in precedenza. Cioè, che i dieci anni previsti all’articolo 10 comma 3 dell'Accordo per la restituzione dei beni della Chiesa a suo tempo nazionalizzati, sembravano troppo pochi, perché una tale scadenza avrebbe potuto mettere a rischio il fragile sistema economico del Paese. L’Alto Rappresentante proponeva quindici anni come termine per la futura restituzione, anche perché così era previsto da una Commissione interministeriale che stava prepararando una proposta di legge sulla restituzione.
Il Protocollo Addizionale e la ratifica
Durante l’estate 2006 ci furono intense trattative con l’Ufficio dell’Alto Rappresentante e le più alte Autorità del Paese, al fine di risolvere questa difficoltà. Dopo aver consultato i Vescovi, per evitare l’impressione che la Chiesa Cattolica fosse interessata all’Accordo per questioni materiali, la Santa Sede rinunciò ad ogni termine di scadenza, e si disse disposta a rimandare questo aspetto della questione alla futura legge che dovrà regolare la restituzione di tutti i beni nazionalizzati (e non soltanto quelli della Chiesa Cattolica).
La proposta della Santa Sede fu accettata e si giunse alla firma di un Protocollo Addizionale come parte integrante dell’Accordo di Base. Essa ebbe luogo il 29 settembre 2006 a Sarajevo, nella sede della Nunziatura Apostolica. Anche il Protocollo Addizionale fu firmato dal Sig. Ivo Miro Jović e dal Nunzio Apostolico Arcivescovo Alessandro D’Errico. Tuttavia, in quella circostanza il medesimo Rappresentante Pontificio fu incaricato di comunicare all’Alto Rappresentante e alle Autorità del Paese che il Protocollo Addizionale doveva essere considerato come un gesto di buona volontà da parte della Santa Sede, e che ora essa auspicava vivamente che la legge sulla restituzione potesse essere approvata in tempi brevi.
Dopo il necessario iter parlamentare, nella seduta della Presidenza collegiale svoltasi il 20 agosto 2007 all’unanimità fu presa la deliberazione sulla ratifica dell’Accordo di Base e del Protocollo Addizionale. La solenne cerimonia dello scambio degli strumenti di ratifica ebbe luogo in Vaticano il 25 ottobre 2007, tra il Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone e il Presidente di turno della Presidenza Collegiale Sig. Željko Komšić.
Il contenuto dell’Accordo
L’Accordo di Base con la Bosnia ed Erzegovina è composto da un preambolo e 19 articoli. Come nella maggior parte dei Concordati o di simili Accordi della Santa Sede con gli Stati, nel preambolo si menzionano alcuni principi (e in particolare quello di autonomia ed indipendenza dello Stato e della Chiesa, nonché quello della loro disponibilità alla mutua collaborazione). Poi, nei 19 articoli si regolano la questione della personalità giuridica delle istituzioni ecclesiastiche, il libero esercizio della missione della Chiesa, la libertà di culto, l’inviolabilità del segreto confessionale, la costruzione degli edifici sacri, i giorni non lavorativi per i cattolici, il diritto di acquistare possedere usufruire o alienare beni mobili e immobili, l’organizzazione di strutture cattoliche educative ed assistenziali, l’insegnamento della religione, il diritto ad avere media propri e accesso a quelli pubblici. Secondo il Protocollo Addizionale, la restituzione dei beni a suo tempo nazionalizzati, sarà eseguita in conformità alla legge che regolerà tale materia, anche per ciò che riguarda il periodo della loro restituzione.
La questione dei matrimoni
Le varie bozze conservarono a lungo un articolo che prevedeva gli effetti civili del matrimonio religioso, come di solito avviene in simili Accordi della Santa Sede con gli Stati. Tuttavia, i Vescovi locali chiesero che il matrimonio canonico non avesse effetti civili, in considerazione della complessità multietnica e multireligiosa della Bosnia ed Erzegovina, che consigliava di tener del tutto separati i due fori in materia matrimoniale.
La Commissione Mista per l’applicazione dell’Accordo
Per una serie di circostanze, fino ad oggi (maggio 2009) l’Accordo di Base – nonostante sia entrato in vigore nel 2007 – è rimasto al livello dei principi. Da qualche mese si lavora intensamente per la fase applicativa. L’avvio della fase applicativa fu al centro degli incontri che il Segretario per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati, l’Arcivescovo Dominique Mamberti, ebbe a Sarajevo durante la sua visita Ufficiale di un anno fa (26 - 29 aprile 2008). In particolare, egli propose che si formasse al più presto la Commissione Mista prevista dall’Accordo di Base e dal Protocollo Addizionale. La proposta fu ben accolta dalle Autorità di Sarajevo, e il 29 luglio 2008 fu annunciata la formazione della Commissione Mista.
Essa è composta da dieci membri, con cinque rappresentanti per ciascuna delle due parti. Il Ministro per i Diritti umani e i Rifugiati, Sig. Safet Halilović è Co-Presidente per la parte statale (gli altri quattro membri della Bosnia ed Erzegovina sono: il Ministro degli Affari Esteri, Sig. Sven Alkalaj; il Ministro degli Affari Civili, Sig. Sredoje Nović; il Ministro della Giustizia, Sig. Bariša Čolak; il Vice-Ministro delle Finanze, Sig. Fuad Kasumović). Per la Santa Sede il Co-Presidente è il Nunzio Apostolico, Arcivescovo Alessandro D’Errico (gli altri membri sono: il Vescovo Ausiliare di Sarajevo, Mons. Pero Sudar; il Segretario della Nunziatura Apostolica, Mons. Waldemar Stanisław Sommertag; il Ministro Provinciale dei Francescani di Erzegovina, Fra’ Ivan Sesar; il Prof. Don Tomo Vukšić).
La prima riunione della Commissione ebbe luogo il 17 dicembre 2008. Sin ad oggi si sono avute tre riunioni; ne sono previste dieci per quest’anno. La Commissione ha un mandato di due anni (fino al mese di settembre del 2010). E’ stato concordato di lavorare in tre aree: la prima riguarda le leggi applicative dell’Accordo; la seconda si riferisce alla preparazione degli Accordi complementari previsti dall’Accordo di Base; la terza concerne la legge sulla restituzione dei beni a suo tempo nazionalizzati, per ciò che è di competenza della Commissione (secondo quanto è stabilito dal Protocollo Addizionale).
III
Contributo dell’Accordo di Base
al dialogo ecumenico e interreligioso

Vorrei ora accennare all’importanza dell’Accordo in rapporto alla Comunità ortodossa e a quella musulmana, nel contesto multietnico e multiconfessionale del Paese.

