L'apertura
dell'edizione stampata di Glas Koncila di febbraio 2013 è
interamente dedicata alla riflessione ecclesiale effettuata durante
la Settimana Teologica Pastorale iniziata a Zagabria il 22
gennaio scorso (vedi post su questo blog). Sulla prima pagina
campeggia una foto dei numerosi partecipanti con in primo piano il
Nunzio Apostolico Mons. D'Errico accanto ai cardinali Bozanic e
Puljic, rispettivamente Arcivescovo di Zagabria e Arcivescovo di
Sarajevo. In primo piano sono
anche il vescovo Puljic, Presidente della Conferenza Episcopale
Croata, ed il vescovo Komarica, Presidente della Conferenza
Episcopale di Bosnia-Erzegovina.
L'articolo riporta
l'intervento del cardinale Bozanic calibrato sulle istanze teologiche
poste dalle dinamiche della cultura post-moderna che investe anche la
società croata. Sono ripresi anche i riferimenti teologici del
pensiero di Romano Guardini e del magistero pontificio espresso al
n.78 della Caritas in veritate, l'enciclica di Benedetto XVI
del 29 Giugno 2009 indirizzata a tutte le componenti ecclesiali,
consacrati e laici, e a tutti quelli che ricercano il bene dell'uomo
nella verità e nella carità. I contenuti
del lungo articolo sono anticipati anche sul portale on line di GK e
possono essere approfonditi mediante il link segnalato.
Con molta precisione il
titolo dell'articolo sull'edizione cartacea ripropone proprio una
frase del n.78 dell'enciclica del Papa: “L'umanesimo
che esclude Dio è un umanesimo disumano”.
Il
N. 78 della Caritas in veritate
è anche conclusivo dell'enciclica pontificia ed in qualche modo ne
rappresenta una sintesi, perciò lo propongo alla lettura intera.
78.
Senza Dio l'uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a
comprendere chi egli sia. Di fronte agli enormi problemi dello
sviluppo dei popoli che quasi ci spingono allo sconforto e alla resa,
ci viene in aiuto la parola del Signore Gesù Cristo che ci fa
consapevoli: «Senza di me non potete far nulla» (Gv
15,5)
e c'incoraggia: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del
mondo» (Mt28,20).
Di fronte alla vastità del lavoro da compiere, siamo sostenuti dalla
fede nella presenza di Dio accanto a coloro che si uniscono nel suo
nome e lavorano per la giustizia. Paolo VI ci ha ricordato nella
Populorum
progressio che
l'uomo non è in grado di gestire da solo il proprio progresso,
perché non può fondare da sé un vero umanesimo. Solo se pensiamo
di essere chiamati in quanto singoli e in quanto comunità a far
parte della famiglia di Dio come suoi figli, saremo anche capaci di
produrre un nuovo pensiero e di esprimere nuove energie a servizio di
un vero umanesimo integrale. La maggiore forza a servizio dello
sviluppo è quindi un umanesimo cristiano, che ravvivi la carità e
si faccia guidare dalla verità, accogliendo l'una e l'altra come
dono permanente di Dio. La disponibilità verso Dio apre alla
disponibilità verso i fratelli e verso una vita intesa come compito
solidale e gioioso. Al contrario, la chiusura ideologica a Dio e
l'ateismo dell'indifferenza, che dimenticano il Creatore e rischiano
di dimenticare anche i valori umani, si presentano oggi tra i
maggiori ostacoli allo sviluppo. L'umanesimo
che esclude Dio è un umanesimo disumano.
Solo un umanesimo aperto all'Assoluto può guidarci nella promozione
e realizzazione di forme di vita sociale e civile — nell'ambito
delle strutture, delle istituzioni, della cultura, dell'ethos
—
salvaguardandoci dal rischio di cadere prigionieri delle mode del
momento. È la consapevolezza dell'Amore indistruttibile di Dio che
ci sostiene nel faticoso ed esaltante impegno per la giustizia, per
lo sviluppo dei popoli, tra successi ed insuccessi, nell'incessante
perseguimento di retti ordinamenti per le cose umane. L'amore
di Dio ci chiama ad uscire da ciò che è limitato e non definitivo,
ci dà il coraggio di operare e di proseguire nella ricerca del bene
di tutti,
anche se non si realizza immediatamente, anche se quello che
riusciamo ad attuare, noi e le autorità politiche e gli operatori
economici, è sempre meno di ciò a cui aneliamo. Dio ci dà la forza
di lottare e di soffrire per amore del bene comune, perché Egli è
il nostro Tutto, la nostra speranza più grande.
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