E'
il testo di una conferenza tenuta il 12 Febbraio 2009 alla Facoltà
di Scienze Politiche dell'Università di Sarajevo. L'importanza delle
tematiche sviluppate e il dibattito suscitato a livello accademico
hanno reso opportuna una diffusa pubblicazione. Il testo della
conferenza, rimaneggiato per l'occasione, ha trovato anche il luogo
della riflessione teologica e storico-ecclesiale tra le pagine di
'Studi Storici e Religiosi' (N.1, 2010), la rivista semestrale che viene
stampata a cura dell'Istituto di Scienze Religiose 'San Paolo' della
diocesi di Aversa originaria di S. E. Alessandro D'Errico.
Mons.
D'Errico tratta alcune fondamentali questioni che riguardano la
Diplomazia Pontificia, dandone una lezione semiologica storica ed
istituzionale, e sottolineandone le specificità etiche ed
ecclesiali. Il Nunzio Apostolico viene accreditato dalla Santa Sede,
ossia dal Governo Centrale della Chiesa Cattolica con a capo il Papa,
sia per stabilire rapporti diplomatici e relazioni bilaterali con le
Autorità degli Stati e sia per rappresentare il magistero pontificio
nella comunione ecclesiale locale. Il suo ruolo si esprime quindi
nell'irrinunciabile dialogo, per la pace e per il servizio a favore
della salvezza e della dignità della persona umana e dei popoli,
svolto nella prospettiva umanitaria evangelica e missionaria.
Alcune
annotazioni personali di Mons. D'Errico, intercalate nella sapiente
trattazione dell'argomento, sono estremamente significative per la
consapevolezza e la testimonianza della fede di un nunzio apostolico:
il “martirio della pazienza”, allocuzione del cardinale Casaroli,
che caratterizza il sentimento antropologico della fiducia
incrollabile nell'umana bontà e nella riuscita delle intenzioni
diplomatiche della Santa Sede, e la coscienza ecclesiale di essere
“servo inutile” a disposizione del Signore nel compimento del
proprio dovere.
DIPLOMAZIA
PONTIFICIA:
COMPITI
E PRINCIPI
Alessandro
D'Errico
Recentemente
ho tenuto una conferenza sulla diplomazia pontificia alla Facoltà di
Scienze Politiche dell'Università di Sarajevo. In tale circostanza
parecchi mi hanno chiesto di mettere per iscritto le mie riflessioni,
al fine di una più larga e più fedele diffusione. Da ciò trae
origine anche questo articolo, con il quale intendo rispondere alle
questioni che spesso si pongono qua e là in merito alla diplomazia
vaticana.
Santa
Sede o Stato della Città del Vaticano?
Le
prime domande - di base - sono queste: Cosa è meglio dire:
diplomazia della Santa Sede o
dello
Stato della Città del Vaticano? E come si esercita questa
diplomazia, se il Vaticano non ha
industria,
né commercio, né esercito; e di conseguenza non ha una cooperazione
economica o
cooperazione
militare da offrire?
Per
rispondere a queste questioni, anzitutto mi sembra importante
chiarire cosa si intende per Santa Sede e per Stato della Città
del Vaticano. Nel diritto e nella prassi internazionale per
Santa Sede si intende il Governo Centrale della Chiesa Cattolica (con
a capo il Papa), al quale viene riconosciuta sovranità piena e
assoluta nella sua missione spirituale - e percio il diritto
di legazione attivo e passivo - come a uno Stato. Attualmente la
Santa Sede ha relazioni diplomatiche con 177 Paesi; ma a questo
numero bisogna aggiungere ancora qualcosa, come dirò piu avanti.
Quali
sono i motivi per giustificare questo riconoscimento, che
attualmente è unico nella storia del diritto internazionale e
diplomatico?