Secondo le stime dell’Agenzia per la Statistica di Bosnia ed Erzegovina, oggi il Paese conta circa 3.843.000 abitanti, di cui il 13% sono cattolici. Certamente è un Paese piccolo dal punto di vista statistico. Tuttavia, tenendo conto della sua posizione geografica e della secolare composizione multietnica e multiconfessionale della popolazione, non c’è dubbio che si tratta di un Paese di notevole importanza, al quale – come disse il Card. Bertone nel discorso summenzionato – “la Santa Sede guarda con privilegiata attenzione”. In esso tradizionalmente convivono tre popoli costitutivi: i croati, i serbi e i bosniaci. I croati per lo più sono cattolici, i serbi sono ortodossi e i bosniaci sono musulmani. Così la linea che definisce l’appartenenza ad una Comunità etnica, quasi regolarmente coincide anche con quella che riguarda la fede religiosa. In questo Paese dunque s’incontrano, s’incrociano e convivono tre popoli diversi e tre religioni differenti. I loro appartenenti sono sparsi e spesso mescolati nei villaggi e nelle città, anche se non dappertutto in misura eguale.
Vorrei pure sottolineare che storicamente in Bosnia ed Erzegovina da secoli coesistono anche tre culture e civilizzazioni diverse: quella mediterranea e mittleuropea dei cattolici, quella ottomana dei musulmani e  quella orientale-bizantina degli ortodossi. E come accade un po’ dappertutto dove si vive una vicinanza duratura di elementi culturali diversi, anche in Bosnia ed Erzegovina è nato un novum culturale: una società in cui – come scrisse uno scrittore di prestigio (Miroslav Krleža) – “si sono mescolati vino latino e olio bizantino”.
Questa convivenza di elementi diversi non sempre è stata felice, e talvolta ha portato ad aspri confronti e tensioni, come in epoca recente, quando la guerra fratricida causò tanta distruzione e tanta sofferenza. Ora, a quasi 14 anni dall’Accordo di Pace di Dayton, resta ancora parecchio da fare, in termini di ricostruzione materiale e morale. Dal nostro punto di vista sembra necessario pensare ancor più e ancor meglio a come costruire una pace “giusta” e una piena armonia sociale: una pace che garantisca ai singoli e ai popoli costitutivi di esprimersi, rapportarsi, e avere un ruolo nel Paese al meglio delle loro possibilità. Per giungere a ciò, pare necessario un rinnovato dinamismo di riconciliazione tra tutte le parti sociali (politiche, etniche e religiose). C’è da lavorare con fiducia e rinnovata speranza, per un dialogo positivo e costruttivo, specialmente oggi, quando sono in discussione questioni urgenti per il presente e il futuro del Paese.
In questa prospettiva, mi sembra importante il fatto che anche la Chiesa ortodossa autocefala serba qualche mese fa abbia stipulato con la Bosnia ed Erzegovina un Accordo per la Comunità ortodossa presente nel Paese, molto simile all’Accordo con la Santa Sede. Anzi, non è un mistero che l’Accordo con la Chiesa ortodossa si ispira in moltissimi punti ad esso e si è generalmente d’accordo nel dire che il nostro Accordo è servito da modello per la Chiesa Ortodossa, nella sua ricerca di un quadro giuridico adeguato in Bosnia ed Erzegovina.
Ma non c’è solo questo! Quando si era giunti (nel 2007) alla decisione presidenziale per la firma di questo Accordo con la Chiesa ortodossa, le cose si complicarono per l’articolo che riguarda l’insegnamento della religione nelle scuole. Il Sig. Komšić, Membro della Presidenza Collegiale, all’inizio votò contro quest’Accordo, già controfirmato dal Patriarca di Belgrado, proprio a motivo della formulazione riguardante l’insegnamento della religione ortodossa nelle scuole. Ebbene, su richiesta delle Autorità ortodosse, fu proprio il Nunzio Apostolico ad  adoperarsi presso il Sig. Komšić per la soluzione della difficoltà. Questi si disse disposto a cambiare il suo voto se l’articolo controverso avesse riportato esattamente (e senza le aggiunte che si erano sovrapposte) la formulazione dell’Accordo con la Santa Sede. Così la questione fu risolta e si giunse alla firma dell’Accordo con la Chiesa ortodossa. Ovviamente ne siamo felici, perché lo spirito di dialogo ha portato buon frutto; e siamo fiduciosi che anche questo gioverà alla crescita della fiducia reciproca e alla collaborazione tra le due Comunità.
Per quanto concerne la Comunità islamica di Bosnia ed Erzegovina, alla fine del processo di elaborazione dell’Accordo di Base essa non era contraria alla sua stipulazione. Tuttavia non pensava a un simile Accordo con lo Stato, perché riteneva sufficiente la legge sulla libertà religiosa e sullo stato giuridico delle Comunità religiose, che ho sopra menzionato. Da qualche tempo però, anche la Comunità islamica si è dichiarata interessata a un simile Accordo con lo Stato, per meglio definire il quadro giuridico delle sue attività. E se l’Accordo con la Santa Sede potrà servire da modello, di certo la Comunità cattolica ne sarà ben contenta.
Devo anche far menzione di un’altra questione, che spesso viene sollevata; e cioè, quella che riguarda il livello di simili Accordi tra lo Stato e le altre Comunità religiose. Certamente non si può trascurare la differenza che viene dal fatto che solo nel nostro Accordo ci sono due soggetti di diritto internazionale (la Bosnia ed Erzegovina e la Santa Sede). Noi abbiamo detto e ripetiamo il nostro vivo desiderio che anche le altre Comunità religiose possano vedere ben definito il quadro giuridico della loro presenza nel Paese. Il resto non dipende da noi. Intanto però vorrei far notare che, per il principio di eguaglianza dei tre popoli costitutivi, proprio dalla dimensione internazionale dell’Accordo di Base con la Santa Sede vengono comunque ulteriori garanzie per tutte le Comunità religiose nel Paese, ed anche per gli Accordi che saranno stipulati con esse, perché comunque anche questi saranno connessi con il nostro Accordo.  
Consentitemi di aggiungere ancora un elemento significativo per la prospettiva ecumenica e interreligiosa. Dopo qualche perplessità iniziale (che ho menzionato nella seconda parte di questa Relazione), la stipulazione dell’Accordo di Base tra la Bosnia ed Erzegovina e la Santa Sede è stata appoggiata da tutte le Comunità religiose e da tutti i partiti politici. Così esso è stato sempre votato all’unanimità in tutte le istanze del suo iter procedurale - al Consiglio dei Ministri, alla Camera dei Rappresentanti (Camera bassa), alla Camera dei Popoli (Camera alta) e alla Presidenza collegiale. Qualcuno ha detto e scritto che l’Accordo di Base costituisce un felice esempio della possibilità di dialogo e di collaborazione in Bosnia ed Erzegovina. Il nostro augurio è che questo esempio rafforzi la convinzione che è possibile anche oggi – come in passato – una collaborazione costruttiva in Bosnia ed Erzegovina, pur nella differenziazione multietnica e multireligiosa che caratterizza il Paese, e pur tra le ferite che ancora sussistono per la guerra recente.
Per ciò che la Chiesa cattolica e la Santa Sede hanno contribuito per il consolidamento dell’armonia sociale attraverso l’Accordo di Base, siamo grati alla Provvidenza di Dio. Ma non ne facciamo un vanto, perché anche nelle nostre attività a livello internazionale abbiamo sempre presente l’insegnamento del Divin Maestro, che ci ha chiesto di ripetere incessantemente: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare” (Lc. 17,10).


domenica 1 settembre 2013

18 – 28 Agosto 2013: Cronaca di un pellegrinaggio in Croazia

Il Pellegrinaggio. Di padre Placido Mario Tropeano, monaco benedettino archivista di Montevergine redattore dei poderosi volumi del Codice Diplomatico Verginiano, recentemente scomparso, sono tributario di una visione teologica del pellegrinaggio cristiano che unisce il cammino verso la meta religiosa con l'ascesi interiore. Le tappe e le mete del cammino fisico esteriore coincidono con le tappe e le mete dell'esperienza mistica interiore. Uomo – Angelo – Dio: secondo la visione del monaco, elaborata attraverso lo studio dei documenti medievali, è un trinomio che rappresenta sia la meta sacra all'orizzonte del cammino del pellegrino, sia le tappe spirituali progressive dell'esperienza personale di Dio. Il pellegrino che si reca al santuario dedicato ad un Santo vive l'esperienza religiosa interiore dell'Uomo, della conoscenza di sé e della manifestazione della sua personale devozione per l'exemplum del santo amico di Dio; il pellegrino che si reca ad un santuario mariano oppure al luogo sacro di una Apparizione vive l'esperienza interiore dell'Angelo, ovvero di perfezionamento spirituale personale e di accoglienza del mistero divino; il pellegrino che si reca nei Luoghi Santi dedicati al passaggio e alla presenza del Signore vive l'esperienza interiore della contemplazione e del mistero di Dio.
A questo trittico esplicativo della spiritualità del pellegrinaggio, mutuato dalla visione di dom. Placido, io aggiungo anche la Chiesa, intesa come ambito comunitario e meta implicitamente sempre presente sul cammino esteriore ed interiore di ogni pellegrinaggio cristiano.

