Una
sintesi tematica esprimente significati religiosi e storici complessi
e prospettive luminose di dialogo di pace e civiltà. Tale appare il
contenuto dell'omelia del Nunzio in Croazia svolta nella Cattedrale
di Zagabria nel mattino della Domenica 8 Luglio 2012 durante la Santa
Messa inaugurale.
S.
E. l'arcivescovo Alessandro D'Errico inizia la sua missione
diplomatica e pastorale nella Repubblica di Croazia con l'onore di
presiedere la liturgia della XIV Domenica del Tempo Ordinario in
comunione con i Vescovi croati e insieme con l'Assemblea convocata
per l'occasione grande e solenne. La Croazia è una nazione a
maggioranza cristiana cattolica, sorta nell'alto medioevo e formatasi
al centro di equilibri storici tra Oriente e Occidente, tra Europa e
Mediterraneo. La sua indipendenza proclamata nel 1991 ebbe tra i
primi riconoscimenti quello della Santa Sede; essa fa oggi parte
dell'ONU e del Consiglio d'Europa, e in essa sono vivi gli stimoli
e i significati della recente visita del Santo Padre il papa Benedetto
XVI.
La
cattedrale di Zagabria, un tempo intitolata a Santo Stefano come molte
chiese dell'Impero asburgico, è oggi dedicata all'Assunzione della
Vergine ed in essa si venerano le spoglie del cardinale Alojzije
Viktor Stepinac beatificato nel 1998 da Giovanni Paolo II.
In
questa antica chiesa gotica della capitale mitteleuropea di
Croazia, rivolte all'assemblea nobile e popolare dei fedeli e dei
presenti in ascolto, riecheggiano le parole di mons. Alessandro
D'Errico, le espressioni della sua preghiera, della cortesia e
dell'intelligenza diplomatica, della saggezza antropologica e della
spiritualità ecclesiale del pastore.
Messa
di inizio
missione in Croazia
(Cattedrale
di Zagabria, 8 luglio 2012)
Con tutta
semplicità,
consentitemi di dire che non avrei mai immaginato che un giorno sarei
approdato anche in Croazia, come Rappresentante del Santo Padre.
Eppure, oggi mi accorgo che in qualche modo già sento questa terra
un po’ come parte della mia vita: forse per l’esperienza che ho
potuto maturare negli ultimi anni in Bosnia ed Erzegovina e in
Montenegro; forse perché ho sempre seguito a distanza il cammino di
fede e di storia di questa regione; certamente per i vincoli di
fraterna amicizia che già mi è stato possibile stabilire con
parecchi tra voi, specialmente da Sarajevo.
E così,
sono lieto di poter incontrare - all’inizio della mia nuova
missione - il popolo di Dio che è in Zagabria, nelle sue diverse
componenti. Saluto rispettosamente l’Em.mo Card. Josip Bozanić,
Arcivescovo Metropolita di Zagabria, al quale sono grato anche per
l’invito che mi ha rivolto a presiedere questa solenne
celebrazione. Ringrazio di cuore S.E. Mons. Marin Srakić, Presidente
della Conferenza Episcopale Croata, e con lui gli Arcivescovi e i
Vescovi che mi onorano della loro partecipazione.
Particolarmente
significativa per me è la presenza dell’Ecc.mo Presidente della
Conferenza Episcopale di Bosnia e Erzegovina. Grazie, caro Vescovo
Komarica! La Sua partecipazione a questa solenne liturgia di
inaugurazione della mia missione ecclesiale in Croazia è segno della
continuità del servizio alla Regione e in particolare al popolo
croato, che il Santo Padre ha voluto affidarmi.
Un saluto
affettuoso
mi è caro rivolgere ai Sacerdoti, ai Religiosi e alle Religiose, e a
tutti voi - cari fratelli e sorelle - che vi unite a me in questa
Santa Messa per invocare luce e sostegno dallo Spirito Santo per il
mio servizio.
