In
svariati post (raggiungibili dal sommario e/o attraverso
l'inserimento nella ricerca interna delle voci: Croati di BiH
e Cattolici di BiH) di questo blog che segue da oltre un anno
le attività pastorali del Nunzio Apostolico Mons. D'Errico, si
possono leggere i tratti fondamentali che caratterizzano la
'questione cattolica' in Bosnia-Erzegovina. Sono tratti delineati nei
discorsi e nelle analisi storiche ed ecclesiastiche che lo stesso Nunzio
ha sviluppato, nell'ultimo decennio, in varie circostanze con
l'operato diplomatico, con il dialogo con le istituzioni civili, con
i contributi dati alla comunicazione sociale, e con la sinergia del
suo lavoro apostolico svolto in rappresentanza della Santa Sede e in collaborazione con le Conferenze Episcopali di Bosnia-Erzegovina e di Croazia.
Nunzio
di 'frontiera' in Pakistan ai tempi di Giovanni Paolo II che aveva
particolarmente a cuore la sorte della Chiesa in BiH, Mons. D'Errico
nell'anno della dipartita del papa beato fu scelto da Benedetto XVI
per essere suo rappresentante nella complessa situazione politica e
religiosa della Bosnia-Erzegovina. Nello spirito missionario e nel
dialogo interreligioso il vescovo Alessandro ha operato in un luogo
multietnico e multireligioso, con componenti musulmane, ortodosse, e
con altre minoranze e confessioni, ove il cattolicesimo, pur vissuto
nella testimonianza eroica, va registrando dalla conclusione della
guerra nei Balcani il sistematico calo del numero dei fedeli (da
800.000 del 1991 ai 440.000 del 2013), e vive le dinamiche di
comunità dislocate, profughe, ed impegnate in difficili
problematiche d'integrazione. Nel lungo periodo della Nunziatura a
Sarajevo (2005-2012) Mons. D'Errico ha avuto modo di individuare le
criticità e le particolarità del cattolicesimo locale ed ha
praticato vie, contatti, metodologie ed azioni tese a qualificare la
testimonianza della Chiesa e a risolverne le problematiche
contingenti. Sono noti il grande spirito di collaborazione e di
amicizia che lo hanno legato al Cardinale Vinko Pulijc, arcivescovo
di Sarajevo, e agli altri Vescovi della CEBiH; sono noti i
prestigiosi riconoscimenti ricevuti a livello nazionale ed internazionale per il suo lavoro diplomatico e pastorale (Golden
Chart, Premio Bonifacio VIII, Libro In honorem...). L'incarico
aggiuntivo di Rappresentante della Santa Sede in Montenegro, ed il
suo passaggio alla Nunziatura di Zagabria nel Giugno 2012, sono
leggibili nell'importanza che hanno in se come compiti specifici del
Nunzio D'Errico e della Diplomazia Vaticana in quelle Nazioni, ma
anche come espressioni che contengono estensioni ed istanze
valorizzatrici del lavoro svolto a Sarajevo e delle aspettative della
Chiesa di Bosnia-Erzegovina che ha necessità, per la sua stessa
sopravvivenza, di avere una rete di comunicazioni, di solidarietà e
di azioni più ampia di quella attuale.
La
Chiesa di Roma, dai tempi di Giovanni Paolo II, attraverso il
pontificato di Benedetto XVI, fino alle espressioni di papa Francesco
riguardanti il carattere fondamentalmente pastorale del lavoro dei
Nunzi Apostolici, ha sempre operato nel senso di una universalità
che si fa carico delle criticità delle chiese locali e rilancia le
loro problematiche in ambiti sociali risolutivi più efficaci ed
espressivi della carità e della giustizia evangelica. E' quindi un
dato spirituale, oltre che diplomatico, quello che spinge la Curia Romana,
ed il Cardinale Bertone, a rendere noti i termini critici della
questione dei Cattolici di BiH e ad indicare, insieme con gli
incarichi pastorali del Nunzio, le vie di una prospettiva
sovraterritoriale nel lavoro congiunto delle Conferenze Episcopali di
Croazia e di Bosnia-Erzegovina.
