alla cerimonia di
presentazione del libro
di Večernji list in suo onore
(Mostar, 21 marzo
2012)
Al molto che è stato detto con
tanta benevolenza circa la mia missione in Bosnia ed Erzegovina e in Montenegro,
vorrei aggiungere solo alcune brevi considerazioni, di carattere più personale,
che forse potranno essere utili a chi avrà la pazienza e il tempo di sfogliare
qualche pagina del libro che oggi è presentato.
1. Anzitutto
una questione, che forse qualcuno si è già posto. Perché ho accettato che si
pubblicasse un libro sul mio servizio in BiH (dal 2006) e in Montenegro (dal
2010)? La risposta è molto semplice. Ho accettato perché mi è sembrato
meritevole di considerazione questo progetto, nel quale ho visto soprattutto
l’intenzione di presentare al largo pubblico - e in qualche modo di lasciare ad perpetuam rei memoriam - qualcosa di
scritto circa il modesto contributo che anch’io, per grazia di Dio, mi sono
trovato a dare in questa regione al dialogo tra i popoli e le civiltà, alla
tolleranza, all’armonia sociale, alla Santa Sede, e a queste belle Chiese
particolari.
A dir la verità, rimasi anche un poco
imbarazzato quando, circa un anno fa, fui informato che si pensava ad un libro
circa le mie attività in BiH e in Montenegro. Ma alla fine ritenni doveroso
accettare, perché pensai che il libro non era dedicato solo alle mie attività,
ma sopratutto alla missione che la Nunziatura Apostolica cerca di svolgere in
BiH, a nome della Santa Sede.
2. Come
sapete, l’annuncio del mio trasferimento in BiH avvenne il 21 novembre 2005; e
cioè, nel giorno del decimo anniversario della firma dell’Accordo di Dayton (che
nel 1995 aveva finalmente chiuso la pagina drammatica della guerra).
Ricordo che quando il Cardinale
Angelo Sodano, allora Segretario di Stato di Sua Santità, mi comunicò che il
Santo Padre Benedetto XVI mi chiedeva di essere Nunzio Apostolico in BiH, fui
preso anche da un po’ di apprensione, per ciò che avevo sentito e letto sulla
complessa situazione di queste terre, che tra l’altro aveva portato alla guerra
degli inizi degli anni ’90. Ed anche perché sapevo bene che questo è un Paese
al quale la Santa Sede guarda con particolare attenzione, per il fatto che la
BiH tradizionalmente è un singolare punto d’incontro di popoli, di civiltà e di
religioni.
La Provvidenza di Dio ha disposto
che arrivassi a Sarajevo in un momento di particolare importanza per la vita
della Chiesa. Com’è stato menzionato anche qui, fin dalla prima Visita di
Giovanni Paolo II a Sarajevo (1997), si stava studiando la possibilità di un
Concordato tra la Santa Sede e la Bosnia ed Erzegovina. Così, grazie anche alla
concomitanza di favorevoli circostanze, potei subito condurre a buon termine i
negoziati per la firma e la ratifica dell’Accordo
di Base, nonostante parecchie difficoltà che continuavano a presentarsi,
com’è documentato in questo libro da varie testimonianze.
Poi vennero la Commissione Mista per l’applicazione
dell’Accor-do di Base, l’Accordo per l’Ordinariato Militare, l’Accordo di Base con il Montenegro, l’Intesa fra la nostra Facoltà di Teologia
Cattolica e l’Università Statale di Sarajevo, le Visite in Vaticano delle più
alte Autorità di BiH e del Montenegro. Ad un livello più specificamente ecclesiale,
vorrei menzionare le nomine del Vescovo Ausiliare di Banja Luka e dell'Ordinario
Militare, l'istituzione della Commissione Internazionale sul fenomeno di
Medjugorje, le Visite del Cardinale Tarcisio Bertone e dell'Arcivescovo Dominique
Mamberti.
È stato detto giustamente che
questi eventi ormai sono consegnati alla storia della Chiesa in BiH e in
Montenegro. Tuttavia, consentitemi di aggiungere che, accanto a
questi avvenimenti di rilevanza storica, ce ne sono stati altri meno eclatanti,
più discreti, ma altrettanto importanti. Penso in particolare ai contatti che
abbiamo stabilito con tante autorità civili e religiose. Ritengo che questo
aspetto non sia da trascurare, perché costituisce come il presupposto degli
eventi maggiori ai quali ho accennato.
Ovviamente, non sono mancati momenti di imbarazzo
o, se volete, di difficoltà. Penso sopratutto alle circostanze in cui mi son
trovato a dover presentare posizioni o decisioni della Santa Sede, che erano un
po’ diverse da quelle attese dai miei interlocutori. Specialmente allora mi sono
affidato allo Spirito Santo - al quale ho consacrato il mio ministero
episcopale con il motto “Veni Sancte Spiritus” – ed ho ripetuto a me
stesso e ai miei Collaboratori il vecchio adagio che “ambasciator non porta
pena”. In ogni caso, a scanso di equivoci, vorrei ripetere anche qui che presso
la Santa Sede ho sempre cercato di essere preciso ed accurato, fin allo
scrupolo, nel presentare le istanze di queste personalità e di queste terre,
pur nell’assoluta fedeltà alle istruzioni che mi venivano impartite dal Santo
Padre e dai Superiori.
3. C’era anche
un’altra ragione per accettare la proposta degli amici di Večernji list.