L'accoglienza in Nunziatura. Nei giorni dal 18 al 28 Agosto scorso, insieme con Antonietta mia moglie e con Anna sorella del Nunzio Apostolico in Croazia, guidando una Fiat-Panda, ho percorso un itinerario di oltre 2000 chilometri tra Italia e Croazia con la motivazione esplicita di vivere un'esperienza di cammino turistico-religioso e di incontro amicale ed ecclesiale con il Nunzio Apostolico a Zagabria. Il primo giorno abbiamo avuto come meta il Santuario di Sant'Antonio di Padova, raggiunta e vissuta nell'eperienza spirituale del pellegrinaggio verso l'Uomo. Il giorno dopo sono stati l'incontro e l'accoglienza, predisposta per noi ospiti dalla Nunziatura Apostolica, a darci il senso della Chiesa che sottende ed arricchisce di significati ulteriori il 'trittico teologico' del pellegrinaggio descritto dal monaco verginiano.
Alla frontiera croata con la Slovenia ci è venuto incontro padre Ivica Hadaš s.j., accompagnatore ed interprete di S. E. Alessandro D'Errico, il quale ci ha preceduto con l'auto della Nunziatura per le strade di Zagabria, offrendoci l'opportunità di ammirare scorci urbani e bellezze architettoniche della città. L'accoglienza del Nunzio che ci attendeva all'ingresso della Nunziatura insieme con le Suore della Carità collaboratrici, Vinka Stella e Anka, è stata lieta ed entusiastica. Il clima è stato subito quello della piccola comunità ecclesiale, formatasi intorno al Vescovo rappresentante del Papa in Croazia, e che ha condiviso per qualche giorno i momenti di preghiera e di agape fraterna: una sorprendente esperienza di Chiesa offerta al nostro pellegrinaggio. Il Nunzio ha continuato il lavoro del suo ministero, e con la guida esperta e spiritualmente partecipe di padre Ivica abbiamo avuto occasione di visitare luoghi significativi della cultura e della religiosità di Croazia.

Luoghi di Zagabria. Dopo la prima serata trascorsa al chiar di luna in escursione montana all'antica fortezza di Medvedgrad, a Zagabria girata in lungo ed il largo, in compagnia anche di suor Niceta proveniente dalla Nunziatura di Sarajevo, pellegrini verso l'Uomo, abbiamo devotamente sostato in Cattedrale dinanzi alla tomba del cardinale Aloisio Stepinac, beatificato da Giovanni Paolo II per l'estrema testimonianza della fede e la difesa del cattolicesimo durante il regime di Tito. Abbiamo percepito nei vari luoghi della capitale croata le espressioni particolari dell'incontro tra la forte e tradizionale religiosità cattolica dei Croati, entusiasticamente vissuta durante la visita di Benedetto XVI in Croazia, e le manifestazioni laiche e secolarizzate della società civile; lungo il cammino che conduce alla storica Porta di Pietra, vero e proprio santuario mariano della città (meta dell'Angelo), alla Piazza alta del Parlamento e della Chiesa con i tetti stemmati di San Marco, alla discesa in funicolare verso le Piazze monumentali e le vie della città dedicate al passeggio, alla movida e allo shopping, ricche ancora dei segni della festa per l'entrata recente della Croazia nell'UE.

Le escursioni. Le escursioni nei dintorni di Zagabria, nella regione dello Zagorje Croato, ci hanno portato al pellegrinaggio al Santuario mariano nazionale di Marija Bistrica, meta (dell'Angelo) di grande devozione raggiunta anche da molti pellegrini sloveni polacchi ed ungheresi. Lungo la strada per il santuario la visita si è estesa al Parco paleontologico con il Museo dell'evoluzione di Krapina e poi all'alto e turrito Castello medievale di Trakoscan la cui mole si rispecchia con il folto bosco circostante nelle acque placide di un bel lago di montagna. Altri luoghi visitati sono stati il Cimitero monumentale Mirogoj di Zagabria, ove è eretto il grande mausoleo in onore del Presidente Tudjman e ove si conservano molte ed importanti memorie patrie; la Casa dei Gesuiti con le annesse varie iniziative religiose, culturali e formative; il Parco pubblico fluviale della Sava dedicato al tempo libero e a varie attività sportive; il borgo di Samobor famoso per i vari ritrovi e per lo storico complesso conventuale dei francescani.

Verso l'Istria. Insieme con il Nunzio, che ha voluto concedersi una breve pausa in un luogo di mare in vista della celebrazione del suo onomastico il 26 Agosto (Sant'Alessandro martire), ci siamo poi recati, seguendo l'auto della Nunziatura guidata da p. Ivica, per qualche giorno in Istria ospiti della Pensione Emmaus di Novigrad diretta impeccabilmente dal signor Ennio e gestita dalla Diocesi di Porec e Pula. Erano circa vent'anni anni che a Monsignore, costantemente impegnato nell'ufficio pastorale, mancavano una nuotata ed un poco di sole a mare. Per 3 o 4 giorni, pur continuando egli a mantenere i contatti del suo lavoro ecclesiale, si è potuto vivere con lui momenti importanti in amicizia e semplicità, alternando le ore a mare con la visita turistica e con il pellegrinaggio ai luoghi sacri della Diocesi.

La Basilica Eufrasiana. Molto belle sono state le esperienze della visita religiosa; a partire dal percorso ammirato dentro ed intorno alla Basilica Eufrasiana, dedicata al martire San Mauro e sede del Vescovo di Porec fin dai tempi della persecuzione di Diocleziano. La visita guidata da don Sergio, Cancelliere della Diocesi, per l'area archeologica basilicale riconosciuta dall'UNESCO, ci ha portato alla scoperta e all'ammirazione di un patrimonio unico e di valori molteplici per la religiosità, la storia e l'arte. Abbiamo potuto verificare l'importanza e la bellezza delle memorie agiografiche dei santi e dei vescovi, delle espressioni legate ai mosaici bizantini, dell'architettura della Basilica eretta dal Vescovo Eufrasio, e delle opere d'arte sacra raccolte per la valorizzazione museale: un patrimonio che ci rimanda i simboli complessi e le testimonianze dei secoli del cristianesimo che fin dalle sue origini è vissuto con manifestazioni di fede incrollabile e persistente in questa terra.

Novigrad e Dajla. Interessante è stata anche la visita serale alle vie e alle chiese di Novigrad, città antica di pescatori, oggi efficacemente aperta all'ospitalità e al turismo giovanile e familiare nel mantenimento delle tradizioni popolari e nella valorizzazione di un clima di semplicità e di religiosità legata alla festa patronale estiva di San Pelagio. Nel territorio di Novigrad rientra anche il complesso di Dajla con i suoi tenimenti agricoli: un antica abbadia benedettina, da noi visitata in una mattinata, che si affaccia sull'Adriatico e che ha avuto le sorti legate alle vicende storiche che portarono nel passato regime all'incameramento dei beni ecclesiastici da parte dello Stato, e che figurano oggi nel nuovo rapporto tra Stato e Chiesa un suo ritorno alle funzioni religiose ed ecclesiali.