A tutti ho
l’onore di portare una
particolare benedizione del Santo Padre e il saluto dei Superiori
della Santa Sede. Personalmente sono stato sempre impressionato,
specialmente negli anni del mio servizio in Bosnia ed Erzegovina e in
Montenegro, dalla profonda conoscenza che essi hanno della regione e
dell’attenzione privilegiata con cui essi seguono il cammino non
sempre facile di testimonianza cristiana di queste comunità.
Nelle ultime
settimane, in varie circostanze essi mi
hanno parlato tra l’altro del grande dinamismo di fede del popolo
croato, dello stretto connubio tra tradizione culturale croata e
presenza viva della Chiesa, della lunga storia di fedeltà che lega
la Croazia alla Santa Sede.
Essi mi hanno
chiesto anche
di dirvi una volta di più la viva speranza che molti frutti
positivi possano venire da questa vitalità ecclesiale, per l’intera
società: specialmente oggi, quando talvolta sembrano mancare punti
di riferimento stabili ed affidabili. Anzi, soprattutto oggi, come e
più che in passato, quando a ventun anni dalla proclamazione
dell’indipendenza e a venti anni dall’ingresso nella grande
famiglia delle Nazione Unite, la Croazia si trova ormai alla vigilia
della piena integrazione nell’Unione Europea. Per la sua storia e
la sua collocazione geografica, la Croazia è parte integrante della
civiltà europea. L’augurio del Santo Padre è che, come altre
Nazioni di solida tradizione cristiana, anche la Croazia possa
offrire all’Europa uno specifico contributo di valori spirituali e
morali; e cioè, di quei valori che hanno plasmato per secoli
l’identità personale e nazionale dei suoi figli.
**************
Miei cari
fratelli e sorelle, la seconda lettura che abbiamo ascoltato evoca in
me ricordi ed emozioni profonde. Una “spina
nella carne”
fa soffrire l’Apostolo Paolo. Essa è immagine delle difficoltà,
degli ostacoli, dei limiti che egli incontra nell’esercizio della
missione, affidatagli dal Signore Gesù, di annunciare il Vangelo a
tutti i popoli. Ma non per questo l’Apostolo si lascia scoraggiare
o deprimere. Egli confida nel Signore, che gli ha detto: “Ti
basta la mia grazia. È nella debolezza che si manifesta pienamente
la mia potenza”.
E cioè, quanto più egli prenderà coscienza della sua debolezza,
tanto più si manifesterà la forza della grazia di Dio, di cui egli
è soltanto strumento ed annunciatore.
Ebbene,
proprio
questo scrissi al Beato Santo Padre Giovanni Paolo II quattordici
anni fa, allorché egli mi chiedeva di essere suo Rappresentante e mi
elevava all’Episcopato. Questo ho scritto a Sua Santità Benedetto
XVI sette anni fa, quando mi nominava Nunzio Apostolico in Bosnia ed
Erzegovina. Questo desidero ripetere anche oggi, in povertà di
spirito.
Sono ben
consapevole
dei miei limiti. Sento molto la mia indegnità per un servizio tanto
impegnativo com’è quello di essere Rappresentante Pontificio in un
Paese così importante per la Santa Sede come la Croazia, in un
momento tanto significativo della sua storia. Come l’Apostolo,
trovo consolazione e sostegno nella parola dell’eterno Signore
della vita e della storia, che nei deboli rivela la sua potenza.
D’altra
parte, sono certo che vorrete accompagnarmi con preghiera intensa.
Non solo oggi, ma in ogni momento della mia missione. Insieme a voi,
fin da oggi desidero affidare il mio servizio in Croazia alla
intercessione e alla protezione del Beato Cardinale Alojzije
Stepinac, Vescovo e Martire, Pastore da voi tanto amato e venerato.
Conto molto sulla vostra preghiera. Essa ci consentirà di affrontare
insieme le sfide che il Paese e il popolo di Dio che è in Croazia si
trovano ad affrontare.