Ci
sono diverse teorie internazionalistiche, che non mi e
possibile esporre qui per limiti di tempo. Tuttavia vorrei almeno
accennare a una teoria di piu facile presentazione, di ordine
storico. Come sapete, per molti secoli - dal 754 al 1870 - il Papa e
stato anche Sovrano temporale di uno Stato vero e proprio, che si
chiamava "Stati Pontifici". Esso copriva un
territorio abbastanza vasto, che corrispondeva piu o meno all'Italia
centrale di oggi. Gli Stati Pontifici conobbero serie difficolta
nella seconda meta del XIX secolo. Allora in Italia, che aveva una
diversa configurazione politica, e comprendeva parecchi piccoli Stati
sovrani, maturò il senso di una unità nazionale, che (con la
soppressione dei piccoli Stati) si realizzò soprattutto negli anni
1859-1870. Roma – allora capitale degli Stati Pontifici –
fu occupata nel 1870. A livello internazionale il Sommo
Pontefice continuò di fatto ad esercitare il diritto di legazione
attivo e passivo, pur trovandosi nella difficile situazione di vedere
occupati i territori degli Stati Pontifici. Fu cosi che un po' per
volta i Papi che si succedettero in quegli anni maturarono l'idea di
rinunciare alla sovranita temporale, per concentrarsi sulla missione
spirituale di Capo della Chiesa Cattolica.
La
questione fu risolta nel 1929, quando fu stipulato il Trattato
Lateranense con l'Italia. Con esso fu riconosciuta la sovranita
piena e assoluta del Papa nella sua missione spirituale (come a un
Capo di Stato); e al tempo stesso fu riconosciuta anche la sua
potesta sovrana su un piccolo territorio di Roma, intorno al colle
Vaticano. Nacque cosi lo Stato della Città del Vaticano (SCV),
che in questa prospettiva e erede degli Stati Pontifici. Perciò per
SCV intendiamo il piccolo territorio (44 ettari) riconosciuto come
Stato, per garantire la indipendenza e la sovranità della Santa
Sede, e per facilitare la sua missione spirituale ma anche
internazionale.
Allora,
chi e il soggetto di diritto internazionale, il soggetto della
diplomazia pontificia? La Santa Sede o lo Stato della Citta del
Vaticano?
La
risposta e che entrambi sono soggetti di diritto internazionale; e
entrambi hanno un unico Sovrano, che è il Papa. Ma lo SCV e
certamente atipico nella sua sovranità, perche essa è finalizzata a
quella della Santa Sede, come ho cercato di chiarire.
Di
conseguenza, dire diplomazia dello SCV o Ambasciata dello SCV e
parecchio limitativo: la diplomazia pontificia è diplomazia della
Santa Sede; e i Nunzi Apostolici sono Ambasciatori della Santa
Sede. Cosi pure, il passaporto dei
diplomatici vaticani è della Santa Sede; e nella lista
diplomatica di tutti i Paesi con i quali abbiamo relazioni
diplomatiche, veniamo sotto il nome "Santa Sede".
A
conferma di cio, vorrei ricordare che nella lista dei Paesi
pubblicata annualmente dall'ONU, al
nome
"Santa Sede" è aggiunta una specificazione; e cioè, che
all'ONU deve essere usato il nome "Santa Sede", eccetto
tuttavia cio che riguarda l'Unione Internazionale delle
Telecomunicazioni e l'Unione Universale delle Poste, ove bisogna
usare il termine SCV.
Tuttavia,
direi che e corretto anche parlare di diplomazia vaticana, se
per "Vaticano" intendiamo non solo lo SCV, ma una maniera
piu estesa di intendere la Santa Sede, come autorità morale e
spirituale nella Comunita Internazionale.
Nunziature
e Nunzi Apostolici
Le
Ambasciate della Santa Sede hanno il nome di Nunziatura Apostolica; e
l'Ambasciatore della Santa Sede ha il nome di Nunzio Apostolico. La
parola "Nunzio" è di origine latina. Significa messaggero,
inviato; la parola "apostolico" fa riferimento al Papa e
alla Sua missione. Perciò il Nunzio Apostolico è l'Inviato del
Papa, l'Ambasciatore del Papa e della Santa Sede. Dire che il Nunzio
Apostolico è l'Ambasciatore della Santa Sede, è si corretto, per
ovvi motivi; ma non dice interamente la sua funzione e la sua
missione. E questo per un motivo molto semplice: il Nunzio Apostolico
è l'Inviato della Santa Sede, del Papa; ma il Papa e la Santa Sede
hanno non solo una funzione diplomatica, ma anche una funzione
spirituale: di Governo Centrale della Comunita Cattolica. Questi
due aspetti, queste due funzioni sono fondamentali per intendere
meglio il lavoro di un Nunzio e di una Nunziatura Apostolica.
