Nelle
comunicazioni ufficiali della 48.a Conferenza Episcopale Croata e sul portale
dell’Arcidiocesi di Zagabria è stato dato un grande rilievo alla Santa Messa di
ringraziamento per la canonizzazione dei Santi Papi Giovanni XXIII e Giovanni
Paolo II. L’Eucaristia è stata presieduta dall’Arcivescovo Alessandro D’Errico
in comunione con il cardinale Bozanic, Arcivescovo di Zagabria, con l’Arcivescovo
Zelimir Puljic, Presidente della Conferenza Episcopale Croata, con i vescovi croati partecipanti alla Sessione del 13 Maggio 2014 e con i vescovi delegati delle Conferenze Episcopali delle nazioni vicine come la Bosnia-Erzegovina e la Slovenia (vedi post sulla 48.a Sessione della CBC).
In
particolare il portale dell’Arcidiocesi, sottolineando la coincidenza con la Festa della Madonna di Fatima, ha pubblicato una bella galleria fotografica
della celebrazione che è stata seguita dalla presentazione in cattedrale del
libro scritto dal cardinale Bozanic su Giovanni Paolo II e sulla importanza del suo pontificato per la
Croazia.
I media cattolici e laici,
anche della Bosnia-Erzegovina, hanno dato ampio spazio all’evento ed hanno
riportato commenti e brani in croato dell’omelia
del Nunzio Apostolico. Noi la leggiamo per intero nel testo originale in
italiano.
Messa di
Ringraziamento
per la
Canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II
Omelia del Nunzio Apostolico
(Zagabria, 13
maggio 2014)
Sono molto grato al Cardinale Bozanić
per essersi fatto promotore di una solenne Messa di ringraziamento per la
canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovani Paolo II, in occasione della
Sessione Primaverile della Conferenza Episcopale. Insieme a lui, saluto
fraternamente il Presidente della CEC, l’Arcivescovo Želimir Puljić, i Confratelli Vescovi qui presenti, i
Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose, i Seminaristi, gli operatori di
Pastorale, e tutti voi, cari fratelli e sorelle, che partecipate con tanta
devozione a questa solenne liturgia. Con tutta semplicità, consentitemi di dire
che sono molto toccato da questa iniziativa, che esprime - un volta di più - i
vincoli di profonda comunione della Chiesa di Dio che è in Croazia con la Sede
Apostolica.
Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II sono
stati due Pontefici che hanno segnato la storia della Chiesa contemporanea. Il
primo, il Papa Buono, è il Papa del
Concilio Vaticano II, che ha aperto nuovi orizzonti per il cammino della Chiesa;
ed è il Papa che ha toccato i cuori di generazioni di persone, anche di quelle
tradizionalmente lontane dalla fede cristiana. Giovanni Paolo II è il Papa che veniva dall’Est. Il suo lungo pontificato
è stato ricco di frutti, anche perché era animato da un grande senso pastorale
e missionario, che lo portò a rendersi fisicamente presente in tutti i punti
dell’Orbe cristiano. E’ il Papa che qui è conosciuto come amico della Croazia. Ebbene, soprattutto su di lui vorrei
soffermarmi con una mia personale testimonianza, perché ho avuto la gioia e
l’onore di conoscerlo da vicino, e perché egli ha sempre costituito per me un
importante e constante punto di riferimento nel mio cammino di Sacerdote e di
Vescovo.
Fu lui a chiamarmi all’episcopato nel
1998 e da lui ricevetti l’ordinazione episcopale il 6 gennaio 1999. Ebbi il
privilegio di conoscerlo personalmente, prima nel mio servizio nelle Nunziature
Apostoliche, e specialmente dal 1986, allorché fui trasferito alla Prefettura
della Casa Pontificia, e poi in Italia. Successivamente, nella primavera del
1992, accolsi con emozione la notizia che egli voleva destinarmi alla
Nunziatura Apostolica in Polonia, la sua amatissima Patria. Lì per sette anni
potei costatare più da vicino i vincoli profondi che univano il Santo Padre, la
Polonia e il mondo slavo. Lì capii meglio alcuni aspetti della sua grande
personalità di sacerdote, filosofo e pastore.
