E'
la sintesi dell'indirizzo di saluto rivolto dal cardinale Vinko Puljic a tutti i rappresentanti delle culture e delle religioni convocati
per l'incontro internazionale di preghiera a Sarajevo dal 9 al 11
settembre 2012. Ho letto l'indirizzo di saluto nelle pagine dedicate
dal portale della Comunità di Sant'Egidio all'incontro realizzato
nello 'Spirito di Assisi' e denominato “World Meeting for
Peace - Sarajevo 2012 – Living Together is the Future – Religions
and the Cultures in Dialogue”. L'incontro è stato organizzato
dalla stessa Comunità di Sant'Egidio in collaborazione con la
Comunità Islamica in BiH, con la Chiesa Serbo-Ortodossa, con
l'Arcidiocesi di Vrhbosna-Sarajevo
e
con la Comunità Ebraica in BiH.
Numerosissimi sono stati i rappresentanti i relatori e le personalità
intervenuti.
L'arcivescovo
di Vrhbosna-Sarajevo
nella sua omelia svolta durante la celebrazione d'apertura dell'8
settembre, in una cattedrale riempita da una assemblea variegata e
proveniente da molte parti e religioni del mondo, ha utilizzato
parole e concetti che mi hanno portato alla mente gli stessi che ho
osservato operanti nell'opera diplomatica ed ecclesiale svolta da S.
E. Alessandro D'Errico nel suo ministero di Nunzio Apostolico a
Sarajevo dal 2005 al 2012. Alla mente mi è soggiunto insieme con il
noto legame di amicizia personale tra il cardinale ed il nunzio
apostolico anche l'umile e paziente lavoro di discussione di dialogo
e di impegno personale che è necessario per giungere alla
realizzazione di momenti importanti e significativi per costruire
istituzionalmente un futuro di pace, di concordia e di sacro rispetto
reciproco tra le religioni e le culture. Un lavoro paziente ed umile
efficacemente svolto in nome della Santa Sede che ha ricevuto alti
riconoscimenti internazionali (Golden Charter di International League of Humanists for peace, Premio Bonifacio VIII) e celebrazioni della sua esemplarità (Libro: In Honorem). Si tratta di un lavoro proficuo svolto in un luogo divenuto
'simbolo' dello storico stridore tra le diversità antropologiche ma
anche dell'attuale speranza della loro concilazione e della loro
condivisione di interessi e valori umani comuni. In un luogo che oggi
gli organizzatori dell'Incontro Internazionale di preghiera hanno
voluto paragonare alla Gerusalemme d'Europa ed indicarlo come esempio
di città futura della convivenza pacifica dei popoli e delle
religioni.
Condivido
un brano memorabile circa i concetti espressi nell'omelia del
cardinale Puljic:
La
preghiera è stata forza per sopportare gli orrori della guerra, però
adesso sempre di più si stende la nuvola della disperazione. Ecco
perché è importante che da questa città parta il grande messaggio
di speranza, il messaggio di energia positiva, che dice: le diversità
non sono uno svantaggio ma una risorsa. Da questa diversità,
infatti, nasce il bisogno di costruire un mondo in cui nella
convivenza e nella tolleranza si possa sperare in un futuro
migliore.
Qui
desidero citare le parole che il beato papa Giovanni Paolo II doveva
dire a Sarajevo l’otto settembre 1994, ma non potendo venire queste
parole le ha inviate: la Dichiarazione dei diritti dell’uomo è uno
dei primi pilastri verso l’edificazione della pace. La guerra è
contro l’uomo. Se si vuole evitare la guerra è necessario
assicurare il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo tra i
quali occupa il primo posto il diritto alla vita di ogni uomo, dal
momento del concepimento fino alla morte naturale.
Esistono
anche altri diritti, per esempio la libertà religiosa e la libertà
di coscienza, che dirigono i principi della convivenza degli uomini
nell’ambito spirituale. Il Concilio Vaticano II ha dedicato a
questi diritti una dichiarazione particolare, la dichiarazione sulla
Dignità della persona, la Dignitatis humanae.
La
convivenza del singolo e dei popoli innanzi tutto deve fondarsi sui
“diritti dei popoli”. Come ogni singolo uomo, così anche ogni
popolo ha diritto di esistere, ha diritto di sviluppare il proprio
patrimonio culturale. Esso è fonte di ispirazione per le famiglie
che educando i figli, trasmettono alle generazioni future i beni
culturali della patria.
“…
Così nasce la pace nel rispetto dei diritti della persona e dei
diritti dei popoli; così si edifica e si difende la pace”.
Noi
siamo consapevoli che la pace è un compito grande. Siamo consapevoli
di non essere i padroni di noi stessi, ma secondo il diritto Divino,
facciamo parte di una grande famiglia; partendo dalla famiglia della
nostra Chiesa locale dell’arcidiocesi di Vrhbosna, della Chiesa
cattolica in Bosnia ed Erzegovina, come anche della Chiesa universale
Cattolica, e guardando in senso politico anche dell’integrazione
Europea. Per questo è necessaria la solidarietà del mondo
nell’impegno per costruire la pace e allargare i nostri orizzonti.
In primo luogo ci affidiamo a colui che è la nostra pace, il Cristo
Signore risorto che ci dona la sua pace, non come lo dona il mondo,
dove la legge del più forte sembra comandare, ma la pace nella
quale ogni essere umano è creato da Dio, amato, redento da Cristo;
così costituiamo la comunità dei credenti nella via d’amore e di
pace.
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