Sant'Eufemia e Rovigno. Altra esperienza della visita che ha assunto un forte significato religioso e di pellegrinaggio devoto è stato il cammino per la città di Rovigno, località veramente incantevole dell'Istria ricca di scorci paesaggistici, che s'inerpica tra le strette e vivaci vie fino al luogo più alto della città costituito dal Santuario di Sant'Eufemia.
Alla nobile e giovane di Calcedonia, martire nel 304 durante la persecuzione di Diocleziano, è dedicata la chiesa solenne che custodisce nell'abside il monumentale sepolcro di pietra ove riposa il corpo della Santa. La presenza del Nunzio Apostolico pellegrino al Santuario non è passata inosservata, ed essenziale per la conoscenza della devozione locale e dei rifermenti agiografici rovignesi è stata la presentazione del giovane custode Antonio che si è offerto per la guida nella chiesa e per l'apertura della finestrella che permette la visione del corpo di Sant'Eufemia. Il mondo è piccolo, dice un detto popolare, è ciò è stato vero anche nel Santuario di Rovigno: alla visita ascoltata in lingua italiana si sono aggiunti altri pellegrini provenienti dalla stessa nostra Diocesi di Aversa e da paesi vicini alla nostra Frattamaggiore. Si è potuto condividere con Antonio le conoscenze di una comune devozione alla Santa presente anche nella nostra terra. Sant'Eufemia è molto venerata nell'area frattese, essendo Patrona della parrocchiale della frazione di Carditello, e soprattutto per il poema agiografico scritto in suo onore alla fine del '700 dal frattese Michelangelo Lupoli, che fu vescovo di Irsina (Montepeloso), luogo ove si venera una reliquia della Santa, e che fu in contatto con i Bollandisti proprio per la redazione degli Acta di Eufemia. Il volto incerato della Santa, osservato nel sepolcro di Rovigno, è sorprendentemente somigliante con quello effigiato in una lunetta affrescata a cura della famiglia del vescovo Lupoli nella chiesa di Sant'Antonio di Frattamaggiore. Mons. D'Errico ha colto tutti questi aspetti storici ed agiografici e dopo una catechesi rivolta ai numerosi presenti ha formulato una bella preghiera dinanzi alla reliquia di Sant'Eufemia.

L'onomastico del Nunzio. L'esperienza comunitaria ed ecclesiale (il pellegrinaggio verso la Chiesa) ha avuto un momento culminante nel giorno di Sant'Alessandro, dedicato alla celebrazione dell'onomastico del Nunzio Apostolico in Croazia. Una bella sorpresa ha allietato la serata trascorsa nella letizia e nell'agape fraterna nella sala della Pensione Emmaus. Poco dopo la celebrazione eucaristica nella cappella della Pensione ove mons. D'Errico ha ricevuto i nostri auguri ed ha svolto una catechesi sul Santo e sull'amicizia con Dio, si sono uniti alla cena anche mons. Dražen Kutleša vescovo di Porec, don Sergio cancelliere diocesano, don Luca parroco di Novigrad, don Ivan giovane prelato diocesano impegnato nella Congregazione dei Vescovi a Roma, e mons. Želimir Puljić arcivescovo di Zara e Presidente della Conferenza Episcopale Croata.


Il ritorno. Il viaggio di ritorno in Italia è continuato lungo il percorso del pellegrinaggio che ha motivato il nostro viaggio in Croazia. La sera del giorno dedicato a Santa Monica l'abbiamo trascorsa a Pesaro raggiunta dopo un pomeriggio di acquazzoni e attraversando il centro di rutilanti arcobaleni. Il giorno dedicato al Santo Vescovo Agostino, dopo la visita alla Cattedrale pesarese di San Terenzio, lo abbiamo trascorso in viaggio verso casa, con le soste devote del mezzogiorno al Santuario mariano di Loreto e del pomeriggio alla Porziuncola di Assisi raggiunta attraverso la via per l'Umbria che passa per il Santuario agostiniano di San Nicola da Tolentino.

sabato 17 agosto 2013

Celebrazione dell'Assunta con i Francescani a Samobor

Al giorno della celebrazione dell'Assunta, il 15 Agosto, si legano da sempre molteplici esperienze religiose ed antropologiche. Nel giorno di mezza estate dedicato a Maria e al dogma della sua assunzione in cielo, si vive il senso profondo di istanze fondamentali della speranza e della fede cristiana. Maria assurge a modello esemplare della gloria che Dio onnipotente riserva alla creatura che testimonia con la propria vita personale, e nell'esperienza comunitaria ed ecclesiale, l'accoglienza della Parola del Signore e vi aderisce incondizionatamente. Lo stesso giorno si celebra anche il Ferragosto, evento ricco di manifestazioni legate alle vacanze, alle tradizioni festaiole e popolari, alle immancabili escursioni turistiche 'fuori porta' verso luoghi di sicura amenità, siano esse ambientali e panoramiche o artistiche e culturali.
La chiesa francescana di Samobor, ad una mezzora d'auto da Zagabria, è dedicata alla Vergine Maria e costituisce un luogo spirituale ove la festa dell'Assunta viene vissuta sia nel pieno dei suoi significati religiosi e sia nelle suggestioni dello scenario antropologico e culturale. La devozione francescana per la Vergine è forte e risaputa ed è spiritualmente rappresentata nella solennità liturgica. La chiesa è anche un luogo d'arte, un gioiello barocco che è meta del turismo culturale croato. L'invito fatto dai frati al Nunzio Apostolico, per la celebrazione della Santa Messa dell'Assunta nella loro chiesa di Samobor, ha trovato una rispondenza stimolante da parte del rappresentante pontificio che ha esplicitato, con le sue parole rivolte ai frati di San Francesco e all'assemblea ecclesiale, le molteplici dimensioni della festa religiosa.
La celebrazione è stata principalmente commentata dall'agenzia informativa cattolica (IKA). Dalla Radio locale di Samobor è stata annunciata con un certo anticipo ed è stata poi commentata sul suo portale in rete ed arricchita con una bella galleria fotografica che ha ritratto i vari momenti della celebrazione e gli incontri realizzati con la comunità ecclesiale.

Una sintesi del discorso pronunciato dal vescovo Alessandro la possiamo ricavare dalla traduzione ad sensum del commento postato da IKA sul suo portale. 

2013/08/16 | IKA F – 26785 
Il Nunzio Apostolico celebra la Festa dell'Assunta nella chiesa francescana di S. Maria Assunta a Samobor

Samobor, (IKA) - "In tutto questo tempo del mio servizio in Croazia molte volte ho sentito parlare della città di Samobor, del suo centro storico, di questa bella e antica chiesa dedicata alla Vergine Maria. Così ho accettato volentieri l'invito, e sono felice ora di trovarmi in questa vivace comunità di credenti, e proprio oggi in occasione della festa dell'Assunzione di Maria al cielo. A tutti voi voglio trasmettere la particolare benedizione del Santo Padre, ed esprimere il suo desiderio di vedere continuare a brillare questa celebrazione mariana perchè porti molto frutto a ciascuno di voi e alle vostre famiglie, a questa comunità di francescani e a tutto il popolo croato, soprattutto in questo Anno della fede. Vogliamo affidare a Maria, Madre di Gesù e Madre nostra, i nostri progetti e le nostre difficoltà, la nostra gioia e la nostra speranza. Soprattutto a lei affidiamo i programmi della comunità francescana, perché ogni giorno sia in crescita nel carisma francescano, e per intercessione della Beata Vergine Maria noi possiamo tornare alle nostre case in pace e con la gioia nel cuore, nello spirito del motto francescano: Pace e Bene. Preghiamo San Francesco affinché accompagni con speciale amore questa comunità"
Con queste parole, il nunzio apostolico Alessandro D'Errico ha risposto al saluto di p. Krnoslava, Guardiano della fraternità di Samobor, all'inizio della Santa Messa nella antica chiesa francescana di S. Maria Assunta a Samobor, dove i fedeli celebrano da quasi 300 anni la festa di Maria. Una moltitudine di credenti nella chiesa, di fronte alla chiesa e nei spaziosi corridoi del convento, ha amorevolmente e rispettosamente salutato il nunzio apostolico e di fronte a lui ha mostrato l'amore e il rispetto per il Papa Francesco che egli rappresenta.
Nella sua omelia, don Nicola Vukoya ha presentato brevemente il contenuto di base della celebrazione, basandosi sulla Costituzione Apostolica Munificentissimus Deus di Papa Pio XII. Con una solenne preghiera di apertura, e poi con un breve riferimento al testo evangelico egli ha osservato che la vita di tutti i giorni è una celebrazione del mistero della solennità di oggi.

