L’Arcivescovo
Alessandro D’Errico è stato intervistato da Radio Vaticana per una
dichiarazione sulla nomina da lui ricevuta da Papa Francesco a nuovo
Nunzio Apostolico nella Repubblica di Malta. Per questo compito egli
lascia la sede attuale della Nunziatura di Zagabria, dove ha operato
per 5 anni. Egli ha ricordato gli anni trascorsi al servizio della
Santa Sede ed ha
indicato gli orientamenti della sua nuova missione ecclesiale come
rappresentante del Santo Padre a Malta.
Riportiamo
per intero l’intervista che è leggibile in italiano sul portale di
Radio Vaticana, ove si può anche ascoltare il file audio con la viva
voce del Nunzio Apostolico.
Ieri
Papa Francesco ha nominato nuovo nunzio apostolico a Malta mons.
Alessandro D’Errico. Napoletano, 66 anni, mons. D'Errico lascia la
Croazia, dove guidava la nunziatura dal 2012. Ascoltiamo il presule
al microfono di padre
Siniša Štambuk,
responsabile del Programma croato della nostra emittente:
R.
– Vorrei dire che un po’ mi dispiace, ovviamente, lasciare la
Croazia: sono stato qui cinque anni e prima ho fatto altri sei anni e
mezzo in Bosnia Erzegovina … Quindi, credo di poter dire di essere
al servizio del popolo croato da 11 anni abbondanti; però devo dire
anche che sono molto grato al Santo Padre Francesco per aver pensato
a me per questa nuova missione di grande importanza nel contesto
internazionale attuale, per il ruolo che il Mediterraneo svolge nello
scenario mondiale. Io, ovviamente, sono molto grato a tutti gli amici
che ho incontrato durante questi 11 anni di servizio al popolo croato
e sono molto grato alle autorità, ai vescovi, ai sacerdoti, ai
religiosi e ai tanti bravi laici che ho visto. Parto con un gran
ricordo di quello che ho potuto sperimentare qui, in questi anni. Per
quel che riguarda specificamente la Croazia ho già detto ai
superiori che veramente rendo grazie a Dio per questa esperienza che
ho fatto, perché qui ho trovato una Chiesa solida, di grandi
tradizioni, di fede, di cultura …
D.
– Che cosa le piacerebbe che i croati ricordassero di lei e della
sua missione? Quale visione del Papa lei ha voluto portare qui, in
Croazia?
R.
– Io sono venuto qui avendo ben chiari i tre ruoli di un
rappresentante pontificio che innanzitutto deve favorire buone
relazioni con la Chiesa locale – tra la Chiesa locale e la Santa
Sede; l’arcivescovo Puljić ha parlato del rinnovamento che ho
cercato di realizzare al servizio della Chiesa in Croazia,
specialmente per le nomine dei vescovi che abbiamo realizzato durante
questi anni e, secondo, ho cercato di tenere sempre aperti buoni
ponti, buone strade, buone relazioni con le autorità locali sia a
livello centrale sia a livello di municipi e contee. Terzo, ho
cercato di mantenere e favorire buone relazioni ecumeniche e di
dialogo interreligioso sia con la Chiesa ortodossa sia con l’islam
sia con le altre denominazioni religiose presenti in Croazia. Per
quanto riguarda Papa Francesco, vediamo tutta la trasformazione,
tutto il rinnovamento che egli sta producendo a livello di Chiesa
universale, nel suo desiderio, con la sua testimonianza, di un
ritorno alle origini del Vangelo e della Parola di Gesù. Quello che
mi impressiona di Papa Francesco è la coerenza con cui porta avanti
un programma. Io dico sempre che a volte ho l’impressione che non
abbiamo di Papa Francesco un’idea adeguata perché i media ci danno
quasi l’impressione di un bravo nonno che accarezza, che sorride …
Io penso che Papa Francesco, a parte questo – è anche questo –
abbia chiaro un programma di Chiesa che vuole realizzare, un po’
per volta, che è il programma della “Evangelii gaudium”, e cioè
di una Chiesa che sia fedele all’ultima parola di Gesù: “Andate.
Andate e portate la buona novella a tutti i popoli”. Dunque, una
Chiesa che si pone sempre in movimento, che non si accontenta di ciò
che ha ereditato dal passato; una Chiesa che esce, che va incontro. E
lui dice: “Verso le periferie”: verso le periferie, intende in
senso materiale, in senso morale … Non si tratta soltanto di dire:
facciamo tanto a livello di Caritas e di assistenze varie attraverso
le nostre organizzazioni umanitarie; per Papa Francesco è importante
andare avanti, anche verso le periferie esistenziali, cioè quelli
che sono lontani da noi, quelli che venivano e non vengono più …
Non possiamo andare avanti da soli, dobbiamo porci in ascolto e in
dialogo con tutte le istanze, con tutte le speranze, a volte anche
con tutte le sfide che ci vengono da questo mondo che ci circonda e
che qualche volta può non essere pienamente in sintonia con i nostri
criteri; ma dobbiamo sempre renderci disponibili a questo confronto
che porterà senz’altro buoni frutti a tutti i livelli.
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