In questi quasi trentatré anni di servizio alla Santa Sede in giro per il
mondo, più volte ho dovuto costatare che non sempre sono chiari il ruolo e la
funzione di un Nunzio Apostolico. Perciò, ho accolto la proposta del libro
anche al fine di contribuire a chiarire un po’ meglio le attività e le competenze
di un Nunzio Apostolico.
Sono lieto di costatare che in diversi
qualificati contributi di questa pubblicazione viene messo in evidenza che la
funzione di un Nunzio Apostolico non può intendersi riduttivamente come quella
di un diplomatico; e neppure solo come quella di un Arcivescovo inviato dal
Papa al servizio della comunione tra le Chiese, del dialogo ecumenico e
interreligioso. I due aspetti – quello diplomatico e quello ecclesiale – vanno
considerati come le due facce di un’unica medaglia.
Personalmente sono convinto che
la funzione diplomatica è al servizio di quella ecclesiale; e cioè, uno
strumento al servizio della Santa Sede, e dei più alti ideali di cui essa si fa
promotrice, nella società e nelle relazioni con altre civiltà. Ora voglio
augurarmi che anche da queste pagine possa risultare più chiaro il ruolo di un
Rappresentante Pontificio.
4. Consentitemi
di aggiungere una piccola confidenza, se vogliamo chiamarla così. Nei mesi
scorsi mi sono domandato più volte se valeva la pena di aggiungere la parte
dedicata a discorsi ed omelie che ho tenuto in varie circostanze: me lo
domandavo un po’ per discrezione, un po’ perché mi chiedevo se i miei
interventi erano degni di tanta considerazione.
Ora, vorrei che fosse chiaro che questi
discorsi e queste omelie non hanno nessuna pretesa di offrire un particolare
contributo di novità, né da un punto di vista teologico, né da quello della
dottrina internazionalistica. Sono semplicemente gli interventi di un
Rappresentante Pontificio, maturati in circostanze a volte liete, a volte delicate.
Si propongono di rispondere alle sfide del momento, e – soprattutto – di partecipare
la sollecitudine del Santo Padre e della Santa Sede per queste Chiese e per
questi popoli. Qualche volta essi intendono anche trasmettere istruzioni
impartitemi dai Superiori. Ma posso assicurare che sono sempre il frutto di
lunga riflessione e intensa partecipazione. Perciò, vi chiederei di leggerli in
questa prospettiva, di servizio alla Chiesa e a questi popoli ai quali sono
stato inviato.
5. Così pure,
sento il dovere di dire qualche cosa circa la sezione del libro dedicata alle
testimonianze. Quando un anno fa il Sig. Pavković, Don Tolj e il Prof. Herceg
mi dissero che si pensava anche di domandare qualche breve riflessione ad
illustri personalità che mi avevano conosciuto in questi anni, risposi che
l’idea mi sembrava semplicemente spropositata, ben conoscendo il peso delle
responsabilità che grava sulle loro spalle. Poi, sono stato informato dei
contributi che hanno dato non solo il Card. Puljić, il Vescovo Komarica - Presidente
della Conferenza Episcopale - ed emeriti studiosi, ma anche ben note
personalità politiche di BiH, del Montenegro e della Croazia.
Ebbene, sono molto onorato dal
fatto che tra queste ci siano quelle di Presidenti, Ministri, Ambasciatori,
Politici e Presidenti di Partiti, Leaders
religiosi. Ad essi va la mia grande gratitudine, per il tempo che hanno voluto
dedicare a questa iniziativa e per i lusinghieri apprezzamenti che hanno
espresso per la mia missione.
6. Last but not least, sono veramente
grato agli amici di Večernji list-edizione BiH e di
Styria per la tenacia con cui hanno voluto che questo libro vedesse la
luce. Ringrazio il Sig. Jozo Pavković e Don Ivan Tolj, per
l’attenzione con cui il giornale, ed essi personalmente, accompagnano il mio
servizio di Rappresentante Pontifico. Viva gratitudine sento di dover esprimere
al Comitato ad hoc costituito al fine
di portare avanti l’iniziativa, per il gran lavoro a cui i suoi membri si sono
sobbarcati per la pubblicazione di questo libro. Un particolare ringraziamento
va al carissimo Prof. Nevenko Herceg, Presidente del Comitato ad hoc, per il grande impegno che si è
assunto di coordinare l’iniziativa; a tutti coloro che hanno dato il loro
contributo per questa raccolta di studi e documenti; ai miei Collaboratori a Sarajevo,
di oggi e di ieri, perché senza la loro preziosa collaborazione sarebbe stato veramente
difficile andare incontro alle richieste dei curatori.
Grazie a tutti voi, cari amici qui
presenti questa sera, perché con la vostra partecipazione rendete questa
cerimonia ancora più significativa. Nella vostra presenza trovo la conferma di
un personale convincimento. E cioè: se durante questi anni la Nunziatura Apostolica
ha potuto vedere qualche frutto del suo lavoro, ciò è stato possibile anche perché
abbiamo trovato accoglienza cordiale da parte di tante persone di buona
volontà, e molta disponibilità a tutti livelli. Una volta di più, mi è caro
ripetere che insieme, sottolineo
insieme, possiamo trovare il coraggio e la determinazione per affrontare le sfide
di oggi e di domani, per il bene dei popoli e dei cittadini di questa regione. Grazie!
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