Per
rimarcare questo aspetto spirituale, e per un diretto contributo
conoscitivo, non voglio far mancare alla lettura un brano tratto
dalla lunga intervista sulla sua missione diplomatica ed ecclesiale fatta da Vecernji list a Sarajevo nel
febbraio del 2012 a Mons. D'Errico poco prima della nomina di Nunzio
Apostolico a Zagabria. Riguarda l'analisi che egli velocemente
propone per comprendere alcuni aspetti storici del Cattolicesimo in
Bih. Consiglio comunque la lettura intera al link su questo stesso blog.
Nell’interessamento
generale della Santa Sede per la BiH, mi pare ovvio che essa segua
con particolare attenzione il popolo croato, che in grande
maggioranza è cattolico. Ebbene, sì, i Superiori della Santa Sede
sono preoccupati per il futuro della presenza cattolica in BiH. La
situazione del popolo croato mi pare molto delicata, a motivo della
configurazione istituzionale del Paese venuta dopo la guerra, e per
il fatto che il popolo croato è il meno numeroso tra i popoli
costitutivi. Inoltre, i dati statistici raccolti ogni anno dalle
Curie diocesane documentano un fenomeno allarmante: c’è un
costante calo demografico; e anzi in parecchie parrocchie sono
rimasti solo pochi anziani. Qui non è solo questione della perdita
di vite umane avvenuta durante la guerra; o del mancato ritorno dei
profughi. C’è anche un inarrestabile esodo migratorio, soprattutto
di giovani che non trovano lavoro e cercano altrove possibilità di
impiego. E c’è pure un documentato calo del tasso di natalità:
nel senso che il numero annuale dei morti diventa sempre maggiore
rispetto a quello dei nati.
Sicché,
se si continua di questo passo, in alcune aree si rischia di veder
scomparire del tutto la presenza croata tra qualche anno. Questo è
il motivo che ha indotto il Cardinale Bertone a scrivere – a nome
del Santo Padre – il recente Messaggio
ai
Vescovi della regione croata
circa il futuro della fede cattolica in BiH.
[...]
A
scanso di equivoci, mi lasci dire anzitutto che apprezzo molto lo
zelo, la preparazione e il dinamismo pastorale dei nostri Sacerdoti e
dei nostri Religiosi. Tuttavia, sin dal mio arrivo in BiH ho dovuto
costatare come in un recente passato qualche cosa non ha funzionato
bene nelle loro relazioni. Perciò, non mi ha meravigliato che tra le
linee prioritarie tracciate dalla Santa Sede per la Chiesa in BiH (di
cui ho potuto parlare personalmente con il Santo Padre), c’era
anche questa: nelle
presenti circostanze si vede la necessità di una maggiore intesa e
di una migliore collaborazione tra strutture e personale diocesani, e
strutture e personale religiosi, specialmente in alcune aree.
In altre parole, si vede l’urgenza di chiarire le difficoltà che
ancora sussistono, e rafforzare il desiderio di lavorare insieme
per l’unica Chiesa di Cristo, in questa Chiesa concreta.
In
questi anni ho cercato di adoperarmi lungo due direttrici. In primo
luogo, ho cercato di richiamare a più riprese che la storia della
Chiesa in BiH ha una nota specifica che tutti devono serenamente
riconoscere. Qui in vari secoli e in tempi difficili la Chiesa ha
potuto continuare la sua presenza e la sua missione soprattutto
grazie ai Francescani, che nel periodo ottomano seppero trovare la
maniera di convivere con le autorità del tempo. La loro storia è
ricca di amore per la Chiesa e per queste terre, fino al supremo
sacrificio di sé. Direi che è grazie soprattutto ai Francescani che
la fiaccola della fede cattolica è rimasta viva in BiH. Ad essi
bisogna essere molto grati per il gran bene che hanno fatto e
continuano a fare.