*************
Miei
cari fratelli e sorelle, consentitemi ancora una breve riflessione, a
partire della pagina di Vangelo che abbiamo ascoltato. È un episodio
sconcertante. Siamo all’inizio del ministero pubblico di Gesù. La
sua fama si diffonde ogni giorno di più, perché egli è un profeta
che opera prodigi e parla con autorità. Ritorna a Nazaret, alla sua
città. Ci aspetteremmo un’accoglienza trionfale, e invece è il
fallimento: i compaesani si scandalizzano di lui; e la loro
incredulità non consente al Maestro di operare alcun prodigio.
A dir il
vero, in un
primo momento trovavo che questa pagina - e ancor più quella della
prima lettura, dal profeta Ezechiele, che evidenzia la sordità del
popolo alla Parola del Profeta - non si applicano bene a questa
assemblea di preghiera, per tutto ciò che ho menzionato poc’anzi,
circa la storia e il dinamismo di fede di questa Nazione. Ma poi,
rileggendo e meditando, mi son detto che ci doveva pur essere un
motivo per cui lo Spirito di Dio ha disposto che iniziassi il mio
servizio di Rappresentante Pontificio in Croazia proprio a partire da
questi testi. E così, mi pare che essi possono essere letti come un
ammonimento: un premuroso avvertimento ad aprire gli occhi, e a
prendere rinnovata consapevolezza dell’impegno che è connesso con
il dono ricevuto della comunione ecclesiale. Questi testi sono
l’invito a tener viva la fiaccola della fede nella sua interezza,
specialmente in questo tempo in cui ci prepariamo a celebrare l’Anno
della Fede. Un invito a rendersi conto che non ci si può cullare su
ciò che è stato il passato, e che neppure si può prendere in
considerazione la tentazione sempre ricorrente di imbarcarsi per
avventure a rischio, senza fondamento. Anche oggi bisogna fare buon
uso dei talenti ricevuti. Anche oggi si richiede una rinnovata
testimonianza di fedeltà. Anche oggi il Santo Padre e la Chiesa si
attendono da voi un dinamismo autentico di fede, che non trascuri
quei valori e quelle tradizioni che sono alle radici della vostra
identità cristiana.
Personalmente
mi sento coinvolto dal monito delle letture di oggi, per la parte di
responsabilità che il Santo Padre mi ha affidato nel cammino di fede
di queste Chiese. Ebbene, nel processo di nuova evangelizzazione,
tanto caro a Sua Santità e a questo Episcopato, sin d’ora mi è
caro assicurare che sarò felice di fare la mia parte nella comune
ricerca di iniziative e di proposte che – nel solco della
plurisecolare esperienza di fede di queste comunità – consentano
alla Chiesa in Croazia di essere fedele alla sua missione, e di
continuare ad avere una presenza viva nella cultura e nella società.
E sarò altrettanto lieto di dare il mio contributo per una proficua
collaborazione con le Autorità e le istituzioni civili. Sono
fiducioso che potremo lavorare bene insieme, con tutte le persone di
buona volontà, in un’atmosfera di dialogo aperto, positivo e
costruttivo: un dialogo che – qui, come altrove nella regione –
dovrebbe mettere da parte le tensioni ereditate dal recente passato,
e valorizzare più ciò che c’è in comune anziché ciò che
divide.
Il motto
della recente Visita Apostolica
del Santo Padre è stato “Insieme
in Cristo”.
Esso voleva rafforzare l’unità, intorno a Cristo e al Suo Vicario,
il Successore di Pietro. Ma, al tempo stesso, voleva riproporre i
valori che hanno fatto grande questa Nazione. Voleva esprimere la
fiduciosa speranza che ancor oggi si possa progredire sulla strada
tracciata dai vostri padri.
Perciò,
proprio questo è l’augurio
affettuoso e sincero che desidero esprimere a voi e - attraverso di
voi - a tutta la Chiesa di Dio che è in Croazia. Possa la
consapevolezza di essere Chiesa, aiutare a ritrovarci, oggi e sempre,
riuniti attorno a Gesù, pietra angolare, e al Successore di Pietro,
il Santo Padre Benedetto XVI, che tanto ama questa Nazione. Amen!
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