I
concetti sono emersi dall'intervista rilasciata il 8 febbraio 2014
dal Segretario di Stato Mons. Pietro Parolin ad Avvenire, giornale
dei Vescovi Italiani; ed attengono la Diplomazia Vaticana e
l'orientamento dello stile operativo della nuova Segreteria di Stato.
Mons.
Parolin ritiene che la collaborazione con Papa Francesco sia una
grande grazia ed una seria responsabilità “in riferimento
soprattutto a quel rinnovamento della Chiesa a cui egli tutti ci
chiama, con insistenza”. Egli dice anche che il suo stile operativo
si identifica profondamente con quello del Papa: “semplicità,
apertura, vicinanza serenità e gioia. Uno stile il più possibile
simile a quello di Gesù Buon Pastore”.
Il
pensiero di Mons. Parolin circa l'azione della Segreteria di Stato,
circa il Dialogo Diplomatico, e circa il Magistero pontificio di Papa
Francesco, si eplicita nelle sue risposte che sintetizziamo di
seguito.
La
Segreteria di Stato.
Essendo l’organo che coadiuva da vicino il Sommo Pontefice
nell’esercizio della sua suprema missione, dovrà assumere con
cordiale e totale disponibilità la conversione pastorale proposta da
Papa Francesco; anzi, diventarne, in un certo senso, un modello per
l’intera Chiesa. E far brillare in modo particolarmente intenso,
nelle persone che la compongono e nelle attività che svolge, quelle
dimensioni, da sempre valide, che il Papa ha indicato il 21 dicembre
scorso come indispensabili per la Curia Romana: professionalità,
servizio e santità di vita.
Il
Dialogo Diplomatico.
Il cattolico è la persona dell’"et-et" e non
dell’"aut-aut", anche se tale sintesi, a livello
personale, può risultare talvolta difficile, perfino lacerante.
Trovo a riguardo illuminatrici le parole della prima lettera di san
Pietro: siate sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi
ragione della speranza che è in voi, ma fatelo con dolcezza,
rispetto e retta coscienza. Circa la diplomazia, la Chiesa, nella sua
storia, l’ha considerata uno strumento a servizio della sua
missione, in relazione alla sua libertà, alla libertà religiosa e
alla pace nel mondo.
La
Diplomazia Vaticana.
In un mondo plurale, che anzi rischia la frammentazione, la
diplomazia vaticana può e deve affiancarsi agli uomini e ai popoli
per aiutarli a rendersi conto che le loro differenze sono una
ricchezza e una risorsa, e per contribuire a far convergere tali
differenze, nella maniera più armoniosa possibile, alla costruzione
di un mondo umano e fraterno, nel quale ci sia posto per tutti,
soprattutto per i più deboli e i più vulnerabili. Questo appello
che il Papa rivolge a coloro che hanno responsabilità politiche e
agli uomini di buona volontà, deve trovare speciale eco in quanti,
nella Chiesa, operiamo in tale ambito.
Il
Magistero del Papa.
Il Papa stesso è il primo "agente" diplomatico della Santa
Sede. Siamo stati testimoni di come abbia assunto vigorosamente tale
ruolo nella crisi in Siria. Per questo è diventato un interlocutore
ricercato e autorevole a livello mondiale. I compiti e gli obiettivi
della diplomazia pontificia sono quelli da lui stesso indicati nel
primo incontro con gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede
nel marzo 2013: costruire ponti, nel senso di promuovere il dialogo e
il negoziato come mezzo di soluzione dei conflitti, diffondere la
fraternità, lottare contro la povertà, edificare la pace. Non
esistono altri "interessi" e "strategie" del Papa
e dei suoi rappresentanti quando agiscono sulla scena internazionale.
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