L’altra
direttrice è stata di trasmettere fedelmente – ai Sacerdoti
diocesani e ai Religiosi – il desiderio dei Superiori della Santa
Sede, e anzi del Santo Padre in persona, che si chiariscano i motivi
di tensione, e si dia insieme il
proprio contributo per la crescita di questa Chiesa, nonostante le
incomprensioni che pur ci sono state, e le difficoltà che ancora
sussistono, per lo più ereditate del passato.
Personalmente
sono convinto che nella Chiesa in BiH ci sono due
grandi motori, che devono lavorare
insieme:
quello dei Sacerdoti secolari e delle Istituzioni diocesane da una
parte, e quello dei Religiosi e delle Religiose dall’altra.
Guardando al futuro, per quello che ho potuto sperimentare in questi
anni, credo che non manca la buona volontà di risolvere i problemi.
Perciò sono fiducioso che anche questo aspetto ecclesiale meno
positivo sarà risolto prima o poi, con l’aiuto di Dio, e con
l’impegno di fedeltà alla Chiesa di tutte le persone interessate.
Il
dibattito sulla questione dei Cattolici di Bih è stata proprio in
questi giorni rilanciata a Zagabria con un altro articolo di Vecernji
list. Sulla base del dato riguardante il calo ed il quasi
dimezzamento del numero dei fedeli negli ultimi anni, in esso si
paventa il rischio della scomparsa dei cattolici dalla
Bosnia-Erzegovina nel giro di un decennio. Accanto alle problematiche
storiche e territoriali abbordate con stile critico e linguaggio
ricchi di toni e di rifermenti politici e culturali, importantissima
appare la lettura svolta dal giornalista circa il ruolo del Nunzio a
Zagabria con la quale egli coglie nel segno ecclesiale, indicando
una priorità della sua missione in Croazia: se il Nunzio D'errico
continua ad interessarsi di BiH, non si tratta di nostalgica memoria
di anni belli trascorsi colà, ma piuttosto di fedele impegno
(affidatogli dalla Santa Sede) per il futuro della Chiesa in BiH.
Sono sicuro che lo stesso Nunzio condivide questa lettura.
Segue
l'intero articolo di Vecernji list nella traduzione ad sensum dal
croato operata con l'ausilio del mezzo informatico.
La prima linea del Vaticano continua ad est con i cattolici in Bosnia-Erzegovina.
Diminuisce il loro numero. Il confine si muove sulla Neretva
Drammatico appello al Vaticano: 800.000 cattolici in Bosnia-Erzegovina nel 1991, ora 440.000.
Rischi che la fede cattolica scompaia del tutto nel giro di un decennio
A causa delle lunghe
file di coloro che lasciano il loro paese, le zone di confine in cui
vivono i croati in Bosnia-Erzegovina si stanno sempre più muovendo
verso la Neretva. E non molto tempo fa veniva cantata sulla Drina una
Bosnia piena di tristi storie di rifugiati. Per troppo tempo si sono
incrociate le braccia di fronte alla scomparsa di una nazione. I
cattolici in Bosnia-Erzegovina sono in realtà sulla "prima
linea" del Vaticano. Sono le ultime unità omogenee cattoliche a
est. E nella lotta per la sopravvivenza i vescovi in BiH Puljic
Komarika, Smith, Collision, Vukšić e Semren sono come i generali
che non hanno militari. Hanno bisogno di aiuto!
I Croati in
Bosnia-Erzegovina in tutti questi anni si sentono come se fossero
alleati minori. Essi sono delusi da America, Germania, Croazia …
Solo non hanno mai lasciato il Vaticano. E quando non c'erano mosse
pubbliche, hanno creduto all'opera della diplomazia della Santa Sede.
Papa Francesco nel
primo incontro con il cardinale Puljic ha detto:. "E tu, tu
vieni dalla Chiesa dei martiri, dalla Chiesa delle sofferenze".
Si vede che il papa argentino conosce perfettamente la situazione in
Bosnia-Erzegovina.