Nel 1998 egli mi volle suo
Rappresentante in Pakistan e Afghanistan. E proprio dalla intensa esperienza in
quei Paesi lontani, vorrei menzionare un episodio che è restato impresso in
maniera indelebile nel grato ricordo che ho di lui. Alla sua morte, nel 2005,
fu commovente vedere la partecipazione delle nostre piccole comunità e anche di
tanti musulmani di buona volontà. Soprattutto destò molta meraviglia il fatto
che il Presidente di quella Repubblica Islamica, il Gen. Pervez Musharraf, mi
fece sapere che era suo desiderio di venire in Nunziatura per fare le
condoglianze. Non era una cosa di routine,
perché il Presidente non partecipava ad eventi tristi o lieti delle Ambasciate.
Venne dunque il Capo dello Stato, scrisse una pagina densa sul registro di
condoglianze; ci intrattenemmo a lungo sulle spinose questioni delle relazioni
sofferte tra le comunità cristiane e il mondo islamico. Poi - allorché
presentai il personale della Nunziatura Apostolica - il Gen. Musharraf
improvvisò un discorso, in cui disse qualcosa che a mio parere coglieva una
specifica nota della figura di Giovanni Paolo: “Vi chiederete perché ho fatto questo strappo al protocollo. Ebbene il
motivo è molto semplice: quando sono stato da lui in Vaticano, mi colpì
soprattutto una cosa. Al di là di quello che ci dicemmo, fui affascinato dalla
“grande luce” che emanava da lui. Lo ricordo come una persona “fosforescente”.
Trasmetteva una energia di luce, che mi toccò profondamente”.
Ebbene, questa era stata anche la mia esperienza, sin dal primo
incontro personale con Giovanni Paolo. Il Gen. Musharraf aveva ragione! Da lui
emanava una grande luce: la luce del suo mondo interiore, della Sua vicinanza
con Dio. Di lui ho sempre ammirato la fermezza del carattere, la vasta
formazione umana e culturale, la coerenza delle decisioni, l’illuminato
magistero, lo zelo apostolico, l’impegno ecumenico ed interreligioso. Ma
soprattutto, in me resta per sempre scritta nella memoria che ho di lui, la
luce che si irradiava negli incontri con lui. Perciò non cesso di rendere
grazie a Dio per il dono che ha fatto alla Chiesa e al mondo di una tale
eminente e santa figura di Vescovo e di Sommo Pontefice.
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Un
altro punto vorrei aggiungere in questa mia testimonianza; e questo riguarda
ciò che molti tra voi ebbero la possibilità di sperimentare e di provare
direttamente. E cioè, Giovanni Paolo II era una persona che conosceva bene i
problemi della Croazia. Egli univa in maniera esemplare la sensibilità slava
della sua origine polacca con la responsabilità del Supremo Pastore della
Chiesa Cattolica.
Quando
ero in servizio a Roma (fino al 1992) e quando ero in Polonia (fino al 1999),
lo sentii molte volte esprimere la sua amarezza e la sua preoccupazione per ciò
che stava succedendo qui, in Croazia e nei Paesi vicini, alla fine del
ventesimo secolo, in piena Europa. Perciò non esitò a levare incessantemente la
sua voce, per richiamare l’attenzione del mondo e dei responsabili della
comunità internazionale. Per questo motivo, sentì suo dovere attivare le
risorse migliori della diplomazia pontificia, affinché la voce del Papa avesse
l’eco sperata. E, come ben sapete, si fece premura di seguire personalmente gli
interventi degli organismi caritativi cattolici, affinché la vicinanza
spirituale si traducesse anche in iniziative e gesti concreti di solidarietà.
Questa
celebrazione mi spinge anche a richiamare qualche elemento che non può essere
dimenticato. E cioè, in questi anni del mio servizio alla Chiesa croata, ho
potuto costatare che i fedeli croati conservano nella propria memoria di fede
in particolare il tesoro delle tre Visite di Giovanni Paolo II in Croazia e
delle due in Bosnia ed Erzegovina. Oltre a queste, nell’anno 1989 egli visitò
pure il Pontificio Collegio Croato di San Girolamo in Roma. Personalmente sono
convinto che proprio quei giorni - per quanto essi rispecchiavano le gravi
difficoltà e le sfide di delicati momenti storici - sono tra i giorni i più
felici della Chiesa croata. Perciò sono veramente lieto che stasera possiamo
pregare insieme proprio nella Cattedrale di Zagabria, che custodisce la memoria
di due di quelle Visite.