Alla fine della Messa, con parole di elogio per il Guardiano P. Krnoslava, Mons. D'Errico ha detto: "Ho bisogno di ringraziare lei e la vostra comunità che è qui da secoli in questo santuario, e voi tutti che siete venuti oggi a questo santuario mariano. Avete dato un esempio di fede sincera e di semplice amore per Maria, per Gesù e per la Chiesa. Questo santuario è un luogo educativo e di vacanze per i postulanti di questa Provincia che spera di divenire francescani. Prego quindi che siano sempre pronti alla sequela con le loro preghiere. Mi ha impressionato la forte spiritualità e la gioiosa partecipazione a questa celebrazione. Voglio ringraziare il coro e l'orchestra che con tanta gioia hanno allietato nostra celebrazione. Grazie e arrivederci. Mi auguro che ci si possa ancora vedere e lodare il Signore insieme".
Nella sala da pranzo francescana, dove sedevano a tavola sacerdoti, religiosi e fedeli laici, il Nunzio Apostolico ha espresso la sua gioia nel vedere insieme i vari membri della Chiesa, pronti per la generosa collaborazione nella nuova evangelizzazione. Ha esortato tutti a prendere a cuore le parole che Papa Francesco instancabilmente ripete quando invita tutti i ministri della Chiesa, e tutti i cristiani, a non aspettare ma ad andare incontro agli altri, ad essere aperti e onesti, capaci di dialogo e di nuova evangelizzazione.


mercoledì 7 agosto 2013

Sulla 'questione cattolica' di Bosnia-Erzegovina

In svariati post (raggiungibili dal sommario e/o attraverso l'inserimento nella ricerca interna delle voci: Croati di BiH e Cattolici di BiH) di questo blog che segue da oltre un anno le attività pastorali del Nunzio Apostolico Mons. D'Errico, si possono leggere i tratti fondamentali che caratterizzano la 'questione cattolica' in Bosnia-Erzegovina. Sono tratti delineati nei discorsi e nelle analisi storiche ed ecclesiastiche che lo stesso Nunzio ha sviluppato, nell'ultimo decennio, in varie circostanze con l'operato diplomatico, con il dialogo con le istituzioni civili, con i contributi dati alla comunicazione sociale, e con la sinergia del suo lavoro apostolico svolto in rappresentanza della Santa Sede e in collaborazione con le Conferenze Episcopali di Bosnia-Erzegovina e di Croazia.
Nunzio di 'frontiera' in Pakistan ai tempi di Giovanni Paolo II che aveva particolarmente a cuore la sorte della Chiesa in BiH, Mons. D'Errico nell'anno della dipartita del papa beato fu scelto da Benedetto XVI per essere suo rappresentante nella complessa situazione politica e religiosa della Bosnia-Erzegovina. Nello spirito missionario e nel dialogo interreligioso il vescovo Alessandro ha operato in un luogo multietnico e multireligioso, con componenti musulmane, ortodosse, e con altre minoranze e confessioni, ove il cattolicesimo, pur vissuto nella testimonianza eroica, va registrando dalla conclusione della guerra nei Balcani il sistematico calo del numero dei fedeli (da 800.000 del 1991 ai 440.000 del 2013), e vive le dinamiche di comunità dislocate, profughe, ed impegnate in difficili problematiche d'integrazione. Nel lungo periodo della Nunziatura a Sarajevo (2005-2012) Mons. D'Errico ha avuto modo di individuare le criticità e le particolarità del cattolicesimo locale ed ha praticato vie, contatti, metodologie ed azioni tese a qualificare la testimonianza della Chiesa e a risolverne le problematiche contingenti. Sono noti il grande spirito di collaborazione e di amicizia che lo hanno legato al Cardinale Vinko Pulijc, arcivescovo di Sarajevo, e agli altri Vescovi della CEBiH; sono noti i prestigiosi riconoscimenti ricevuti a livello nazionale ed internazionale per il suo lavoro diplomatico e pastorale (Golden Chart, Premio Bonifacio VIII, Libro In honorem...). L'incarico aggiuntivo di Rappresentante della Santa Sede in Montenegro, ed il suo passaggio alla Nunziatura di Zagabria nel Giugno 2012, sono leggibili nell'importanza che hanno in se come compiti specifici del Nunzio D'Errico e della Diplomazia Vaticana in quelle Nazioni, ma anche come espressioni che contengono estensioni ed istanze valorizzatrici del lavoro svolto a Sarajevo e delle aspettative della Chiesa di Bosnia-Erzegovina che ha necessità, per la sua stessa sopravvivenza, di avere una rete di comunicazioni, di solidarietà e di azioni più ampia di quella attuale.
La Chiesa di Roma, dai tempi di Giovanni Paolo II, attraverso il pontificato di Benedetto XVI, fino alle espressioni di papa Francesco riguardanti il carattere fondamentalmente pastorale del lavoro dei Nunzi Apostolici, ha sempre operato nel senso di una universalità che si fa carico delle criticità delle chiese locali e rilancia le loro problematiche in ambiti sociali risolutivi più efficaci ed espressivi della carità e della giustizia evangelica. E' quindi un dato spirituale, oltre che diplomatico, quello che spinge la Curia Romana, ed il Cardinale Bertone, a rendere noti i termini critici della questione dei Cattolici di BiH e ad indicare, insieme con gli incarichi pastorali del Nunzio, le vie di una prospettiva sovraterritoriale nel lavoro congiunto delle Conferenze Episcopali di Croazia e di Bosnia-Erzegovina.

Per rimarcare questo aspetto spirituale, e per un diretto contributo conoscitivo, non voglio far mancare alla lettura un brano tratto dalla lunga intervista sulla sua missione diplomatica ed ecclesiale fatta da Vecernji list a Sarajevo nel febbraio del 2012 a Mons. D'Errico poco prima della nomina di Nunzio Apostolico a Zagabria. Riguarda l'analisi che egli velocemente propone per comprendere alcuni aspetti storici del Cattolicesimo in Bih. Consiglio comunque la lettura intera al link su questo stesso blog.

Nell’interessamento generale della Santa Sede per la BiH, mi pare ovvio che essa segua con particolare attenzione il popolo croato, che in grande maggioranza è cattolico. Ebbene, sì, i Superiori della Santa Sede sono preoccupati per il futuro della presenza cattolica in BiH. La situazione del popolo croato mi pare molto delicata, a motivo della configurazione istituzionale del Paese venuta dopo la guerra, e per il fatto che il popolo croato è il meno numeroso tra i popoli costitutivi. Inoltre, i dati statistici raccolti ogni anno dalle Curie diocesane documentano un fenomeno allarmante: c’è un costante calo demografico; e anzi in parecchie parrocchie sono rimasti solo pochi anziani. Qui non è solo questione della perdita di vite umane avvenuta durante la guerra; o del mancato ritorno dei profughi. C’è anche un inarrestabile esodo migratorio, soprattutto di giovani che non trovano lavoro e cercano altrove possibilità di impiego. E c’è pure un documentato calo del tasso di natalità: nel senso che il numero annuale dei morti diventa sempre maggiore rispetto a quello dei nati.
Sicché, se si continua di questo passo, in alcune aree si rischia di veder scomparire del tutto la presenza croata tra qualche anno. Questo è il motivo che ha indotto il Cardinale Bertone a scrivere – a nome del Santo Padre – il recente Messaggio ai Vescovi della regione croata circa il futuro della fede cattolica in BiH.
[...]
A scanso di equivoci, mi lasci dire anzitutto che apprezzo molto lo zelo, la preparazione e il dinamismo pastorale dei nostri Sacerdoti e dei nostri Religiosi. Tuttavia, sin dal mio arrivo in BiH ho dovuto costatare come in un recente passato qualche cosa non ha funzionato bene nelle loro relazioni. Perciò, non mi ha meravigliato che tra le linee prioritarie tracciate dalla Santa Sede per la Chiesa in BiH (di cui ho potuto parlare personalmente con il Santo Padre), c’era anche questa: nelle presenti circostanze si vede la necessità di una maggiore intesa e di una migliore collaborazione tra strutture e personale diocesani, e strutture e personale religiosi, specialmente in alcune aree. In altre parole, si vede l’urgenza di chiarire le difficoltà che ancora sussistono, e rafforzare il desiderio di lavorare insieme per l’unica Chiesa di Cristo, in questa Chiesa concreta.
In questi anni ho cercato di adoperarmi lungo due direttrici. In primo luogo, ho cercato di richiamare a più riprese che la storia della Chiesa in BiH ha una nota specifica che tutti devono serenamente riconoscere. Qui in vari secoli e in tempi difficili la Chiesa ha potuto continuare la sua presenza e la sua missione soprattutto grazie ai Francescani, che nel periodo ottomano seppero trovare la maniera di convivere con le autorità del tempo. La loro storia è ricca di amore per la Chiesa e per queste terre, fino al supremo sacrificio di sé. Direi che è grazie soprattutto ai Francescani che la fiaccola della fede cattolica è rimasta viva in BiH. Ad essi bisogna essere molto grati per il gran bene che hanno fatto e continuano a fare.
L’altra direttrice è stata di trasmettere fedelmente – ai Sacerdoti diocesani e ai Religiosi – il desiderio dei Superiori della Santa Sede, e anzi del Santo Padre in persona, che si chiariscano i motivi di tensione, e si dia insieme il proprio contributo per la crescita di questa Chiesa, nonostante le incomprensioni che pur ci sono state, e le difficoltà che ancora sussistono, per lo più ereditate del passato.
Personalmente sono convinto che nella Chiesa in BiH ci sono due grandi motori, che devono lavorare insieme: quello dei Sacerdoti secolari e delle Istituzioni diocesane da una parte, e quello dei Religiosi e delle Religiose dall’altra. Guardando al futuro, per quello che ho potuto sperimentare in questi anni, credo che non manca la buona volontà di risolvere i problemi. Perciò sono fiducioso che anche questo aspetto ecclesiale meno positivo sarà risolto prima o poi, con l’aiuto di Dio, e con l’impegno di fedeltà alla Chiesa di tutte le persone interessate.

