Nello
scenario dello storico Palazzo Dverce di Zagabria, destinato agli
eventi politicamente più importanti e rappresentativi della Capitale
della Croazia (vedi questo post sul blog), si è tenuta il giorno 19
novembre 2014 la presentazione della traduzione croata del libro “La
Santa Sede e la Repubblica di Croazia, 20 anni di Relazioni
Diplomatiche (1992-2012). Il libro edito dalla Libreria Editrice
Vaticana raccoglie i saggi e gli interventi sviluppati nel Convegno
organizzato dall'Ambasciata di Croazia presso la Santa Sede nel
Novembre del 2013, una iniziativa tra le più significative tra
quelle che accompagnarono tra Ottobre e Novembre 2013 la visita
istituzionale del Governo Croato in Vaticano (vedi questo post sul blog).
La
presentazione del libro tradotto in croato, sempre edito dalla
Libreria Editrice Vaticana, si è avvalsa degli interventi
prestigiosi del Presidente della Repubblica di Croazia, Ivo
Josipovic, del Cardinale Josip Bozanic, Arcivescovo di Zagabria,
della Signora Vesna Kusin, Vice-Sindaco di Zagabria, e del Nunzio
Apostolico in Croazia, S. E. l'Arcivescovo Alessandro D'Errico.
L'importanza
culturale ed il significato storico dell'evento sono stati colti e
ampiamente comunicati dai media, giornali, blogs, social network e
portali istituzionali, i quali hanno riportato commenti e stralci
delle relazioni tenute dalle Personalità intervenute. I link
segnalati portano ad alcuni portali che hanno seguito l'evento con
commenti e foto.
L'intervento
del Nunzio Apostolico è riportato nel testo italiano da lui stesso
predisposto per la presentazione di Zagabria.
PRESENTAZIONE
DELL’EDIZIONE CROATA DEL LIBRO
“SANTA SEDE E CROAZIA:
VENTI ANNI DI RAPPORTI DIPLOMATICI (1992012)”
(Zagabria, 19
novembre 2014)
Sono molto grato al Ministero degli
Affari Esteri ed Europei, all'Accademia Diplomatica, alla Città di Zagabria,
alla Casa editrice Alfa e soprattutto
all’Ambasciatore Filip Vučak per l'impegno e la competenza con cui hanno
promosso e seguito la pubblicazione di questo volume, che raccoglie gli atti
della Conferenza che ebbe luogo in
Vaticano il 20 ottobre 2012, in occasione del 20º Anniversario dei rapporti diplomatici tra la Santa Sede e la Repubblica di
Croazia. Conoscevo già l’edizione in lingua italiana di questo libro, che è
stata per me di grande utilità per il mio servizio di Nunzio Apostolico in Croazia.
Da tempo speravo che essa fosse tradotta e pubblicata anche in lingua croata.
Sono lieto di costatare che ciò è stato fatto, grazie all’attivo interessamento
di tante benemerite istituzioni. Sono certo che questo libro renderà un
grande servizio non soltanto ai diplomatici
e agli esperti di relazioni internazionali, ma anche a tante persone che si
interessano ai rapporti tra la Santa Sede e la Croazia. Su queste relazioni
vorrei soffermarmi brevemente, raccogliendo le mie riflessioni in quattro
punti.
1.
In primo
luogo, vorrei sottolineare che i rapporti stretti e cordiali della Santa
Sede con il popolo croato hanno una storia
plurisecolare. Già nel lontano 879 - oltre undici secoli orsono - Papa
Giovanni VIII, indirizzò una lettera al
Principe Branimir, assicurando preghiere per il suo “principato terreno”. Come sapete, questo gesto di Papa Giovanni
VIII è considerato come il primo riconoscimento internazionale della Croazia,
perché il riconoscimento del Papa - che allora era la più alta autorità
ecclesiale e politica - era qualcosa di simile all’odierna ammissione nelle
Nazioni Unite.
Inoltre, sono ben documentati anche contatti anteriori
tra la Sede Apostolica e queste terre, fin dai tempi di San Paolo (2 Tim. 4,10).
Questi forti legami tra la Croazia e la Santa Sede non
sono venuti meno attraverso i secoli, ed hanno ispirato le relazioni intercorse
dal 1992 ad oggi.
2.