Dal
punto di vista del diritto interno della Chiesa, un documento
importante per capire e definire le funzioni dei Nunzi Apostolici è
quello di Paolo VI, del 1969: la Sollecitudo Omnium Ecclesiarum.
Questo documento è passato nella sostanza nell'attuale Codice di
Diritto Canonico, che è in vigore dal 1983. Questi due testi
legislativi - di diritto interno alla Chiesa Cattolica - presentano
tre compiti per la missione del Nunzio Apostolico:
Compito
diplomatico: e quello presso gli Stati e le Organizzazioni
Internazionali, analogo a quello di altri Ambasciatori;
Compito
ecclesiale: il Nunzio Apostolico ha anche una missione presso
la Comunita Cattolica del Paese al quale e inviato. E' una funzione
di coordinamento a livello locale, e di tramite tra le
Comunita
Cattoliche e il Governo Centrale della Chiesa (Santa Sede);
Compito
ecumenico e interreligioso. Oggi - dopo le incomprensioni del
passato - si insiste molto sulla necessita di un dialogo tra le
culture e tra le religioni. Parliamo di dialogo ecumenico,
quando si tratta di relazioni con altre denominazioni religiose
cristiane (gli Ortodossi, per es., per ciò che riguarda la Bosnia ed
Erzegovina). Parliamo di dialogo interreligioso, quando si
tratta di relazioni e contatti con altre religioni non-cristiane,
come per
esempio
l'Islam.
Per
questa ragione, all'inizio della sua missione un Nunzio Apostolico
riceve due Lettere Credenziali: una per il Capo di Stato al
quale e inviato (come gli altri Ambasciatori), e un'altra per
il Presidente della Conferenza dei Vescovi della Comunita Cattolica
locale (che qui in Bosnia ed Erzegovina è il Card. Vinko Puljić,
Arcivescovo Metropolita di Vrhbosna-Sarajevo). Così è stato anche
per me, quando sono arrivato nel 2006.
Da
un punto di vista internazionalistico, della figura del Nunzio
Apostolico si parla espressamente nella Convenzione di Vienna
sulle Relazioni Diplomatiche, del 1961. L'art. 14 della
Convenzione di Vienna parla di 3 classi di Capi-Missione; per
la prima classe dice espressamente che essa e "quella di
Ambasciatori o Nunzi Apostolici accreditati presso i Capi di
Stati,
e quella di altri Capi Missione che hanno un rango equivalente".
Poi – e questo è un punto interessante – di nuovo si parla dei
Nunzi Apostolici all'art. 16. Questo articolo riguarda la
decananza, l'ordine di precedenza tra i Capi Missione. Orbene,
al par. 1 si stabilisce che i Capi Missione prendono il loro
rango secondo la data e l'ora in cui hanno assunto le loro funzioni;
poi, al par. 3 si dice: "Questo articolo non tocca gli
usi che sono accettati o saranno accettati dallo Stato accreditatario
per ciò che concerne la precedenza del Rappresentante della Santa
Sede".
Questo
paragrafo trova la sua ragion d'essere nel fatto che in molti Paesi -
soprattutto quelli a maggioranza cattolica (ma non solo quelli) - c'è
l'uso di dare al Nunzio Apostolico la precedenza tra i Capi Missione.
In altre parole, il Nunzio Apostolico diventa subito Decano del Corpo
Diplomatico, dal momento in cui presenta le Credenziali. Questo
avviene in tutta l'America Latina, in quasi tutta l'America
Centrale, in parecchi Paesi di Europa, in qualche Paese di
Asia e di Africa (Filippine, Costa d'Avorio, Marocco).
Tra i Paesi europei ci sono tra l'altro: Portogallo, Spagna,
Francia, Germania, Belgio, Irlanda, Italia, Malta, Austria, Svizzera,
Ungheria, Slovacchia, Polonia. Per i Balcani, cio avviene in
Slovenia e in Croazia (in questa regione, abbiamo un Nunzio
Apostolico non-decano a Belgrado e a Sarajevo; e un Nunzio Apostolico
non residente per Maceonia e Montenegro).