Senza
dubbio, la prima Visita di vent’anni fa ebbe un’importanza speciale: la
preghiera di Giovanni Paolo II sulla tomba del Cardinale Alojzije Stepinac fu
un gesto che toccò profondamente i fedeli croati, e allo stesso tempo aprì la
strada verso la canonizzazione di quel venerabile Pastore, per la quale
continuiamo a pregare intensamente anche oggi.
Inoltre,
mi pare importante menzionare che le relazioni tra i fedeli croati e Giovanni
Paolo II hanno radici ancora più profonde. Come sarebbe possibile dimenticare
l’affetto e il calore delle parole con le quali per la prima volta un Papa si
rivolse ai croati, in lingua croata? Questo avvenne trentacinque anni fa, il 30
aprile 1979 nella Basilica di San Pietro a Roma. Dopo aver menzionato ai
partecipanti del pellegrinaggio nazionale croato i vincoli tra la Santa Sede e
il popolo croato, egli insistette su una triplice fedeltà: la fedeltà a Gesù
Cristo e al Vangelo, testimoniata con lo spirito dei martiri; la fedeltà alla
Chiesa Romana e alla Cattedra di San Pietro; la fedeltà e la devozione verso
Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa. A questa triplice fedeltà aggiunse un triplice
incoraggiamento: “Siate fedeli,
siate costanti, siate orgogliosi del vostro nome cristiano”! ; e una
triplice espressione di vicinanza: “Miei
cari Croati! Il Papa vi ama. Il Papa vi abbraccia e vi accoglie. Il Papa vi
benedice!”. Nelle sue Visite in Croazia, era sempre intrecciata questa
triplicità, non solo come memoria del passato, ma anche come impegno della
missione della Chiesa nel popolo croato. Perciò, ogni sua Visita portò dentro
di sé uno sguardo retrospettivo di ringraziamento per l’opera compiuta in virtù
della grazia di Dio; e al tempo stesso uno sguardo verso il futuro, nella luce
della fede.
Cari fratelli e sorelle, rendiamo grazie
a Dio per i doni che abbiamo ricevuto tramite il santo Papa appena canonizzato.
Il mio augurio, che si fa preghiera in questa celebrazione eucaristica, è che
la triplice fedeltà e i vincoli con la Sede Apostolica continuino ad
accompagnare sempre il cammino di queste Chiese particolari.
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Consentitemi un’ultima breve
riflessione. Questa celebrazione di ringraziamento è stata organizzata per oggi,
quando celebriamo la memoria liturgica della Madonna di Fatima. E ciò per
ricordare che il 13 maggio del 1981 Giovanni Paolo II miracolosamente sopravvisse
ad un grave attentato, grazie alla celeste protezione di Maria. Nella nostra
visione di fede di ciò che avvenne 33 anni fa, ci fu Qualcuno che rovesciò le
intenzioni e i piani di persone che deliberatamente avevano deciso di eliminare
il Papa. Noi crediamo che ci fu la mano del Signore, grazie all’intercessione
della Madre di Dio, com’è avvenuto spesso nella storia della Chiesa.
Ci sono tanti segni nella vita e nel pontificato
di Giovanni Paolo II che parlano “una
lingua mariana”. Nella sua devozione alla Madonna, egli affidò a Lei tutta
la sua vita; e la Beata Vergine lo accompagnò sempre, in tutte le parti del mondo.
Così avvenne anche qui, in Croazia: nei Santuari a Lei dedicati e davanti alle
icone mariane qui venerate da secoli, egli sempre affidò le sorti della Chiesa.
In Giovanni Paolo II possiamo trovare un
esempio luminoso di devozione mariana. Ciò mi pare importante specialmente in
questo mese di maggio consacrato a Maria. Perciò ci rivolgiamo a Lei, Madre
della Chiesa, soprattutto oggi, affidandoLe - con filiale e rinnovato fervore -
le ansie, le gioie e le speranze delle nostre Chiese particolari.
Possa la Vergine Santa - Advocata
Croatiae, fidelissima Mater - ottenere per tutti noi qui convenuti e per
tutta la Chiesa croata - qui degnamente rappresentata dai suoi Sacri Pastori -
abbondanza di benedizioni e di grazie. Amen!
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