Papa Wojtyla ignorò le
minacce di morte, al fine di andare a Sarajevo. Ha anche annunciato
la guerra nel 1994, ma la visita è stata rinviata a causa del
pericolo. Lo ha fatto nel 1997 con l'invio di un messaggio ai
cattolici, "Voi non siete soli, siamo con voi". Nel 2003 ha
voluto la messa a Banja Luka, anche se la notte prima dell'arrivo il
vescovo Komarica ha annunciato il rischio di essere ucciso.
Il tedesco papa
Benedetto ha usato ogni occasione per evidenziare la scomparsa di un
popolo. In particolare sarà ricordato per una lettera drammatica a
suo nome inviata dal Segretario Tarcisio Bertone ai vescovi di
Bosnia-Erzegovina e Croazia. Egli ha sottolineato che la situazione è
allarmante. A causa del calo dei Cattolici da circa 800.000 nel 1991
a circa 440 mila attuali. Egli ha messo in guardia i vescovi: "La
fede cattolica in Bosnia-Erzegovina rischia di scomparire
completamente nel giro di un decennio". Quindi, il Papa ha
pregato i capi della Chiesa in Bosnia-Erzegovina e Croazia alla
condivisione collegiale e, come pastori che hanno la prima
responsabilità del popolo di Dio, ad intensificare il loro impegno
per il futuro della Chiesa in Bosnia-Erzegovina". È stato
sottolineato che, in questo senso, "La Chiesa non mancherà di
collaborare con le autorità civili ed ogni persona di buona
volontà". Quindi, abbiamo bisogno di dialogo e di comunione
reciproca. La divisione è un terreno fertile per gli strateghi che
incoraggiano l'emigrazione di croati.
Una forte impronta
nell'attuazione delle raccomandazioni del Vaticano è lasciata dal
legato italiano Alessandro D'Errico. Che sei anni fa è stato in
servizio in Bosnia. L'anno scorso è stato trasferito a Zagabria. Gli
ho chiesto di recente se ora sta perseguendo "un ordine del
Vaticano", insieme con i vescovi, che ha ricevuto a Sarajevo.
Con grande rispetto, ha parlato degli sforzi dei vescovi croati per
aiutare i loro connazionali in Bosnia-Erzegovina. Ha enumerato le
molte azioni. Egli è sicuro che i vescovi della Croazia non saranno
mai stanchi di quella missione.
Proprio come con i
rappresentanti della Chiesa, in qualità di rappresentante del Papa
in Croazia, così ha implementato con successo e suggestione la
collaborazione del Vaticano con le autorità civili indipendentemente
dalle influenze dei partiti. Rispetta la volontà degli eletti del
popolo. E soprattutto quelli che vogliono aiutare.
Come Nunzio in BiH
D'Errico era l'inviato del Santo Padre all'insediamento del
presidente croato. È interessante notare che è stato il primo
ricevimento al palazzo presidenziale preparato da Josipovic. Un
impegno centrale dell'inviato papale in molti incontri è la
questione dei croati in BiH. E' lo stesso ordine del giorno che ha
avuto agli incontri con il primo ministro Jadranka Kosor, Zoran
Milanovic, con i ministri, e con il capo dell'opposizione Karamarko …
D'Errico oggi a Zagabria con uguale fervore lavora per le persone con
cui ha vissuto per sei anni condividendone la sofferenza.
Il Vaticano attraverso
i suoi pastori cerca di proteggere il suo gregge in BiH. Pertanto,
nei tempi del dopoguerra, il Papa è arrivato alla "Sarajevo
musulmana" e alla "ortodossa Banja Luka". Ha inviato
il messaggio "questo è un paese cattolico". Ed in questo
paese "ci vogliono seppellire vivi" ripete con voce quasi
disperata Puljic. Tutto tace: è il silenzio assordante dei becchini
che fanno il loro lavoro. Si riproduce la prima linea. Si stanno
scavando nuove trincee. Su loro già incombe la Neretva. Invece di
aiutarli, l' "Europa cristiana" li costringe in una camicia
di forza?!
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