Come
ho già accennato, attualmente la Santa Sede ha relazioni
diplomatiche con 177 Paesi. Ad essi bisogna aggiungere la Comunità
Europee e il Sovrano Militare Ordine di Malta. Poi ci sono Missioni
Speciali presso la Federazione Russa e l'Organizzazione per la
Liberazione della Palestina. A Livello multilaterale, la Santa Sede è
presente presso una trentina di Organizzazioni Internazionali e
Organizzazioni Regionali.
Altri
elementi singolari della diplomazia pontificia.
Mi
pare opportuno menzionare altri due aspetti di minore importanza,
ma forse interessanti.
I
diplomatici della Santa Sede non vengono reclutati in un solo Paese,
ma in tutti e cinque i Continenti. In passato c'era una maggioranza
di italiani; negli ultimi anni si sta allargando sempre più il
cosiddetto fenomeno di internazionalizzazione della diplomazia
pontificia (lo stesso Papa viene dalla Germania; Giovanni Paolo
II era polacco). Il motivo è ovvio, considerando ciò che
abbiamo detto circa la Santa Sede come Governo Centrale della Chiesa
cattolica, che è sparsa in tutto il mondo. A Sarajevo, il Nunzio
Apostolico è italiano, il primo Collaboratore è polacco. La Bosnia
ed Erzegovina ha tre diplomatici vaticani (uno e alla Nunziatura
Apostolica in Brasile, un altro in Nuova Zelanda, un altro al
Protocollo della Casa Pontificia).
Il
doppio accreditamento di un Nunzio Apostolico (presso lo Stato e
presso la Comunità Cattolica locale) fa si che un rappresentante
pontificio è sempre a casa sua; nel senso che viene accolto
dalla Comunita Cattolica locale anzitutto come un Arcivescovo, che è
l'Inviato personale del Papa. Percio, quando viaggia, il Nunzio è
sempre ospite di Vescovi/Sacerdoti/Religiosi del posto. Per la mia
esperienza, trovo che ciò è molto utile: ci consente di capire
meglio la mentalità del posto e di partecipare naturalmente alla
vita di ogni giorno delle popolazioni locali. A mio avviso, anche
questo è uno dei tanti piccoli segreti della diplomazia vaticana:
nel senso che partiamo - diciamo cosi – avvantaggiati rispetto ai
nostri colleghi di altri Paesi, perchè non siamo mai considerati
"stranieri".
La
diplomazia più antica?
Spesso
si dice che la diplomazia pontificia è tra le più antiche.
Alcuni dicono anzi che è la più antica in assoluto. E'
corretto? Forse si.
Intanto
bisogna considerare che inviati e ambascerie tra Sovrani sono vecchi
come il mondo. Ma ricorderete che come data di nascita della
diplomazia moderna - e cioè di inviati e missioni permanenti
– un po' tutti prendono il 1445, allorchè l'allora Repubblica di
Venezia aprì una missione diplomatica permanente a Firenze. Nel giro
di pochi anni, fecero altrettanto parecchi Stati, e anche gli Stati
Pontifici. Per la nostra diplomazia, l'anno 1500 è una tappa
importante,
perchè
fu allora che si aprirono le prime due Nunziature Apostoliche nel
senso moderno: a Venezia e a Parigi. Dunque, mi sembra corretto dire
che la diplomazia pontificia è tra le più antiche.
Al
limite si potrebbe anche dire che la diplomazia pontificia è la piu
antica in assoluto, perchè gia molto prima del 1445 i Papi avevano
istituzionalizzato una forma di missione permanente. Mi riferisco a
ciò che i Sommi Pontefici usavano fare nel Medio Evo, inviando un
proprio Rappresentante presso la Corte di Costantinopoli (che
aveva preso il posto di Roma come guida
dell'Impero
Romano, a partire dal 536). Questo inviato papale era chiamato
Apocrisario. Un po'
per
volta gli Apocrisari furono inviati anche presso i nuovi Regni che
apparirono in Europa, alla caduta dell'Impero Romano. Particolare
importanza ebbe l'Apocrisario presso la Corte dei Franchi.