Il dibattito sulla questione dei Cattolici di Bih è stata proprio in questi giorni rilanciata a Zagabria con un altro articolo di Vecernji list. Sulla base del dato riguardante il calo ed il quasi dimezzamento del numero dei fedeli negli ultimi anni, in esso si paventa il rischio della scomparsa dei cattolici dalla Bosnia-Erzegovina nel giro di un decennio. Accanto alle problematiche storiche e territoriali abbordate con stile critico e linguaggio ricchi di toni e di rifermenti politici e culturali, importantissima appare la lettura svolta dal giornalista circa il ruolo del Nunzio a Zagabria con la quale egli coglie nel segno ecclesiale, indicando una priorità della sua missione in Croazia: se il Nunzio D'errico continua ad interessarsi di BiH, non si tratta di nostalgica memoria di anni belli trascorsi colà, ma piuttosto di fedele impegno (affidatogli dalla Santa Sede) per il futuro della Chiesa in BiH. Sono sicuro che lo stesso Nunzio condivide questa lettura.
Segue l'intero articolo di Vecernji list nella traduzione ad sensum dal croato operata con l'ausilio del mezzo informatico.

La prima linea del Vaticano continua ad est con i cattolici in Bosnia-Erzegovina.

Diminuisce il loro numero. Il confine si muove sulla Neretva

Drammatico appello al Vaticano: 800.000 cattolici in Bosnia-Erzegovina nel 1991, ora 440.000.

Rischi che la fede cattolica scompaia del tutto nel giro di un decennio

A causa delle lunghe file di coloro che lasciano il loro paese, le zone di confine in cui vivono i croati in Bosnia-Erzegovina si stanno sempre più muovendo verso la Neretva. E non molto tempo fa veniva cantata sulla Drina una Bosnia piena di tristi storie di rifugiati. Per troppo tempo si sono incrociate le braccia di fronte alla scomparsa di una nazione. I cattolici in Bosnia-Erzegovina sono in realtà sulla "prima linea" del Vaticano. Sono le ultime unità omogenee cattoliche a est. E nella lotta per la sopravvivenza i vescovi in BiH Puljic Komarika, Smith, Collision, Vukšić e Semren sono come i generali che non hanno militari. Hanno bisogno di aiuto!
I Croati in Bosnia-Erzegovina in tutti questi anni si sentono come se fossero alleati minori. Essi sono delusi da America, Germania, Croazia … Solo non hanno mai lasciato il Vaticano. E quando non c'erano mosse pubbliche, hanno creduto all'opera della diplomazia della Santa Sede.
Papa Francesco nel primo incontro con il cardinale Puljic ha detto:. "E tu, tu vieni dalla Chiesa dei martiri, dalla Chiesa delle sofferenze". Si vede che il papa argentino conosce perfettamente la situazione in Bosnia-Erzegovina.
Papa Wojtyla ignorò le minacce di morte, al fine di andare a Sarajevo. Ha anche annunciato la guerra nel 1994, ma la visita è stata rinviata a causa del pericolo. Lo ha fatto nel 1997 con l'invio di un messaggio ai cattolici, "Voi non siete soli, siamo con voi". Nel 2003 ha voluto la messa a Banja Luka, anche se la notte prima dell'arrivo il vescovo Komarica ha annunciato il rischio di essere ucciso.
Il tedesco papa Benedetto ha usato ogni occasione per evidenziare la scomparsa di un popolo. In particolare sarà ricordato per una lettera drammatica a suo nome inviata dal Segretario Tarcisio Bertone ai vescovi di Bosnia-Erzegovina e Croazia. Egli ha sottolineato che la situazione è allarmante. A causa del calo dei Cattolici da circa 800.000 nel 1991 a circa 440 mila attuali. Egli ha messo in guardia i vescovi: "La fede cattolica in Bosnia-Erzegovina rischia di scomparire completamente nel giro di un decennio". Quindi, il Papa ha pregato i capi della Chiesa in Bosnia-Erzegovina e Croazia alla condivisione collegiale e, come pastori che hanno la prima responsabilità del popolo di Dio, ad intensificare il loro impegno per il futuro della Chiesa in Bosnia-Erzegovina". È stato sottolineato che, in questo senso, "La Chiesa non mancherà di collaborare con le autorità civili ed ogni persona di buona volontà". Quindi, abbiamo bisogno di dialogo e di comunione reciproca. La divisione è un terreno fertile per gli strateghi che incoraggiano l'emigrazione di croati.
Una forte impronta nell'attuazione delle raccomandazioni del Vaticano è lasciata dal legato italiano Alessandro D'Errico. Che sei anni fa è stato in servizio in Bosnia. L'anno scorso è stato trasferito a Zagabria. Gli ho chiesto di recente se ora sta perseguendo "un ordine del Vaticano", insieme con i vescovi, che ha ricevuto a Sarajevo. Con grande rispetto, ha parlato degli sforzi dei vescovi croati per aiutare i loro connazionali in Bosnia-Erzegovina. Ha enumerato le molte azioni. Egli è sicuro che i vescovi della Croazia non saranno mai stanchi di quella missione.
Proprio come con i rappresentanti della Chiesa, in qualità di rappresentante del Papa in Croazia, così ha implementato con successo e suggestione la collaborazione del Vaticano con le autorità civili indipendentemente dalle influenze dei partiti. Rispetta la volontà degli eletti del popolo. E soprattutto quelli che vogliono aiutare.
Come Nunzio in BiH D'Errico era l'inviato del Santo Padre all'insediamento del presidente croato. È interessante notare che è stato il primo ricevimento al palazzo presidenziale preparato da Josipovic. Un impegno centrale dell'inviato papale in molti incontri è la questione dei croati in BiH. E' lo stesso ordine del giorno che ha avuto agli incontri con il primo ministro Jadranka Kosor, Zoran Milanovic, con i ministri, e con il capo dell'opposizione Karamarko … D'Errico oggi a Zagabria con uguale fervore lavora per le persone con cui ha vissuto per sei anni condividendone la sofferenza.
Il Vaticano attraverso i suoi pastori cerca di proteggere il suo gregge in BiH. Pertanto, nei tempi del dopoguerra, il Papa è arrivato alla "Sarajevo musulmana" e alla "ortodossa Banja Luka". Ha inviato il messaggio "questo è un paese cattolico". Ed in questo paese "ci vogliono seppellire vivi" ripete con voce quasi disperata Puljic. Tutto tace: è il silenzio assordante dei becchini che fanno il loro lavoro. Si riproduce la prima linea. Si stanno scavando nuove trincee. Su loro già incombe la Neretva. Invece di aiutarli, l' "Europa cristiana" li costringe in una camicia di forza?!