Il riconoscimento
dell’indipendenza dell’attuale Croazia da parte della Santa Sede avvenne 13
gennaio 1992 sotto il pontificato di San Giovanni Paolo II. Spesso si dice che la Santa Sede è stata il
primo soggetto di diritto internazionale a riconoscere la Croazia. Ciò non è
esatto, perché il primo a riconoscerla - nel 1991 - fu la Slovenia, che fu
seguita dall’Islanda, dalla Lituania, dall’Irlanda e dalla Germania. Il
riconoscimento della Santa Sede venne agli inizi del 1992, due giorni prima di
quel famoso 15 gennaio 1992, allorché gli altri Paesi membri della Comunità Europea
riconobbero l’indipendenza della Croazia.
Che Giovanni
Paolo II (il Papa di quel periodo) avesse una particolare attenzione per il
popolo croato, lo dimostrano le tre Visite Pastorali da lui compiute, e i
numerosi interventi a livello pastorale e diplomatico. Ma dev’essere chiaro
che, riconoscendo Croazia e Slovenia - i cui popoli avevano fatto
democraticamente la scelta dell’indipendenza, secondo quanto consentito dalla
Costituzione della Jugoslavia del 1974 - il Papa ha sempre precisato che tale
riconoscimento non era diretto contro nessuno. Piuttosto, davanti al triste
spettacolo dei combattimenti, Giovanni Paolo II pensò che il riconoscimento
internazionale delle due Repubbliche avrebbe potuto porre fine al conflitto
armato. Perciò, dando precise istruzioni al suo Segretario di Stato, egli
chiese che ogni iniziativa fosse accompagnata da una precisazione: il
riconoscimento delle nuove Repubbliche da parte della Santa Sede era pensato
non per allargare le ostilità, ma per fermarle.
3.
Segno tangibile delle eccellenti
relazioni che intercorrono tra Croazia e la Santa Sede, sono i quattro Accordi firmati e ratificati
tra il 19 dicembre 1996 e il 14 dicembre 1998. Il primo riguarda le
questioni giuridiche; il secondo la collaborazione in campo educativo e
culturale; il terzo l’assistenza ai fedeli cattolici membri delle Forze
armate e della Polizia; il quarto questioni economiche.
A distanza di diciotto anni dalla firma dei primi tre Accordi e di sedici da quella dell’Accordo sulle questioni economiche, si può affermare che la loro
applicazione è stata sostanzialmente positiva. L’Accordo che tuttora richiede una maggiore attenzione ed
applicazione è quello sulle questioni economiche, per ciò che riguarda i beni
confiscati durante il regime comunista jugoslavo.
4.
In questo contesto di plurisecolari e
consolidate relazioni con il popolo croato, e nella visione dell’Europa a due polmoni - di cui Giovanni Paolo II parlava spesso -
non può meravigliare l’appoggio incondizionato che la Santa Sede ha dato al processo di integrazione europea della
Croazia.
Dal nostro punto di vista, la Croazia - per la sua storia e la sua
collocazione geografica - è sempre stata parte della civiltà europea. In questa
prospettiva, l’Arcivescovo Dominique Mamberti – che allora era il nostro “Ministro degli Esteri” (Segretario per i
Rapporti con gli Stati) - il 30 giugno 2013, alla vigilia dell’entrata della
Croazia nell’Unione Europea, dichiarò pubblicamente che rendeva grazie a Dio “per un traguardo rimarchevole nella storia
della Nazione croata” (Omelia alla chiesa di San Girolamo dei Croati, in
Roma). Tuttavia, egli affermò che questo traguardo non doveva essere
considerato come un punto di arrivo, ma come un punto di partenza per una nuova
missione: “Questo vuole dire un impegno
ancora più intenso nella costruzione della casa comune che è il nostro
continente ... vedendo in essa non soltanto l’opportunità per il progresso e la
prosperità della propria patria, ma anche per la costruzione dell’Europa come
una casa comune di popoli di pari dignità”. E poi aggiunse: “Se un compito ha oggi la Croazia, se c’è un
impegno oggi che possiamo consegnare con fiducia al popolo croato, è quello di
ravvivare in Europa la consapevolezza delle radici cristiane, mediante la
testimonianza di valori di cui essa stessa è portatrice”.
Perciò, guardando al futuro europeo della Croazia, il nostro augurio è che,
come altre Nazioni di solida tradizione cristiana, essa possa offrire all’Europa
uno specifico contributo di valori spirituali e morali; e cioè, di quei valori
che hanno plasmato per secoli l’identità personale e nazionale dei suoi figli.
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