Qualche studioso fa notare che la figura dell'Apocrisario non puo
essere equiparata "sic et simpliciter" ad un Nunzio
Apostolico: perchè l'Apocrisario poneva in contatto due Autorità
complementari in seno ad una medesima societa (Chiesa e
Stato), e non due Autorità della medesima natura (cioè due Governi
sovrani). In ogni caso, tutti sono d'accordo nell'affermare che
questa figura – dell'Apocrisario – rappresenta certamente un
primo passo verso la nomina dei moderni Nunzi Apostolici, che
venne a partire dal 1500, come ho menzionato, quando il Papa ormai
non era solo Capo della Chiesa Cattolica, ma anche Sovrano degli
Stati Pontifici. Allo stesso modo, un po' tutti sono d'accordo nel
riconoscere che la nostra Scuola Diplomatica è la piu antica
in assoluto. Essa si chiama Pontificia Accademia Ecclesiastica,
e si trova al centro di Roma (in un palazzo extraterritoriale) alle
spalle del Pantheon. Fu istituita da Papa Clemente XI nel 1701. Pochi
anni fa ha celebrato il terzo centenario di fondazione, con la
partecipazione di Giovanni Paolo II e delle piu alte autorità della
Santa Sede. La Pontificia Accademia Ecclesiastica ha alunni che
vengono dai cinque continenti (circa trenta ogni anno, per almeno due
anni di corso).
Principi
guida della diplomazia pontificia.
Penso
sia utile presentare a grandi linee alcuni principi che
guidano la diplomazia vaticana.
1°
principio. La Santa Sede ha piena consapevolezza del suo ruolo
singolare nella Comunità Internazionale: si tratta - come ho
cercato si esporre nella prima parte - di un'autorità spirituale,
morale, non temporale. Un'autorità che viene al Papa dal fatto di
essere Capo della Chiesa Cattolica. Spesso i Sommi Pontefici hanno
parlato del ruolo della Santa Sede come "esperta in umanità",
"coscienza morale" dell'umanità. Questo è il campo
proprio di competenza della Santa Sede: non questioni di interessi
economici o militari, ne di schieramenti politici. Certamente ci
rendiamo conto che talvolta non e facile partecipare ad assisi di
diplomazia multilaterale o a negoziati bilaterali senza una
cooperazione economica o militare da offrire in contropartita. Ma
crediamo fermamente nella forza delle idee e della ragione. E
in ciò siamo incoraggiati dai risultati a volta sorprendenti
ottenuti dalla nostra diplomazia disarmata: come nel corso della
mediazione tra Argentina e Cile (a partire dal 1979); oppure quando
pensiamo a ciò che può essere stato il ruolo avuto dalla Santa Sede
- di cui si parla tanto spesso – nel declino dei regimi comunisti
del secolo scorso.
Qualche
volta è piu difficile. E allora c'e un "martirio della
pazienza" da esercitare, come diceva il grande Cardinale
Agostino Casaroli, che fu il primo Segretario di Stato di Giovanni
Paolo II, per molti anni. E con pazienza continuiamo a proporre le
nostre idee, e ad attendere tempi migliori.
2°
principio. Al centro e alla base della nostra diplomazia poniamo
la persona umana, senza differenze di razza, di cultura o di
religione; e, di conseguenza, i diritti fondamentali della
persona. Per citarne alcuni - i piu frequenti nei nostri interventi -
il diritto alla vita, all'educazione, alla libertà, alla
partecipazione nella vita politica. Particolare importanza diamo alla
libertà di coscienza e di religione: ogni persona deve essere
libera di esprimersi secondo quanto gli viene ispirato o dettato
dalla propria coscienza; e deve essere libera di scegliere e
praticare la propria religione, non solo a livello privato, ma anche
a livello pubblico e sociale. Perciò, quali che siano i sistemi
politici, giuridici o economici, riteniamo che essi dovrebbero porsi
al servizio della persona umana e mai "sopra" o "contro"
di essa.
3°
principio. A livello di aggregazione di gruppi e di popoli,
riteniamo che non ci sia un modello stereotipato da offrire.