martedì 6 agosto 2013

Le parole del Nunzio Apostolico alla Santa Messa per la Festa della Vittoria

Il 5 Agosto 1995 è una data memorabile per la Croazia che dal 1 luglio 2013 è annoverata a pieno titolo tra le Nazioni dell'UE: è il Giorno della Vittoria che l'ha portata sulla via dell'indipendenza, della libertà e della pace, e che ha contribuito a rendere importante e sicuro il suo nuovo percorso europeo.
A Knin, città della Dalmazia settentrionale, non lontano dal confine con la Bosnia-Erzegovina, nel luogo che fu teatro dell'operazione bellica decisiva che decretò la Vittoria della Croazia, nella Chiesa dedicata alla Madonna del 'Grande Voto', il 5 Agosto 2013 è stato celebrato il 18° anniversario del Giorno memorabile. Sono convenuti numerosissimi cittadini croati, Autorità civili e religiose, veterani e giovani generazioni per commemorare insieme nello spirito della festa, della riflessione e del dialogo, con atteggiamenti e manifestazioni che hanno avuto espressioni forti e valori propositivi. Si sono svolti discorsi molteplici con connotati religiosi, popolari, politici. Le presenze e gli interventi sono stati all'altezza della giornata memorabile: il Presidente della Repubblica che ha parlato dei significati storici e culturali nazionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri che ha parlato delle scelte e della prospettive politiche; Ministri, Sindaci e Rappresentanti Civili e Militari.

La celebrazione eucaristica è stata presieduta dal Nunzio Apostolico, in rappresentanza del Papa, che ha introdotto con parole di grande significato storico ed ecclesiale. Hanno concelebrato il Vescovo dell'Ordinariato Militare, che ha tenuto l'omelia, ricca di toni esegetici ed escatologici, sui significati della data del 5 Agosto (Vittoria, Liberazione della Patria, Giorno dei Veterani, Madonna Patrona dell'Ordinariato Militare), ed altri prelati religiosi e sacerdoti convenuti dalle varie Diocesi.

La celebrazione religiosa è stata ripresa e commentata dai media televisivi e radiofonici nazionali. Le agenzie cattoliche d'informazione e decine di portali ecclesiastici e diocesani, compresi numerosi blog personali e profili su social-network, hanno divulgato la notizia con commenti estesi. Insieme con il commento IKA ha predisposto anche i link per la lettura del testo intero dell'Introduzione di Mons. D'Errico e dell'omelia del Vescovo George Jezerinac.
La narrazione degli avvenimenti che portarono alla Vittoria del 1995 ('Operazione Tempesta') si può leggere su una pagina dedicata della emittente radiotelevisiva HRT. Un commento politico sui discorsi del Presidente Josipovic e del Primo Ministro Milanovic si può leggere sul portale di HIC.hr. Una galleria fotografica, con watermark, si può visionare su Cropix. La navigazione in rete consente ulteriori approfondimenti.

Per questo post presentiamo direttamente alla lettura il testo originale in italiano del discorso introduttivo di S. E. Mons. Alessandro D'Errico. 


PAROLE D’INTRODUZIONE ALLA SANTA MESSA
(Festa della Vittoria, Knin 5 agosto 2013)

Come Rappresentante Pontificio, sono lieto di partecipare alle solenni celebrazioni di questa Giornata della Vittoria, che è pure Giornata di Ringraziamento e dei Veterani di guerra, e anche Festa Patronale del Ordinariato Militare.

Penso con emozione a quel 5 agosto di 1995, quando il coraggio e l’ardore patriottico delle Forze Armate croate condussero alla vittoria, che ebbe un ruolo di primaria importanza per la costruzione della Croazia come Stato indipendente.

Facendo memoria di quel giorno, oggi sono venuti qui le più alte autorità dello Stato, i vertici delle Forze Armate, personalità del mondo politico, diplomatico, sociale e culturale. E ciò perché tutto il popolo croato sente il dovere di esprimere viva gratitudine a coloro che non esitarono ad offrire la propria vita per la difesa della Patria.

Il pensiero va in primo luogo a coloro che persero la vita per la liberazione; e, una volta di più, in questa Santa Messa vogliamo domandare per essi il premio eterno all’eterno Signore della vita e della storia. Al tempo stesso la gratitudine si estende a coloro che sopravvissero alle difficoltà di quelle operazioni militari: ai Veterani di guerra, che con la loro testimonianza di servizio e di amore alla Patria sono un prezioso e perenne esempio per le nuove generazioni.

Ma, accanto a ciò, nell’atmosfera di preghiera di questa celebrazione eucaristica, vogliamo essere fedeli alle tradizioni di fede che hanno fatto grande questo popolo. Perciò desideriamo rendere grazie soprattutto a Dio, per tutte le grazie e per tutte le benedizioni con cui Egli ha accompagnato il cammino non sempre facile del popolo croato, anche nei momenti di difficoltà.

Oggi è pure la Giornata dell’Ordinariato Militare, che ha come celeste Patrona la Madonna del Grande Voto croato. A Lei, Madre di Gesù e Madre nostra, affidiamo i progetti e le speranze per il futuro della Croazia. Quest’anno è la prima volta che queste celebrazioni hanno luogo dopo l’ingresso della Croazia nell’Unione Europea. A Maria, celeste Patrona dell’Ordinariato Militare, affidiamo soprattutto le intenzioni e l’impegno di coloro che hanno la delicata responsabilità di questa nuova fase di storia europea della Croazia; e a Lei ci rivolgiamo con sentimenti filiali, fiduciosi di ottenere per tutti abbondanza di benedizioni e di grazie.


lunedì 5 agosto 2013

Celebrazione del Perdono di Assisi con i Francescani di Zagabria

La prima visita del Nunzio Apostolico alla Parrocchia di Santa Maria degli Angeli di Sesvetskoj Sopnica nelll'hinterland di Zagabria, risale al Luglio del 2012. Con la notizia di quell'avvenimento su questo blog potemmo anche conoscere un quadro sintetico della realtà socio-parrocchiale che riporto con le parole e i concetti espressi in quella occasione:

La Parrocchia di Santa Maria degli Angeli, che si richiama alla Basilica sorta sulla Porziuncola di Assisi, è officiata dai frati francescani della provincia bosniaca e si trova a Sesvetskoj Sopnica, un quartiere periferico di Zagabria con una popolazione in espansione e con una vita sociale ricca di fermenti culturali. La pastorale della diocesi di Zagabria trova in essa un luogo impegnativo per una sua espressione moderna e legata ai cambiamenti sociali. Con la chiesa, che assume spazi e forme architettoniche moderne rispondenti alle esigenze spirituali del quartiere, si integrano strutture logistiche che cercano di valorizzare anche i progetti sociali e culturali. La visita di Mons. D'Errico avviene nello spirito del Nunzio che anche in Croazia, come già in Bosnia-Erzegovina, ritrova i temi del lavoro pastorale dei francescani ed il calore della loro amicizia, e ridona loro e ai filiani della parrocchia il plauso e l'incoraggiamento pontificio.