Siamo contrari ad ogni forma di neo-colonialismo politico o
culturale, che cercasse di imporre un sistema che funziona in ben
altre condizioni di economia, politica e storia. In altre parole, non
proponiamo nessun sistema politico o costituzionale come il migliore
in assoluto. Tuttavia, in termini generali, riteniamo che gli ideali
democratici meglio garantiscono la partecipazione dei
cittadini al processo politico, e meglio assicurano la necessaria
corresponsabilità nel destino del proprio Paese.
4°
principio. A livello di relazioni internazionali, sosteniamo gli
sforzi della diplomazia multilaterale e il rispetto del
diritto internazionale. Dal nostro punto di vista, come
avviene per i singoli, anche le relazioni tra gli Stati devono essere
regolate da giustizia, solidarietà, uso della ragione, leggi giuste;
e non dalla violenza, dalla forza, dalle intimidazioni e dalle
pressioni. Questo è il motivo per il quale la Santa Sede ha sempre
sostenuto il ruolo dell'ONU. Ed è per questo motivo che i
Papi hanno sempre fatto visita all'ONU (Benedetto XVI è stato a New
York nell'aprile dello scorso anno). Ovviamente l'ONU lo intendiamo
non come un centro burocratico-amministrativo, ma come un
centro morale, dove tutti i Paesi e tutti i Popoli del mondo
sviluppano la consapevolezza di costituire come una grande famiglia,
la Famiglia delle Nazioni. E ciò richiede rispetto, fiducia,
sostegno reciproco, specialmente per i Paesi piu poveri e piu deboli,
analogamente a ciò che avviene in una famiglia.
5°
principio. Alla luce di tutto ciò, riteniamo che la guerra
non costituisce una soluzione per i conflitti, che purtroppo
emergono sulla scena internazionale con regolare periodicità. La
guerra
andrebbe
sempre evitata e scongiurata, perchè la violenza è ripetitrice di
violenza. Crediamo nella forza e nella possibilità del dialogo e
del negoziato, e proponiamo che bisogna sempre fare tutto il
possibile per giungere ad una piena riconciliazione tra le
parti in conflitto, attraverso opportune vie diplomatiche. Perciò
condanniamo il terrorismo e ogni forma di violenza che venisse
esercitata per far valere i propri diritti. Per casi eccezionali,
quando proprio fosse inevitabile il ricorso alle armi, per adempiere
il dovere di proteggere lo Stato o la Comunità Internazionale
(diritto di difesa), diciamo che questo uso della forza deve
essere ben definito e limitato da specifici criteri umanitari.
E ciò per evitare - tanto per essere chiari - gli abusi e i crimini
che in epoca recente si sono avuti anche in Europa, anche nei
Balcani, e anche in Bosnia ed Erzegovina.
In
termini positivi, crediamo nella necessità di promuovere sempre - a
livello preventivo – le condizioni necessarie per una pace
giusta e per una solidale armonia sociale e internazionale. In
altre parole, una pace che non significa solo assenza di guerra, ma
un insieme di condizioni positive, che garantiscano ai singoli, alle
comunità e agli Stati, di esprimersi e svilupparsi con serenità,
nel rispetto della dignità della persona umana, in armonia con gli
altri, con relazioni ispirate a criteri di giustizia e di
solidarietà.
Sarei
tentato di aggiungere qualche personale esperienza del mio servizio
ecclesiale di Nunzio Apostolico in Pakistan (1999-2005) e in Bosnia
ed Erzegovina (dal 2006). Preferisco rimandare questa parte ad una
futura elaborazione, per non andare oltre lo scopo che mi sono
prefisso per questo articolo (presentazione generale della diplomazia
pontificia). Tuttavia, a conclusione di quanto ho cercato di esporre,
ritengo opportuno far cenno ad un piccolo episodio “personale”.
Qualche giorno fa, un amico mi ha chiesto cosa provo quando ascolto o
leggo espressioni di ammirazione o gratitudine per la diplomazia
vaticana. Ho risposto che ne sono contento, ovviamente; ma che ho
appreso da grandi Maestri. E cioè, che non ne possiamo fare un
vanto, perchè anche nelle attività a livello internazionale
dobbiamo avere sempre l'insegnamento di Gesù, che ci ha chiesto di
ripetere incessantemente: “ Siamo servi inutili: abbiamo fatto
quanto dovevamo fare” (Lc 17,10).
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