I frati hanno invitato il Nunzio a presiedere quest'anno la celebrazione centrale della Festa di Santa Maria degli Angeli e del perdono della Porziuncola. 
La celebrazione della festa patronale dei Francescani di Zagabria è stata preparata con un triduo di preghiere ed è culminata nella celebrazione partecipatissima del 2 Agosto presieduta dall'arcivescovo D'Errico e concelebrato da numerosi sacerdoti del decanato dell'arcidiocesi e da frati referenti della parrocchia e di altre custodie locali.  
  
Nei giorni precedenti l'agenzia cattolica IKA ha fatto sistematicamente apparire l'annuncio dell'avvenimento sul portale in rete, ed ha poi descritto e commentato con un significativo approfondimento l'avvenuta celebrazione del Perdono di Assisi a Zagabria. L'IKA ha soprattutto evidenziato il devoto pellegrinaggio di fedeli provenienti dai vari luoghi e che hanno fraternizzato con i locali parrocchiani che per la maggior parte sono croati profughi dalla Bosnia.
L'avvenimento è stato commentato anche da altri portali che trattano tematiche ecclesiali e diocesane. Con particolare enfasi culturale ed estetica (risalto degli aspetti identitari nazionali e rilievo dei codici artistici e musicali) è stato descritto anche dall'agenzia cattolica di Bosnia-Erzegovina. E' noto che il notiziario di KTA segue con attenzione anche le attività del Nunzio Apostolico a Zagabria, sia per il settennio da lui trascorso a Sarajevo e sia quando queste atttività esprimono direttamente le istanze dei Croati di BiH e l'impegno socio-pastorale di Mons. D'Errico a favore dell'integrazione e della testimonianza della fede.
Segue la traduzione ad sensum del post di KTA

Sesvetska Sopnica, 4 Agosto 2013
In Sesvetska Sopnica CELEBRAZIONE della Patrona S.Maria degli Angeli
La celebrazione centrale dell'Eucaristia presso l'altare esterno di fronte alla chiesa parrocchiale è stata presieduta da Mons. Alessandro D'Errico.
Venerdì scorso, il 2 ° Agosto, festa di S. Maria degli Angeli, conosciuta nella storia francescana come la Porziuncola, nella parte orientale della città, nel santuario della Madonna e del Sacro Cuore in Sesvetska Sopnica si è raccolto un gran numero di pellegrini e devoti della Madonna Nostra Signora degli Angeli, così come pellegrini provenienti da altre parrocchie vicine e da quelle regioni che hanno con la parrocchia sentimenti di vicinanza religiosa.
La Messa del mattino è stata celebrata dal guardiano del convento di S. Elias di Sesvetska Sopnica Fra Bozo Lujic. La celebrazione centrale dell'Eucaristia presso l'altare esterno di fronte alla chiesa parrocchiale è stata presieduta da Mons. Alessandro D'Ericco, nunzio apostolico nella Repubblica di Croazia, e ha prediccato Ivica Vrbić, guardiano del convento di S.. Leopoldo a Dubrava, hanno concelebrato il Decano di Sesvetski Vladimir Hren, il parroco Zdravko Dadić, il vicario parrocchiale Don Stipo Karajica, il parroco di Kotor Varos Anto Simunovic, il parroco di Dobrinja vicino a Sarajevo don Pietro Karajica, i diaconi permanenti Bozidar Chadash e Miljenko Bosnjak, e una dozzina di sacerdoti di parrocchie vicine. Alla Messa hanno partecipato anche il rappresentante del sindaco di Zagabria Ivan Tolic, Autorità di altre città e rappresentanti di associazioni locali.
La celebrazione eucaristica è stata accompagnata da armonie strumentali e vocali, con un coro misto sotto la direzione di Monika Blazevic. Nella sua omelia, il predicatore ha parlato del significato di questa festa nella storia, interpretando il significato speciale del perdono della Porziuncola, sia per i tempi passati, e sia in modo particolare per i credenti di oggi.
Per questa occasione si sono impegnati i fedeli e benefattori della parrocchia, in collaborazione con i sacerdoti, con il consiglio pastorale e con i giovani della parrocchia.
La Celebrazione  della festa della Madonna è cominciata con un triduo guidato da p. Vladimir Kerečeni. Queste serate hanno avuto il compito di riunire un gran numero di fedeli e pellegrini nella preghiera della corona della pietà mariana e nella liturgia penitenziale. Il primo giorno del Triduo è stato dedicato alla famiglia, il secondo giorno al rinnovamento spirituale dei giovani, e il terzo giorno al perdono, con particolare attenzione al perdono della Porziuncola. (KTA / s.t.)


sabato 3 agosto 2013

Incontro di lavoro con il Ministro dell'Interno Ranko Ostojic

Il 29 Luglio scorso il Ministro dell'Interno Ranko Ostojic, Vice Presidente del Consiglio della Croazia, ha ricevuto in visita di lavoro S. E. Mons. Alessandro D'Errico.
Il comunicato del Ministero dell'Interno, che ha notificato la visita del Nunzio Apostolico e ha dato conto dei temi discussi nell'incontro con il Ministro e con i suoi Collaboratori, è stato subito pubblicato sul portale web istituzionale.
Il comunicato è stato poi ripreso e pubblicato dalle Agenzie Cattoliche croate (IKA e Glas Koncila) che di solito seguono l'attività del Nunzio in Croazia.


La divulgazione della notizia dell'incontro al Ministero dell'Interno ha preso anche altre vie mediatiche. Vecernji list, l'importante testata giornalistica croata che ha anche estensioni in BiH, le ha dedicato uno spazio sul suo portale in rete; un blog culturale molto seguito della Provincia Cappuccina di Croazia l'ha ripresa e commentata con interesse ed importanza; un sito parrocchiale (Parrocchia San Matteo) dell'Arcidiocesi di Zagabria l'ha inserita tra gli approfondimenti della sua pagina sulla Catechesi; una comunity liberale in rete l'ha commentata e discussa. Molte altre ancora sono state le tipologie dei media che hanno ripreso e commentato la notizia.
In questa diversificata divulgazione si intravede l'importanza delle considerazioni e delle aspettative che le realtà civili e religiose in Croazia hanno rispetto alle iniziative e ai temi che si trattano con il rappresentante della Santa Sede nell'autorevole luogo del Ministero dell'Interno. Si può certo immaginare il riferimento e la ricaduta positiva rispetto alla pastorale delle manifestazioni popolari della religiosità e alle dimensioni comportamentali che attengono l'etica, la legalità e le problematiche dell'educazione e della cultura giovanile.



Di seguito leggiamo la traduzione ad sensum del comunicato pubblicato sul portale del Ministero dell'Interno.

Visita di lavoro del nunzio apostolico Alessandro D'Errico al MUP
29 Luglio 2013 pubblicato alle 18:00
Foto: MI
Il Vice Primo Ministro e Ministro degli Interni Ranko Ostojic ha ricevuto oggi con i suoi collaboratori, Berislava Mance, capo del Dipartimento di Relazioni Internazionali e Ivan Mestrovic Segretario dell'Ufficio del Ministro, in visita di lavoro Mons. Alessandro D'Errico, Nunzio Apostolico in Croazia.
Mons. D'Errico ha colto l'occasione per congratularsi con il Vice Primo Ministro per la recente nomina e per ringraziare da parte della Santa Sede il Ministero degli Interni per l'ottima disponibilità che la Nunziatura Apostolica sempre goduto in Croazia, sia in situazioni di emergenza e sia nelle circostanze normali.
Il rappresentante del Papa ha sottolineato che la Santa Sede considera la Croazia come il paese più importante della regione, motivo per cui il Vaticano pone uno speciale interesse nel seguire gli eventi nel nostro paese e le relazioni croate e internazionali.
Il Vice Primo Ministro e Ministro degli Interni Ranko Ostojic ha notato che la Santa Sede ha sempre avuto buoni rapporti con la Repubblica di Croazia sottolineando in particolare il contributo dato per consentire al nostro paese di entrare nell'Unione europea.
Hanno discusso della cooperazione bilaterale, che è stata giudicata molto buona, e sono state evidenziate le aree in cui questa cooperazione può essere ulteriormente migliorata.